Ambiente

Rifiuti speciali, perdiamo un miliardo di euro all’anno

Assoambiente denuncia: così facciamo un favore ai Paesi esteri

di Alessio Gallicola -

Yellow radiot active waste barrel


Un favore ai Paesi esteri, che trasformano i nostri rifiuti speciali in materie prime ed energia. E poi un’ennesima tappa dell’immobilismo italiano, perché sono decenni che il Paese non vede una manovra organica per il ciclo dei rifiuti fondata innanzitutto sugli impianti. Tutto questo ci fa perdere un miliardo di euro all’anno: lo denuncia il mondo delle imprese del settore, con Assoambiente e il suo Report “Ambiente, Energia, Lavoro – La centralità dei rifiuti da attività economiche”. 

Nel 2019 la produzione di rifiuti in Italia ha superato quota 193 milioni di tonnellate, di questi ben 163 sono speciali (cioè provenienti da attività industriali) e circa 30 sono urbani. I primi rappresentano quasi l’85% della produzione complessiva di rifiuti, oltre 5 volte gli urbani. Un dato che ne spiega la rilevanza strategica, per il loro adeguato trattamento in Italia. Una miniera inesplorata.

I rifiuti speciali nel 2019 hanno registrato una produzione pari a quasi 111 mln di tonnellate.  Quelli direttamente prodotti dalle attività economiche sono circa 65 milioni di tonnellate. Volumi concentrati principalmente al Nord Italia. In testa è la Lombardia (con 23 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti), seguita da Veneto (12), Puglia (11), Emilia-Romagna (10), Piemonte (7), Toscana (7) e Lazio (7).

Nel 2019 il 65% degli oltre 109 mln di tonnellate di rifiuti speciali gestiti è stato avviato a recupero (materiale ed energia) ed il restante 35% ad operazioni di smaltimento. Mentre oltre 15 milioni sono ancora destinati alla discarica, soprattutto al Centro e al Sud, con 7 milioni destinati agli impianti di incenerimento o recupero energetico.

Sul territorio nazionale ci sono 11.200 impianti di trattamento dei rifiuti speciali, con forte disomogeneità fra le diverse aree del Paese, a prescindere dai dati di produzione. Come in Puglia, con circa 11 mln di tonnellate di rifiuti e 612 impianti. E il Veneto, con quasi 12 mln di tonnellate di rifiuti speciali ma quasi il doppio di impianti, 1.190.

Sembrano molti, ma sono insufficienti. Nel 2019 sono state conferite all’estero oltre 4 mln di tonnellate di rifiuti speciali, verso Germania, Austria, Francia, Svizzera e Slovenia. Finiscono per il 23%, in impianti di incenerimento o recupero energetico.

Un gap che, in tendenza, frena la crescita stimata per i prossimi anni: “Senza una pianificazione strategica di investimenti in nuovi asset dedicati, si amplierà il gap tra i quantitativi da avviare a trattamento e gli impianti sul territorio” commenta Marco Steardo – presidente della Sezione Rifiuti Speciali di Assoambiente.

Si evidenzia un fabbisogno impiantistico superiore a 10 milioni di tonnellate di rifiuti/anno e un fabbisogno cumulato nei cinque anni (2021-2025) pari a circa 34 milioni di tonnellate. E’ qui la perdita annuale: non colmare questo gap significa cedere all’estero valore economico pari a circa 1 miliardo di euro l’anno, al netto delle perdite in termini occupazionali, di produzione di materie prime ed energia.

Di particolare e assai attuale rilievo un ultimo dato: la sola mancata produzione di energia generabile dai rifiuti “termovalorizzati” all’estero è stimabile fra i 330.000 e 400.000 MWh all’anno. Quantità che, per un Paese come l’Italia che importa energia, si traduce in un costo annuo fra i 40 e i 60 milioni di euro.


Torna alle notizie in home