Attualità

“Responsabilità politica di Bolsonaro”, Lucarella spiega il perché

di Eleonora Ciaffoloni -

Angelo Lucarella Ph: official site


La rivolta, la protesta l’assalto: quando accaduto la scorsa domenica in Brasile, nella sede del Congresso della capitale, riporta immediatamente all’assalto di Capitol Hill, creando parallelismi tra le due figure del potere e tra il sistema brasiliano e quello statunitense. Trump e Bolsonaro, presidenzialismi e democrazie. Differenze e similitudini che si intrecciano e si incontrano.
A legare il tutto c’è il grande tema odierno della politica democratica, cioè il linguaggio che, secondo l’avvocato e analisata Angelo Lucarella è “lo strumento che può portare le masse a rendersi credulone rispetto ai fini”.
Avvocato, ciò che è successo domenica a Brasilia, è la conseguenza del cattivo esempio di Trump? O c’è dell’altro?
Credo che quanto accaduto sia l’effetto reazionario di un cumulo di parole dette e altre inclinazioni politiche di un’area iper-conservatrice – in questo caso legata a Bolsonaro e a Trump –. Voluto o non voluto è successo. E mischiarlo con fascismi sembra sproporzionato rispetto agli elementi che si hanno a disposizione. Perché in termini di radice non ci sono sintomaticità neofasciste: il fascismo, al pari di altre ideologie movimentiste, ha necessità di andare a sostituire un potere con un altro, affermando di conseguenza una ideologia. Quindi il fascismo – o nazismo, o comunismo – alla radice deve avere una organizzazione pratica, pragmatica e durevole nel tempo. Qui invece, si tratta di una attività nata sporadicamente, fomentata da un circolo vizioso argomentativo, sia in termini politici, che in termini di linguaggio mediatico. È chiaro che una grande responsabilità politica ce l’ha Bolsonaro, tanto quanto Trump, di riflesso. Ma da qui a dire che esiste un movimento fascista che ha voluto creare un golpe ce ne passa. Non è da escludere, solo nella misura in cui possa essere latente.
Guardando entrambe le insurrezioni, si incontrano sistemi presidenziali e democrazie “deboli”. Le rivolte partono da qui?
Il sistema presidenziale brasiliano non è il fulcro del problema. Il problema è il come, all’interno di un sistema democratico, che ormai tende al bipolarismo, si tenda a demonizzare o criminalizzare l’esito di un voto. Questo, per effetto di un ‘riflesso a specchi’ in termini politici, porta l’area conservatrice a irrigidirsi, mentre quella democratica e progressista a rafforzarsi. Il problema del sistema democratico in termini di presidenzialismo non si pone. Si pone invece un altro problema: quanto la risposta del sistema democratico ha retto rispetto a ciò che è successo. E mi sembra che la risposta sia stata abbastanza pronta. Al di là delle piccole interpretazioni su a chi spettasse il potere di decidere cosa rispetto alle forze militari e federali.
Lula difatti, come inevitabile, ordinato l’intervento delle forze dell’ordine. Poteva andare diversamente?
Non credo potesse andare diversamente sul piano del contrasto al fenomeno della devastazione, al netto delle sfumature del sistema brasiliano. D’altronde tutta la comunità internazionale del mondo democratico si è detta d’accordo.
Sfumature del sistema brasiliano o dei presidenzialismi?
Intanto, io premetto che non sono per i presidenzialismi – e neanche per i personalismi: perché questi genereranno sempre fratture e divisioni. Anche in Brasile. Credo che rispetto alle immagini che abbiamo visto, si tratta di una fotocopia conclamata di Capitol Hill: gente che è stata fomentata per raggiungere un obiettivo non politico ma di attività di introduzione nelle sedi istituzionali, per definire quindi un fine di occupazione delle sedi del potere. E bisogna distinguere nettamente: molte volte la politica si serve di richiami valoriali che non può garantire. Ciò che Trump e Bolsonaro stanno portando avanti da tempo è un rafforzamento dell’area filo-repubblicana dell’area conservatrice.
Il grande tema odierno della politica democratica è quello del linguaggio: è lo strumento che può portare le masse a rendersi credulone rispetto ai fini. Si tratta di attività programmate nel tempo da una certa filologia politica che tenta di manipolare alcune masse e renderle credulone di fronte al fine del cambiamento politico. E il risultato è questo.
Tuttavia, possiamo dire che le nostre istituzioni, in Europa, hanno maggiori garanzie. Ma quali ripercussioni potremo avere? Degli esempi da non seguire?
Purtroppo, gli atti di emulazione non sono mai da escludere. Ma le democrazie europee sono avanzate e strutturate per reggere l’eventuale botta di neofascismi – o neonazismi o neocomunismi. D’altronde lo strumento principale che ha adottato l’Unione Europea è stato proprio nel 2019 con la condanna di tutti i totalitarismi nella risoluzione sull’importanza della memoria europea. Questo sul piano politico. Sul piano sociologico gli atti emulativi ci possono sempre essere, ma la forza dei Paesi democratici è quella di avere forze di spionaggio e controspionaggi che funzionano.

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