Riforma Giustizia: l’ok del Colle spiana la strada. I nodi? A destra
Mentre sono ancora sul tavolo i vari casi Delmastro, Santanché e La Russa Junior, insieme all’ipotesi che il ministro Nordio aveva paventato un intervento sul concorso esterno in associazione mafiosa, dopo giorni di confronti e di discussioni è arrivato nella serata di mercoledì il via libera per il percorso in Parlamento della Riforma della Giustizia.
Il sì è arrivato dal Quirinale dopo dieci giorni di attenta riflessione, con il presidente della Repubblica che ha firmato il decreto varato dal Consiglio dei ministri, confermando il testo proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Il discusso e non scevro da dubbi Ddl, recante “Modifiche al Codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, ha avuto così il benestare del Capo dello Stato che nella giornata di mercoledì ha avuto un colloquio con la premier Giorgia Meloni, incentrato proprio sui temi della Giustizia, e in particolar modo sullo scontro con scambio di accuse tra Palazzo Chigi e l’Anm.
Riforma della Giustizia: una strada in salita
Un via libera che è arrivato sì, senza revisioni, ma i dubbi sul disegno di legge approvato lo scorso 15 giugno rimangono. Le maggiori perplessità riguardano in particolare un paio di articoli scritti e voluti dal Guardasigilli: quello che prevede la cancellazione dell’abuso d’ufficio e quello che riduce drasticamente la portata del traffico d’influenze.
Ipotesi di abrogazione che sono state definite a larghi tratti non coerenti con la linea anticorruzione voluta dall’Unione Europea e con la direttiva Ue – bocciata dalla maggioranza e con l’appoggio del Terzo Polo in commissione parlamentare sulle Politiche della Ue – che ribadisce che “l’abuso d’ufficio non può essere abolito”.
Tra le altre misure contenute nella proposta vi sono anche altri “miglioramenti” – così definiti dalla maggioranza – come la stretta sulla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni e la nuova disciplina dei casi di appello del pubblico ministero. Modifiche che il centrodestra e l’esecutivo continuano a difendere, anche se la lotta sarà dura, non solo vista la posizione contraria della Magistratura, ma anche in Parlamento.
L’iter alle camere si annuncia, difatti, in salita, visto che le opposizioni si dicono pronte a mettere i puntini sulle “i” su una materia decisamente divisiva. Tuttavia, fanno sapere dalla maggioranza, “Il Parlamento è sovrano, arriveranno degli emendamenti dei relatori e si deciderà”.
Le polemiche (non solo) dalle opposizioni
Tra le altre, sembra, intanto, essere arrivata al capolinea la polemica sulle considerazioni del ministro Nordio sul concorso esterno in associazione mafiosa, che dopo le parole di Meloni a Palermo ha anche smentito per sua voce durante il Question Time alla Camera: “Nel programma di riforme non vi è traccia di modifiche su questa disciplina. Tuttavia, se questo allarme sembra essere rientrato, non lo sono quelli che arrivano dalle opposizioni.
In primis, sulla bocciatura della direttiva Ue, che i cinquestelle definiscono “clamorosa” e su cui arriva l’accusa di Piero De Luca: “Incredibile il voto contrario della destra, lancia un segnale devastante di lassismo e indebolimento degli strumenti di contrasto alla criminalità in Italia e in Europama anche sul Ddl per come è stato concepito”.
In secondo luogo, c’è l’allarme lanciato dalle opposizioni sul Ddl per come è stato concepito. A lanciarlo è la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che ha attaccato: “La montagna ha partorito un topolino, mi pare difficile che quel ddl possa risolvere le criticità del funzionamento della giustizia. La maggioranza fatica a trovare la quadra, lo abbiamo visto con le smentite reciproche sul concorso esterno in associazione mafiosa: ci batteremo” per la riforma della giustizia, fa sapere.
Le premesse a questo faticoso percorso sono quelle di una querelle che potrebbe perpetuarsi per non poco tempo, soprattutto considerato che l’iter prenderà il via con una serie di audizioni – tra cui quella dell’Anm – che potrebbero già dare un quadro della possibile (ma quasi scontata) tensione sia tra la maggioranza e le toghe e sia tra governo e opposizione. Solo con l’avvio capiremo quanto la corda potrà essere tirata.
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