Ristori Venezia. Battaglia legale. Decide il giudice
Quattro anni dopo l’entrata in vigore del Decreto Venezia, la questione dei ristori per il blocco delle grandi navi alla Marittima resta un terreno di scontro, giuridico ed economico. Il Tar di Venezia ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da diversi operatori, rimettendo la partita alla valutazione del giudice ordinario tra chi contesta il quantum dei compensi e chi rivendica un diritto ad averne di maggiori. Al centro delle contestazioni, Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), che denuncia un “grave pregiudizio economico quantificato in 55,8 milioni di euro nel periodo 2021-2026 e 71,9 milioni tra il 2027 e il 2050”. La società lamenta che i ristori ricevuti per il biennio 2021-2022, per 17,4 milioni, sono inferiori di oltre 7 milioni rispetto al danno subito. Accanto a Vtp altre realtà portuali: dai Portabagagli di Venezia a Sdc Containers, da Bassani ai Rimorchiatori Panfido, fino a Alilaguna, Guardie ai Fuochi e Conepo. Il Tar, però, ha chiarito che il diritto al ristoro è dato per acquisito: la controversia riguarda solo misura e ripartizione, materia che spetta alla giurisdizione ordinaria. La vicenda si intreccia con il percorso per la ridefinizione della crocieristica lagunare. Dal 1° agosto 2021 i “colossi bianchi” privano Venezia di un traffico che aveva fatto discutere, ma garantiva anche occupazione e ricadute economiche. Il Commissario straordinario Fulvio Lino Di Blasio, oggi presidente dell’Autorità di sistema portuale, ha messo in fila quattro progetti principali, sottoposti alla Commissione nazionale Via/Vas. Tra questi, il più avanzato è il dragaggio del canale Vittorio Emanuele III, che collegherebbe di nuovo Marghera alla Marittima consentendo il ritorno di navi medio-piccole, fino a 230 metri e 50 mila tonnellate nel primo stralcio dei lavori.
Il cronoprogramma
Il cronoprogramma prevede nove mesi di cantiere e una riapertura della Marittima entro la stagione crocieristica 2027, ma restano nodi finanziari e ambientali. Solo una parte del materiale dragato potrà essere riutilizzato per barene artificiali, mentre oltre 700 mila metri cubi dovranno essere smaltiti nella nuova Isola delle Tresse, progetto che a sua volta attende l’autorizzazione ambientale. Intanto si guarda anche a nuove soluzioni, dal terminal sul Canale Nord al potenziamento dell’escavo del Malamocco. Già nel 2012, dopo il naufragio della Concordia al Giglio, il decreto Clini-Passera aveva previsto limiti al transito delle grandi navi, rinviando però il divieto all’individuazione di vie alternative. Negli anni successivi si sono moltiplicate le ipotesi progettuali: la “Contorta” promossa dall’Autorità portuale, la “Marghera” sostenuta dal Comune, fino alla “Bocca di Lido” di Cesare De Piccoli, che prevedeva un terminal oltre le paratoie del Mose e fu positivamente valutata dalla Commissione tecnica Via. L’iter si arenò tra pareri, delibere e richieste di approfondimenti, lasciando in sospeso un tema cruciale per Venezia. Fino al decreto dell’aprile 2021 e alla legge 125 del settembre dello stesso anno, che hanno imposto lo stop definitivo al transito nel cuore della città, nominando il Commissario per realizzare approdi alternativi a Marghera. Da allora, la città e il suo porto vivono in una sospensione. Il risultato è una partita ancora tutta da scrivere.
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