Riforma giustizia, Bobbio accusa: “Indipendenza non è in pericolo, è propaganda dell’ANM”
Luigi Bobbio attacca l’ANM sulla riforma della giustizia: “La separazione delle carriere non mina l’indipendenza, è una mistificazione politica”.
Separazione delle carriere: Bobbio accusa la magistratura di mistificazione consapevole
Il magistrato e già senatore della Repubblica interviene con una dichiarazione durissima: “Avvocati deboli, giudici creativi, ANM in propaganda”.
Nel pieno del dibattito sulla riforma costituzionale per la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, il magistrato Luigi Bobbio, già senatore della Repubblica, rompe gli indugi e pronuncia parole che hanno il peso di un atto d’accusa, non solo giuridico ma anche etico e culturale.
«Lo strapotere giudiziario è, purtroppo, se non favorito almeno non contrastato dal fatto che a troppi avvocati fa grave difetto una vera, rigorosa, intransigente e profonda cultura della prova e del processo. Al punto che certi problemi non se li pongono nemmeno, cresciuti e assuefatti come sono alla subalternità alle Procure e ai giudici, a livelli tali da accettare e consentire le più intollerabili manifestazioni di interpretazione creativa come si trattasse di mirabile sapere giuridico giudiziario.
Preciso dovere di un magistrato è quello di avere e manifestare assoluto rispetto della verità. In occasione della riforma costituzionale della separazione delle carriere dei magistrati, la magistratura, nei suoi organismi “di categoria” e in molti suoi singoli esponenti, sta pesantemente venendo meno a tale dovere. E, in particolare, lo fa nella misura in cui ripete come un mantra lo stanco ritornello secondo il quale la separazione delle carriere minerebbe autonomia e indipendenza dei magistrati italiani. Si tratta di una affermazione totalmente e consapevolmente infondata, ripetuta a meri scopi politici e di propaganda, in una logica di scontro frontale con il Parlamento e il governo.
Infatti, nessuno spiega in che modo autonomia e indipendenza verrebbero lese o messe in discussione o in pericolo dalla separazione. Nessuna delle norme in via di approvazione parlamentare dice o nemmeno lascia intendere che, a separazione avvenuta, i pm o i giudici o magari tutte e due le carriere sarebbero private della autonomia e della indipendenza di cui oggi godono (e magari abusano) e di cui sono provviste dalla Costituzione nell’esclusivo interesse, è bene rammentarlo, dei cittadini italiani! A separazione avvenuta, infatti, pm e giudici manterranno le garanzie civili di autonomia e indipendenza.
È pertanto molto grave e puramente propagandistico e strumentale che la magistratura italiana abbia assunto una tale posizione mistificatoria. Perché allora avversare, senza peraltro averne titolo, la separazione? La risposta è duplice: spirito di contrapposizione politica con il governo e timore che possa portare alla disarticolazione della corporazione castale dei magistrati italiani. Su questo punto ho già demolito in un dibattito trasmesso dalla RAI il Procuratore generale di Milano e sfido chiunque altro ad un pubblico confronto.» Luigi Bobbio
Avvocatura debole, giudici dominanti
La riflessione di Bobbio parte da una critica culturale: una parte dell’avvocatura italiana non è più in grado di contrastare lo squilibrio del processo. Secondo il magistrato, manca la preparazione tecnica sulla prova e la consapevolezza del proprio ruolo costituzionale.
L’effetto? Un rapporto sbilanciato in cui le Procure assumono un peso dominante, mentre i giudici si permettono “interpretazioni creative” del diritto che passano per dottrina, ma nascondono abusi.
Il magistrato ha un dovere preciso: servire la verità
Bobbio lo dice senza giri di parole: la prima lealtà del magistrato deve essere verso la verità. Non alla categoria, non alle logiche associative, non al potere.
La sua accusa è pesantissima: la magistratura associativa starebbe consapevolmente tradendo questo dovere, usando la riforma della separazione delle carriere come pretesto per uno scontro politico con il Parlamento.
La separazione non mina l’indipendenza
Il punto centrale dell’intervento di Bobbio è tecnico e politico al tempo stesso. La tesi secondo cui la separazione tra PM e giudici minerebbe la loro indipendenza viene bollata come falsa, infondata e strumentale.
Secondo il magistrato, nessuna norma della riforma sottrae ai magistrati le garanzie costituzionali di autonomia. Queste resterebbero intatte, proprio perché previste a tutela dei cittadini, non della categoria.
Il vero motivo dell’opposizione: conservare il potere
Se la riforma non toglie garanzie ai magistrati, perché allora l’ANM e molti esponenti togati la ostacolano?
La risposta, secondo Bobbio, è duplice:
- Contrapposizione politica verso l’attuale Governo
- Timore che la riforma spezzi l’unità castale della magistratura
Un’accusa durissima: la magistratura si comporterebbe come una corporazione chiusa, pronta a difendere sé stessa anche a costo di deformare la verità pubblica.
La sfida pubblica
Bobbio chiude con un affondo polemico ma diretto: rivendica di aver già smontato queste tesi in un dibattito pubblico su RAI e sfida chiunque altro a un confronto aperto. Una chiamata alla trasparenza, che oggi manca.
Una riforma necessaria, una resistenza senza fondamento
La separazione delle carriere, come sostiene con forza Luigi Bobbio, non è un pericolo per la giustizia: è un atto di verità costituzionale. Chi la ostacola, lo fa per logiche di potere, non per difesa dei diritti.
E la polemica si chiude con parole che non lasciano spazio a equivoci:
“L’ANM deve essere alla frutta per ridursi a un simile mezzuccio. Ma nessuno si meravigli, questa è la loro reale dimensione umana e politica: livello terza liceo. Solo gli stupidi non cambiano mai idea.”
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