Ambiente

Rifiuti tessili, c’è l’obbligo di raccolta: un paper di UNIRAU per la responsabilità estesa della produzione

di Redazione -



Rifiuti tessili, serve una nuova e più stringente condivisione su una strategia unitaria per affrontare la nuova stagione di questo mercato, ora caratterizzato dall’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta da parte dei Comuni.

Perciò, in vista dell’ormai prossima emanazione della strategia europea sul tessile e del possibile futuro schema di decreto ministeriale che conterrà l’introduzione della responsabilità estesa del produttore (EPR) dei prodotti tessili, UNIRAU (l’Associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani) ha predisposto e inviato al ministero della Transizione Ecologica e ai principali rappresentanti della filiera un position paper sull’implementazione di un sistema EPR per il settore in Italia.

“Viviamo una fase delicata per il mercato. Da pochi mesi è entrato in vigore l’obbligo di raccolta da parte dei Comuni – spiega Andrea Fluttero, presidente di UNIRAU-, e perciò vogliamo mettere a disposizione della politica e degli stakeholder l’esperienza maturata dagli attori della filiera in questi decenni in vista del cambiamento che attende il settore del tessile post consumo alla luce della ‘Strategia europea per il tessile”, che punterà a promuovere la circolarità e la sostenibilità dei prodotti tessili,  sostenendo altresì la selezione dei relativi rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio”.

Si tratta di un documento che affronta diversi aspetti: dal campo di applicazione alla responsabilità dei produttori e ai costi di gestione, dal contributo ambientale ai sistemi di compliance fino alla raccolta e selezione, al ruolo della distribuzione e alla vigilanza e politiche per lo sviluppo del settore.

E pù in generale, UNIRAU ritiene che in un sistema EPR occorra anzitutto stabilire una chiara individuazione delle responsabilità, anche economiche, dei produttori/importatori (compresi i canali on line) e degli altri soggetti che compongono la filiera, come intermediari, commercianti e distributori, senza riversare sulle fasi della raccolta e del trattamento eventuali deficit di gestione.

Questo sistema dovrà agire a supporto di tutta la filiera, in particolare della qualità ambientale delle diverse fasi, della legalità e dell’equilibrio economico delle attività, anche quando i costi di gestione dei rifiuti superano i ricavi della vendita delle materie o dei beni riusabili da essi ottenuti, in relazione alle fluttuazioni delle quotazioni delle commodities e alla disponibilità dei mercati di sbocco per il riuso e per i riciclati. E allora appare inutile o addirittura controproducente che l’EPR vada a sostituirsi al sistema attualmente operante nei segmenti della raccolta (organizzata dai Comuni ed affidata con gara pubblica) e della selezione (gestita dagli operatori autorizzati e finalizzata all’estrazione della parte valorizzabile destinata al riuso) nella misura in cui tali fasi riescano ad autosostenersi grazie al ricorso al mercato.

Nel 2020, secondo gli ultimi dati ISPRA (Rapporto Rifiuti Urbani 2021), in un settore che oggi occupa 6mila addetti, sono state raccolte complessivamente 143,3 kt di frazione tessile, in diminuzione rispetto al 2019 del 9%. 

Attualmente, i rifiuti tessili provenienti dalla raccolta differenziata, dopo le lavorazioni di selezione, sono avviati al  riutilizzo (stimato in circa il 60%) per indumenti, scarpe e accessori di abbigliamento utilizzabili direttamente in cicli di consumo; al riciclo (stimato in circa il 30%) per ottenere pezzame industriale (10%) o materie prime seconde per l’industria tessile, imbottiture, materiali fonoassorbenti (20%); allo smaltimento (stimato in circa il 10%).


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