Economia

Riforma del catasto? Ecco perché è una patrimoniale occulta

Quali garanzie per i correttivi per garantire progressività ed evitare il salasso per le famiglie?

di Alessio Postiglione -


Sulla riforma del catasto, i partiti si ricollocano rispetto al tradizionale asse destra-sinistra. Con la destra che si ricompatta al grido di “non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani” e la sinistra che gongola per nuovi balzelli. La sinistra, però, rivendica la progressività dell’intervento, lamentando come i valori immobiliari siano completamente sballati, favorendo i ricchi con le case in centro, accatastate tempo fa e facendo pagare di più alle case semicentrali. Ma è proprio così? In effetti, il catasto italiano è iniquo perché le rendite non corrispondono al valore di mercato. Rivalutare il catasto, però, non può che comportare un aumento delle tasse. Per evitare il salasso, dunque, si dovrebbero fare più interventi, non ultimo per garantire una riforma a parità di gettito. A riforme invariate, tranne la catastale, anche quei cittadini dalla rendita più alta rispetto ai fortunati del centro, pagherebbero più tasse. Inoltre, l’aumento della rendita, non solo influisce sulla tassa per la casa, ma anche sull’Isee come indicatore che consente di ottenere agevolazioni e sconti. E ci sarebbe il rischio che in tanti con la rendita rivalutata si vedrebbero pure negare altri sconti.
Secondo uno studio della Uil, d’altronde, una prima casa ai fini del calcolo dell’Isee aumenterà mediamente di 75 mila euro con punte di 213 mila euro a Roma, di 142 mila euro a Milano e Venezia, 76 mila euro a Palermo. Certo, il governo potrebbe riparametrare l’Isee: ma lo farebbe? Sempre secondo la Uil, con la riforma, le rendite aumenterebbero del 128,3% con punte del 189% a Trento, 183% a Roma e 164% a Palermo. E cosa succederebbe se lo Stato non implementasse la parità di gettito? Anche perché la nuova tassazione, in realtà, ha un obiettivo specifico. Spostare le imposte dal lavoro e dal capitale su consumi e patrimoni. E’ questa la strategia che ha in mente la Ue per l’Italia, come spiega un dossier del Parlamento di Strasburgo di giugno 2021. Ci sarebbe molto da discutere a riguardo. Perché la Ue deve decidere qual è la migliore politica fiscale per un Paese? Tassare i patrimoni è più progressivo, sostengono Ue e anche Ocse: ma è forse progressivo tassare i consumi? E cosa succede in quei Paesi dove il mattone è un bene rifugio? In merito alla tassazione delle case che all’epoca perfezionò il governo Monti, Luca Ricolfi ha d’altronde calcolato una perdita di valore del patrimonio immobiliare pari a 20 miliardi di euro. Cioè impoverimento degli italiani, meno consumi e pure meno esazione fiscale per lo Stato. Insomma, un suicidio collettivo. Poi, se può essere giusto tassare la casa come patrimonio, quale equità ci sarebbe nel tassare la casa di chi ci vive, magari ereditandola dalla nonna? E, soprattutto, se il tema è, allora, imporre una patrimoniale, perché non dirlo apertamente? Sono dunque giusti i timori di chi ritiene che questa riforma serve per drenare più denaro. I politici sono lesti ad aumentare la pressione fiscale, e meno pronti quando si tratta di restituire denari. Cosa ancora più evidente nel caso di esecutivi tecnici. Riforma del catasto, infatti, significherebbe più tasse subito, perché “ce lo chiede l’Europa”. E tutti quei correttivi – dal ridisegno dell’Isee, alla parità di gettito o, magari, all’abbassamento del cuneo fiscale, per consentire quell’agognato spostamento del carico fiscale dal lavoro ai patrimoni – potrebbero aspettare bellamente. A beneficio della burocrazia. Tanto, pagherebbero gli italiani.


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