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Regioni della discordia

di Redazione -


di Mafalda Bocchino

Nessuno può permettersi di perdere le prossime regionali. Da Meloni a Letta, tutti sanno che il potere del Paese passa dal Lazio alla Lombardia. Stiamo parlando, d’altronde, delle Regioni di cui fanno parte la capitale politica e quella economica dello stivale, quelle da cui dipendomo gli equilibri e per cui si definisce lo scacchiere del potere.

Il Lazio

Il palazzone della Cristoforo Colombo non si deve lasciare per nessuna ragione al mondo. Questo è lo slogan che circola pepotentemente tra i corridoi del Nazareno. Detto ciò, le prime rivelazioni non fanno sorridere. Il centrodestra supererebbe il 50 per cento e il centrosinistra diviso non sarebbe nemmeno in partita. I dem ocratici, secondo le ultime rilevazioni, rischierebbero addirittura di arrivare terzi nella contesa. Alessio D’Amato, l’assessore uscente della giunta Zingaretti, sembra non scaldare gli animi a queste latitudini. Sembra piacere solo a Matteo Renzi e Carlo Calenda. Ecco perché Giuseppe Conte alza la voce: “Parliamo con il Partito Democratico solo se rimangia la sua candidatura”. Sembra, quindi, essere sfumata ogni speranza per un accordo giallo-rosso. I grillini andranno in solitaria, appoggiati tra l’altro da alcune civiche e da una o più liste di sinistra. Da sciogliere soltanto il nodo relativo al candidato. Secondo indiscrezioni potrebbe essere l’ex parlamentare ed economista Stefano Fassina. Anche se quest’ultimo, intervistato dal quotidiano “L’Identità”, smentisce tale ipotesi. Si è parlato anche dell’ex sindaco Ignazio Marino, costretto a dimettersi a causa della faida tra correnti. Neanche in questo caso, però, arrivano conferme. Stiamo parlando, comunque, di due nomi autorevoli che darebbero più fastidio agli ex alleati che alla destra. Non è detto, pertanto, che possano tornare nella mischia nei prossimi giorni. Se Atene piange, Sparta non ride. Anche nella coalizione conservatrice ci sarebbe qualche difficoltà a individuare il profilo che possa mettere insieme tutte le anime. L’unica certezza è che il presidente uscirà dalle sezioni di Fratelli d’Italia. Il nome più solido, allo stato, è quello del civico Francesco Rocca, già in corsa per la partita del governo. Da mesi, intanto, si parla di Fabio Rampelli, vice presidente della Camera, che nei fatti si è già buttato nella mischia per il palazzone della Cristoforo Colombo. Non è da escludere neanche una discesa in campo di Chiara Colosimo, fedelissima di Giorgia, così come non bisogna sottovalutare il ruolo dell’onorevole Paolo Trancassini, voluto da ambienti molto vicini al presidente del Consiglio.

La Lombardia

Letizia Moratti è certamente il nome della rottura a Milano. L’ex ministra berlusconiana divide il Partito Democratico. Pur avendo chiuso la segreteria su Pierfrancesco Majorino, questo candidato non entusiasma tutti i fedelissimi del Nazareno. Non basta aver fatto fare un passo indietro a Maran per spegnere i fuochi. Molti volti vicini alla Quartapelle e non solo, Zanda docet, potrebbero scegliere altri lidi. La candidata scelta indicata da Renzi e Calenda piace e non poco sia ad Arcore che fuori. Da capire, poi, cosa farà il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. I grillini non hanno ancora cacciato un coniglio dal cilindro. Analizzando le dinamiche nazionali, però, sembra quasi impossibile la chiusura di un accordo prima delle europee con i democratci. Ecco perché il povero Majorino dovrà accontentarsi di +Europa, Verdi, Sinistra e qualche cespuglio vario. A rendergli il cammino impervio anche il congresso. Diversi coloro che sfrutteranno la tornata locale per vendicarsi. Ragionamento opposto , invece, per la destra che sul primo uomo sembra non avere particolari problemi. Sarà riconfermato l’uscente Lorenzo Fontana. Quest’ultimo, però, non è simpatico come un tempo. Ecco perché bisogna recuperare il malcontento. Altrimenti non basterà un campo progressista diviso e evitare una sconfitta, che politicamente significherebbe la fine della segreteria Salvini e probabilmente il primo vero pericolo per l’esecutivo Meloni.


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