Riforma della Giustizia, numeri ballerini alla Camera. La maggioranza fa autostruzionismo
La maggioranza punta ad accelerare ma non troppo sull’approvazione della riforma della Giustizia che è giunta alla terza lettura in totale, la seconda ed ultima alla Camera. L’idea di incardinare nell’Aula di Montecitorio la separazione delle carriere già questa settimana ha infatti rischiato di diventare un boomerang per il governo. Il provvedimento non è più modificabile, il che significa che è prevista un’unica votazione, ma a maggioranza assoluta: servono 201 sì prima che tocchi al Senato mettere la parola fine all’iter parlamentare del provvedimento che poi sarà sottoposto a referendum. E ieri alla Camera la maggioranza, nonostante la costante presenza in aula del ministro Nordio e del suo sottosegretario Sisto, non poteva contare su 201 suoi esponenti presenti.
Numeri a rischio
Il rischio è stato quindi che l’opposizione ritirasse i propri iscritti a parlare in discussione generale per passare direttamente alle dichiarazioni di voto e giungere prima del previsto alla votazione finale che non avrebbe avuto i numeri necessari a fare approvare il provvedimento. Questo avrebbe significato l’affossamento definitivo della riforma della giustizia e, probabilmente, anche guai seri per il futuro del governo. La maggioranza quindi, ha deciso di farsi “autostruzionismo”, come lo ha definito una fonte parlamentare commentando anche la “pessima gestione” che ha accompagnato una misura bandiera del centrodestra, iscrivendo i propri esponenti a parlare per allungare i tempi. Nel frattempo, i telefoni dei deputati dei partiti di governo sono diventati roventi: tutti richiesti subito alla Camera. Il Transatlantico ha iniziato ad affollarsi, mentre in aula continuavano ad alternarsi interventi di esponenti dell’opposizione, dall’ormai consueto tenore catastrofistico sulle conseguenze della riforma, a quelli dei deputati di maggioranza, dai soliti toni trionfalistici. Il tutto mentre rimbombava una domanda: perché questa fretta dal momento che il Senato non potrà mettere mano al provvedimento prima del 22 ottobre, ovvero solo una volta trascorsi tre mesi dall’approvazione da parte dell’aula di Palazzo Madama? Qualcuno ha malignamente ipotizzato che questa accelerazione sia dovuta alla necessità di far uscire la riforma dalla Camera prima che i lavori della Giunta per le autorizzazioni chiamata a esprimersi sul caso Almasri entrino nel vivo. Cosa che potrebbe avvenire già oggi, quando l’organismo chiamato a decidere sulla richiesta di processo per Nordio, Piantedosi e Mantovano si riunirà per la prima volta dopo che gli esponenti del governo coinvolti lunedì scorso hanno depositato le proprie memorie.
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