Esteri

Riapre la via del grano

C'è l'accordo Russia-Kiev

di Giovanni Vasso -


Ucraina, Russia e Onu siglano l’intesa sui porti del Mar Nero

Un’estate di fuoco per l’Italia. In poco più di un mese, si sono registrati poco meno di 33mila interventi dei vigili del fuoco a causa di roghi e incendi. Sono quattromila in più rispetto all’anno scorso. E siamo solo a luglio, la stagione purtroppo è ancora lunga e le premesse sono tutt’altro che rassicuranti.

Arrivano notizie, finalmente, positive dagli scenari di fuoco degli ultimi giorni. Le fiamme sul Carso, nella Venezia Giulia, appaiono circoscritte. E, pertanto, dopo la riapertura al traffico dell’autostrada A4 decisa mercoledì, è stata dato il via libera anche al ripristino della circolazione ferroviaria sul tratto tra Trieste e Venezia. Riaprono anche gli stabilimenti industriali. Insieme alle operazioni dedicate al contenimento e all’estinzione dei focolai (ne sarebbero rimasti attivi almeno altri tre in tutto il territorio regionale del Friuli Venezia Giulia), prosegue anche il lavoro finalizzato alla bonifica dei territori flagellati dagli incendi. Un impegno durissimo che è stato funestato da una tragedia verificatisi l’altra sera quando ha perduto la vita Elena Lo Duca. La donna, volontaria della protezione civile e agente della Polizia di Stato, è morta a causa della caduta di un albero a Prepotto.

Nel frattempo, in Toscana e in particolare nel territorio della Versilia, sembra che la situazione, gradualmente, stia rientrando sotto il controllo dei vigili del fuoco. Si sono alzati in volo anche i droni per esaminare il terreno alla ricerca di focolai residui. Nella giornata di ieri, al lavoro sul fronte lucchese, c’erano ancora 87 caschi rossi. Che hanno concentrato il loro impegno nelle aree di Montigiano, Valpromaro e Chiatri del comune di Massarosa.

Resta molto alta la guardia anche nel Veneto dove tre elicotteri si sono alternati per spegnere le fiamme che si sono registrate a Fumane, in provincia di Verona. Il presidente della Regione, Luca Zaia, ieri mattina ha rassicurato i cittadini: “Dopo l’intervento del canadair di ieri pomeriggio e il prezioso lavoro a terra dei nostri straordinari volontari antincendio boschivo e dei Vigili del Fuoco, la situazione dell’incendio di Fumane è migliorata, ma ancora preoccupa per la presenza di tre focolai ancora attivi”.

Sul fronte degli incendi, la situazione è serissima. Ieri i caschi rossi hanno resi noti i dati relativi agli interventi effettuati dal 15 giugno al 21 luglio scorsi. In poco più di un mese, i pompieri sono dovuti intervenire a spegnere roghi di diverse proporzione ed entità per 32.921 volte su tutto il territorio nazionale. Rispetto allo stesso periodo del 2021, i vigili del fuoco hanno dovuto affrontare ben 4.040 emergenze in più.  La mappa dei roghi vede in testa la Sicilia dove si sono registrati 6.543 interventi. Segue la Puglia, con 5.143 emergenze, quindi c’è il Lazio dove è stato necessario l’aiuto dei pompieri in 4.799 occasioni. Immediatamente fuori dal poco lusinghiero “podio” delle emergenze ci sono la Calabria (3.195 interventi), la Campania (2.730) e la Toscana (1.529).

Il lavoro di soccorso, aiuto e spegnimento delle fiamme ha coinvolto su tutto il territorio italiano, ben 141.566 caschi rossi che hanno utilizzato 53.587 mezzi, per un totale di 39.753 ore d’intervento.

Se i dati sulle emergenze di quest’anno superano quelli del 2021 c’è davvero poco da star tranquilli. Anche perché, l’anno passato è stato davvero esiziale per quanto riguarda gli incendi. Da uno studio dell’Università Cattolica di Roma, infatti, si evince che, con 1.422 episodi registratisi nel 2021, l’Italia è stato il Paese maggiormente flagellato dai roghi in tutta Europa. E quest’anno tutti gli indicatori sembrano promettere un’ulteriore peggioramento della situazione.

Orrore alle porte di Milano: lascia da sola a casa la figlia di appena diciotto mesi per passare qualche giorno di ferie con il fidanzato ignaro di tutto. Così è morta la piccola Diana, abbandonata dalla madre che l’avrebbe lasciata in un lettino da campeggio, con un biberon e un tubetto semivuoto di En, un potente ansiolitico. La donna, Alessia Pifferi di 37 anni, è stata fermata per ordine del pubblico ministero Francesco De Tommasi che coordina l’inchiesta degli agenti della Squadra Mobile di Milano. Dovrà rispondere delle accuse di omicidio volontario pluriaggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.

La tragedia s’è consumata in un’abitazione di via Parea, in zona Mecenate, nella periferia urbana a ridosso di Milano. Stando alle primissime ricostruzioni degli inquirenti, la donna, separata, avrebbe abbandonato la figlia, che sarebbe stato il frutto di un’altra relazione occasionale, per passare del tempo insieme con il suo nuovo compagno. Avrebbe dunque lasciato la bambina, di appena un anno e mezzo, da sola a casa e da Milano avrebbe raggiunto il centro di Leffe, in provincia di Bergamo. Qui si sarebbe intrattenuta per ben sei giorni. All’uomo, a cui aveva raccontato di essere una psicologa infantile, che le chiedeva della piccola avrebbe risposto di averla accompagnata da una sorella, con la quale in realtà non avrebbe conservato grandi rapporti. Non sarebbe stata la prima volta che la 37enne si sarebbe allontanata da casa lasciando sola la bambina. E la donna avrebbe affermato davanti agli investigatori di sapere che così facendo avrebbe potuto esporre la piccola al rischio di morire. E difatti è così accaduto: la bambina è morta di stenti e, secondo le testimonianze dei vicini di casa, senza emettere un gemito, un lamento, un pianto. A nulla sarebbero valsi i tentativi disperati di rianimare la bambina, una volta che la mamma è tornata a casa. Avrebbe chiesto l’aiuto di alcuni vicini però, per la piccola Diana, non c’era già più nulla da fare.

Il rapporto tra madre e figlia, stando a quanto hanno raccontato i cittadini di via Parea a Milano dove la 37enne viveva, sarebbe stato alquanto freddo. Ci giocava poco o nulla, hanno raccontato che la bambina, già debilitata, era sempre in un passeggino.

Alessia Pifferi è stata ascoltata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano nel pomeriggio di ieri. Gli inquirenti dovranno ricostruire l’accaduto, scavare nella mente della donna per fare piena luce attorno al racconto della donna per capire cosa sia effettivamente accaduto e quali siano state le cause che hanno spinto la 37enne a decretare, in maniera così crudele, la morte della figlia di appena un anno e mezzo. Intanto i magistrati hanno disposti il sequestro dell’appartamento dove si sono verificati i fatti e l’autopsia sui resti della piccola. L’obiettivo sarà quello di scoprire le cause che hanno portato al decesso della bambina, la cui morte ha straziato un intero quartiere. Che non si dà pace per quanto (e soprattutto per come) è avvenuto. Una tragedia invisibile, l’ennesima. 

Con l’accordo siglato a Istanbul per lo sblocco dell’esportazioni sul Mar Nero ci sarà il “via libera all’arrivo in Italia di quasi 1,2 miliardi di chili di mais per l’alimentazione animale, grano tenero per la panificazione e olio di girasole dall’Ucraina”. Lo ha riferito la Coldiretti che ha esultato alla notizia della sottoscrizione del patto che riapre le vie del grano dall’Est Europa. Per l’associazione dei produttori: “Lo sblocco delle spedizioni sul Mar Nero è importante per l’Italia in una situazione in cui senza precipitazioni rischiano di dimezzare i raccolti nazionali di foraggio e mais destinati all’alimentazione degli animali di cui l’Italia è fortemente deficitaria, mentre la produzione di grano tenero risulta in calo del 20 per cento”.

I numeri snocciolati da Coldiretti sono fin troppo eloquenti. La prospettiva italiana è quella di una importante boccata d’ossigeno rispetto a una situazione che andava facendosi sempre più complicata a causa della dipendenza dalle importazioni per alcuni beni di capitale importanza. “L’Italia è un Paese deficitario e importa addirittura il 62 per cento del suo fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame”. Inoltre, sempre secondo gli agricoltori italiani, il nuovo patto contribuirà a disinnescare il rischio di carestia che incombe su cinquantatré Paesi “dove la popolazione spende almeno il 60% del reddito per l’alimentazione” e aiuterà quelli più sviluppati “ad affontare la crescente inflazione spinta dal carrello della spesa”.

Per il presidente Ettore Prandini: “L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi dieci anni”. E dunque, il presidente di Coldiretti può ribadire la necessità di raggiungere accordi nuovi che diano più respiro al settore agricolto: “Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”.

“Superando i problemi legati alla questione del grano, con queste firme, daremo una buona notizia al mondo”. Il presidente turco Recep Taypp Erdogan ha aperto così la lunga giornata di Istanbul al termine della quale è stato firmato l’accordo che riapre al mondo le vie del grano del Mar Nero. L’intesa è stata sottoscritta, per l’Ucraina, dal ministro delle infrastrutture Oleksandr Kubrakov e per la Russia dal responsabile del dicastero della Difesa Sergei Shoigu. Al tavolo delle trattative, oltre al padrone di casa Erdogan, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Tre porti ucraini saranno inclusi nell’accordo sull’esportazione di prodotti agricoli attraverso corridoi concordati nel Mar Nero. Lo ha detto Rustem Umerov, membro della delegazione ucraina nei negoziati sull’esportazione di Grano a Istanbul. “Le esportazioni avverranno attraverso tre porti: Odessa, Pivdenny, (Yuzhiy) e Chornomorsk”, ha spiegato Umerov ai media ucraini, come riporta la Cnn. “In futuro, speriamo di poter anche ampliare questa lista. Tutte le raccomandazioni delle forze marittime, delle forze armate devono essere rispettate. Ci sono corridoi sicuri, rotte che abbiamo sviluppato insieme ai militari e tutte le navi civili andranno attraverso queste rotte. Venderemo Grano a tutti. E tutte le navi che seguono queste linee guida possono venire da noi”, ha detto ancora Umerov.

 Il ministro delle Infrastrutture ucraino Oleksandr Kubrakov e’ arrivato a ISTANBUL con una delegazione di Kiev per l’accordo sul Grano tra Russia, Ucraina e Onu con la mediazione della Turchia e lo fa sapere lo stesso Kubrakov pubblicando una foto su Twitter di un colloquio con il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres. “Sbloccare i porti dell’Ucraina e’ un grande contributo alla sicurezza alimentare a livello globale, sono grato all’Onu e Antonio Guterres per avere personalmente sostenuto l’iniziativa sul trasporto sicuro di Grano” ha scritto Kubrakov.

Mykhailo Podolyak, ha sottolineato che “l’Ucraina non firmerà alcun documento con la Russia”. “Firmeremo un accordo con la Turchia e l’Onu, assumendoci obblighi nei loro confronti. La Russia firmerà un accordo speculare con la Turchia e l’Onu”, ha precisato su Twitter. Podolyak ha poi spiegato che non ci sarà “alcuna scorta da parte di navi russe” né ci saranno “rappresentanti russi nei nostri porti” e “in caso di provocazioni, immediata risposta militare”. “Tutte le ispezioni alle navi da trasporto saranno effettuate da gruppi misti in acque turche in caso di necessità”, ha aggiunto.

Prosegue la flessione dei prezzi dei cereali. I futures di Chicago mostrano ottimismo per le maggiori forniture di grano proveniente dalla regione del Mar Nero con l’imminente accordo tra Russia e Ucraina e fanno registrare un calo dei prezzi del 3,57% a 7,77 dollari a bushel. Prezzi del mais in ribasso invece sulle migliorate prospettive meteorologiche degli Stati Uniti. Il contratto di mais piu’ attivo al Chicago Board of Trade (CBOT) scende ora dell’1,09% a 5,67 dollari al bushel. Flette anche la soia a -0,44% a 12,95 dollari al bushel. 

Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e’ arrivato a Istanbul per firmare un accordo che sblocchera’ l’export del grano ucraino attraverso i porti del Mar Nero. Alla cerimonia partecipera’ una delegazione ucraina guidata dal ministro delle Infrastrutture Oleksandre Koubrakov, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e anche il segretario generale Onu Antonio Guterres.

A firmare l’accordo sulle esportazioni di Grano oggi a Istanbul saranno per l’Ucraina il ministro delle Infrastrutture Oleksandr Kubrakov e per la Russia il ministro della Difesa Sergey Shoigu. È quanto emerge dai rispettivi governi. La firma dell’intesa verrà supervisionata dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e dal presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan.

 La Russia ritiene “molto importante” l’accordo con l’Ucraina sul Grano, la cui firma è prevista oggi a Istanbul. Lo ha spiegato Dmitry Peskov, come riporta Tass. Peskov ha suggerito di fare riferimento alle recenti dichiarazioni di Putin a Teheran. “Putin ha affermato che sullo sfondo della crisi alimentare che incombe, è molto importante sbloccare la fornitura di fertilizzanti, cibo e Grano ai mercati mondiali”, ha ricordato il portavoce. Peskov ha sottolineato poi che “una quantità relativamente piccola di Grano ucraino” di per sé non fornirà un aiuto determinante nella situazione attuale. Tuttavia, ha aggiunto Peskov “è molto importante che questo Grano raggiunga i mercati mondiali” e che le restrizioni indirette che si applicano alle merci russe vengano revocate: ciò consentirà al mercato di ricevere volumi aggiuntivi di fertilizzanti, Grano e altri prodotti.

“Superando i problemi legati alla questione del grano, con queste firme, daremo una buona notizia al mondo”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha aperto così la lunga giornata di Istanbul al termine della quale è stato firmato l’accordo che riapre al mondo le vie del grano del Mar Nero. Saranno sbloccate, finalmente, le navi cariche di cereali, prodotti agricoli e fertilizzanti: potranno riprendere le esportazioni dall’Ucraina di generi alimentari e altre merci dalle quali dipende il futuro alimentare dell’area tra Europa, Nordafrica e parte del Medio Oriente. Sbloccate, dunque, trentacinque milioni di tonnellate di grano. Che adesso potranno lasciare i porti ucraini per raggiungere i mercati stranieri.

La firma è arrivata quando in Italia erano da poco passate le 16.30 di ieri. Si è trattato di un passo decisivo e importante che potrebbe gettare le basi per una mediazione a più largo raggio.

L’intesa è stata sottoscritta, per l’Ucraina, dal ministro delle infrastrutture Oleksandr Kubrakov e per la Russia dal responsabile del dicastero della Difesa Sergei Shoigu. Al tavolo delle trattative, oltre al padrone di casa Erdogan in veste di mediatore, c’era anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Secondo quanto concordato tra le parti, le esportazioni dei prodotti agricoli passeranno da tre porti della costa ucraina: quello di Odessa, lo scalo di Pivdenny e Chornomorsk. Le rotte seguiranno corridoi sicuri che, come ha riferito alla Cnn Rustem Umerov, membro della delegazione di Kiev che ieri ha partecipato alla sottoscrizione dell’accordo nel palazzo Dolmabahce, che fu il cuore pulsante della potenza ottomana d’un tempo, sono state sviluppate “insieme ai militari e a tutte le navi civili”. Una circostanza che è stata confermata dallo stesso Guterres che, in conferenza stampa, ha parlato dei tre porti e, dopo aver ringraziato Erdogan, ha commentato così la firma: “L’accordo di oggi è un faro di sollievo in un mondo che ne ha veramente bisogno. Avete messo da parte le differenze, facendo prevalere gli interessi dell’umanità”.

Il ministro ucraino Kubrakov aveva già ringraziato, nella tarda mattina di ieri, il segretario delle Nazioni Unite: “Sbloccare i porti dell’Ucraina è un grande contributo alla sicurezza alimentare a livello globale, sono grato all’Onu e Antonio Guterres per avere personalmente sostenuto l’iniziativa sul trasporto sicuro di grano”.

Anche dalla Russia sono giunte parole che paiono voler auspicare un’ulteriore distensione. Dmitry Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin, citandolo, ha spiegato che “Sullo sfondo della crisi alimentare che incombe, è molto importante sbloccare la fornitura di fertilizzanti, cibo e grano ai mercati mondiali. Di per sé non fornirà un aiuto determinante nella situazione attuale. Tuttaviaè molto importante che questo grano raggiunga i mercati mondiali”.

Tra i primissimi effetti dell’intesa sottoscritta a Istanbul c’è stata l’immediata flessione dei prezzi dei cereali. Il costo del grano tenero è calato del 2,17% tornando così ai livelli pre-bellici. In calo anche il valore del mais che perde lo 0,78 per cento. A cui ha fatto seguito un certo ottimismo che si è riverberato sulle borse, che hanno interpretato la firma dell’accordo come l’inizio di una sorta di disgelo. Che potrebbe interessare anche i prezzi del gas e, più in generale, portare magari a un cessate il fuoco. Una richiesta in tal senso è giunta dal ministro della Difesa turco Hulusi Akar che, secondo l’emittente Trt, al suo omologo russo Shoigu avrebbe “ribadito la necessità urgente di un cessate il fuoco in Ucraina”. Una speranza, forse. Ma dopo la firma di ieri è un po’ più concreta.


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