Politica

Renzi si candida, Calenda si sfila. E ora palla a Macron

di Domenico Pecile -


Tutti a caccia di un centro di gravità permanente per uscire dallo smarrimento politico. La frammentazione di quell’area, che ha dichiarato guerra ai populismi di destra e di sinistra dovrebbe – condizionale d’obbligo – portare a un rassemblement con l’obiettivo di superare lo scoglio del proporzionale che alle Europee è fissato al 4%. Scommessa non facile. Ma – numeri alla mano – obbligatoria. Il caleidoscopico mondo centrista è succube di feroci personalismi, di matrimoni (quello tra Renzi e Calenda) prima celebrati e poi frantumatisi miseramente, di unioni (quella tra Cottarelli e + Europa della Bonino) che non riescono a decollare, di nuovi progetti (quello di un accordo elettorale tra Azione, Cottarelli e +Europa) ancora sulla carta.
Eppure, nonostante i due principali attori centristi, Renzi e Calenda, continuino a distanza la loro guerriglia, la soluzione al dilemma dell’unità centrista italiana potrebbe arrivare dalla Francia, nientemeno che dal presidente Macron che nella fattispecie potrebbe avvalersi del ruolo di pontiere affidandosi a Sandro Gozi, già sottosegretario agli affari europei con Renzi e Gentiloni. Dal febbraio è deputato del Gruppo Renew Europe al Parlamento europeo, eletto con la lista Renaissance promossa dal presidente francese. Potrebbe essere proprio lui l’uomo incaricato per ridurre a più miti consigli Calenda e Renzi, invitandoli, o forse è meglio dire obbligandoli, ad accantonare livori e rancori e fare spazio così a un progetto politico ambizioso e percorribile che li veda coinvolti nel Gruppo Renew Europa. Una scommessa difficile, ma che rappresenterebbe la vera e più probabile via d’uscita da un suicidio elettorale annunciato alle Europe nel caso i due “galli” centristi”, incapaci di un accordo e di una tregua ancorché armata, si presentassero ognuno con un proprio gruppo andando a caccia del voto in più tra lo stesso elettorato. L’invito di Macron – stando ai bene informati – ha il sapore di un vero e proprio ultimatum. Dopodiché ognuno sarà libero di tentare l’impresa della scalata a Bruxelles come vuole.
Intanto, in attesa di sviluppi o dell’avvio di una trattativa ufficiale, i due fanno orecchie da mercante e proseguono nella battaglia a distanza. Renzi, fa voti di ottimismo e sfodera la sua, consueta sicumera. E tuona così per annunciare che lui di sicuro sarà in campo: “Arriveremo a Bruxelles, ma lo faremo con una campagna porta a porta. Ci metto la faccia, vedremo chi avrà il coraggio di fare altrettanto”. Poi aggiunge: “La destra sovranista di Meloni e Salvini non funziona: c’è meno sicurezza e ci sono più tasse. E non funziona la sinistra ideologica di Conte e Schlein”. Insomma, il centro “è la vera novità. L’unica speranza per la politica italiana ed europea”. Non una parola su una possibile intesa al centro e tantomeno al suo principale competitor. Il quale assicura di avere le carte in regola per una corsa europea vincente. Prima però, l’immancabile attacco all’ex alleato centrista: “Guardi, Renzi ha appena lanciato con Mastella e Cuffaro “Il Centro”; ha poi spiegato che si candiderà ovunque, ma poi non andrà in Ue e del resto ha conflitti di interesse che in Ue, a differenza che in Italia, non vengono tollerati, a partire dall’essere pagato da un regime totalitario e oscurantista sui diritti civili, come l’Arabia saudita. Calenda strizza, invece, l’occhio a quel Cottarelli – che se ne è andato dal Pd con l’arrivo della Schlein, contestando la svolta a sinistra – e che avrebbe voluto candidare a presidente della Regione Lombardia prima dell’innamoramento per la Moratti. Non solo, ma Calenda assicura anche che ci sarà un’alleanza stabile con +Europa a partire dalle Europee”.
La prima a flirtare con Calenda è stata Emma Bonino, ma il patto non è mai decollato in maniera convincente. Lo stesso Cottarelli, nelle intenzioni del leader di Azione, potrebbe o poteva rappresentare l’ultimo tentativo di un accordo con Renzi, candidandolo come frontman per fare da contraltare allo stesso ex presidente del Consiglio. E nella ridda di ipotesi, di tentativi di accordo, di tatticismi esasperati l’unico dato certo che accomuna gli attori centristi è che divisi alla meta quel 4% rappresenta un Himalaya da scalare con le scarpe da ginnastica. Ed è in questo scenario di caos centrista che potrebbe piombare l’ultimatum di Macron con la negazione del simbolo. Da qui, appunto, il tentativo del presidente di affidarsi a uno dei suoi migliori uomini di fiducia, Sandro Gozi, per il rien ne va plus.


Torna alle notizie in home