Il capo ultrà Lucci al centro di un maxi-traffico di droga: usava un corriere Amazon per le consegne
Una nuova ordinanza di custodia cautelare, un nuovo ritorno in carcere per il capo ultrà milanista Luca Lucci, l’accusa è pesantissima: traffico di droga arrivata a Milano in quantità enormi, fino a due tonnellate.
Luca Lucci era già finito in carcere alla fine dello scorso mese di settembre, coinvolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Milano sulle curve di San Siro. Ora, la nuova accusa che una serie ripetuta di presunti episodi di spaccio di droga per “ingenti quantitativi” – di hashish in particolare -, rivenduti a Milano attraverso un canale “estero”, ossia dopo importazioni di carichi della sostanza stupefacente dalla penisola iberica. E’ quanto ora emerge in relazione alle indagini svolte dai militari della Guardia di Finanza di Pavia che ha operato sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo.
Al capo ultrà milanista non viene però contestata nell’ordinanza l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. Accusa che, invece, è stata destinata ad una decina di persone tra i 20 arrestati. Altre due persone, indagate e destinatarie della misura scattata oggi, invece, sono risultate irreperibili.
Dalle risultanze delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle è emerso che Luca Lucci, che la Direzione distrettuale antimafia ritiene abbia avuito ripetuti con contatti con esponenti della cosca dei Barbaro affiliata alla ‘ndrangheta, avrebbe operato soprattutto nelle zone del quartiere della Comasina, mentre le aree del quartiere Barona, un’altra zona assai popolare di Milano, si sarebbe mosso Nazzareno Calajò, detto “Nazza”, anche lui oggi destinatario di una nuova ordinanza in carcere per essere stato protagonista attivo di numerosi episodi di spaccio e che di recente era già stato condannato a 17 anni e 9 mesi di reclusione all’esito di un altro processo svoltosi a Milano anche a suo carico per traffico di droga.
L’inchiesta della Dda di Milano – che ha portato a smantellare un gruppo specializzato nello spaccio di droga e hashish e ad arrestare venti persone – ha permesso di “apprezzare al meglio lo spessore criminale” di Luca Lucci, capo ultrà della Curva Sud del Milan e già in carcere per l’indagine ‘Doppia curva’, “e il suo particolare modus operandi per la distribuzione dello stupefacente”.
Nel dettaglio, è emerso che Lucci si serviva, per le proprie consegne, “dell’opera di un soggetto non meglio identificato, indicato come ‘Amazon’, evidentemente dipendente della nota società di acquisti online, ed usuario di un furgone della società di spedizioni Gls”. Il traffico di droga anche grazie a corrieri in qualche modo “ufficiali”.
Nel provvedimento del gip di Milano Luigi Iannelli si evidenza come lo sconosciuto, in occasione dei suoi giri per la consegna dei pacchi, “trovava il tempo di concretizzare anche le consegne di stupefacente per conto di Lucci, a fronte di un compenso pari a 500 euro (‘devo dare al ragazzo di Amazon sempre 500 che me li metto in tasca… Lui sempre quello vuole fra’)”. Il riferimento è a una consegna di hashish perfezionata nel corso del pomeriggio del 15 dicembre 2020.
Non solo il traffico di droga, ma anche armi. C’è un capitolo dedicato alla compravendita di armi nell’inchiesta della Dda di Milano che ha portato a venti arresti per spaccio di droga, tra cui del capo ultrà della Curva Sud Luca Lucci già in carcere per l’indagine ‘Doppia curva’. In particolare, nell’aprile 2020, Antonio Gullì aveva avuto uno scambio di messaggi con un soggetto non identificato, in cui i due sono impegnati “in una compravendita di armi da fuoco”. Nella circostanza, l’arrestato riferiva di avere nella propria disponibilità “una pistola 9 parabellum, tipicamente in uso alle forze dell’ordine italiane, tant’è che lo stesso Gullì sosteneva che l’arma era provento di un furto a danno di uno ‘sbirro'”.
Anche Antonio Rosario Trimboli, destinatario della misura cautelare firmata dal gip di Milano Luigi Iannelli, aveva la disponibilità di armi da fuoco. Nel corso della chat del 6 giugno 2020, ci sono solo i messaggi inviati dall’arrestato pronto “a cedere nelle mani dello sconosciuto due pistole, una 357 magnum – che era nella disponibilità di un fiduciario del calabrese e tenuta a Buccinasco (Milano) – e una Beretta 98 automatica 7.57 Parabellum, che era nella disponibilità di Rosario Calabria detto ‘Orsetto'”. Un passaggio di mani che sarebbe avvenuto in due distinti momenti. Sempre le indagini, si legge nel provvedimento, hanno consentito di accertare che anche l’indagato Santo Flaviano aveva armi nella propria disponibilità: una pistola semiautomatica marca Tanfoglio calibro 9. Nella chat del 22 ottobre 2020, l’arrestato “aveva proposto a Gullì l’acquisto dell’arma a fronte del pagamento di 2.000 euro; a supporto, aveva inviato anche una foto che ritraeva l’arma con il caricatore di scorta”.
Altre chat significative del possesso di armi da parte degli indagati si registrano nel febbraio 2021. Il 16 febbraio, Antonio Gullì, dalla sua base di Reggio Calabria, aveva annunciato a Rosario Calabria l’arrivo a Milano di Santo Flaviano, il quale, dovendo consegnare una somma di 400mila euro si sarebbe incaricato di portare in Calabria, al suo rientro, “due pistole (verosimilmente calibro 7,65 con matricola abrasa: ‘sono usa e getta’), custodite dal gruppo di Milano presso l’immobile di Islam Hagag (l’amico di Fedez di recente alla ribalta delle cronache perché coinvolto nell’indagine ‘Doppia curva’, ndr) a Cologno Monzese e che sarebbero servite a Gullì per ‘fare danni'”. Il trasporto si è perfezionato, scrive il giudice, la sera del 18 febbraio 2021.
Un’associativa trasversale (i cui componenti assumono quindi quasi tutti la posizione di organizzatori) composta di elementi di spicco del narcotraffico lombardo e non solo per forniture all’ingrosso e per fare grande il traffico di droga. L’attività, si legge nella nota della Guardia di finanza, “ha rivelato come il terminale delle varie organizzazioni è in colui che ha sostituito i Flachi della Comasina godendo della consolidata vicinanza con i Barbaro di Platì, attivi nella zona di Cologno Monzese, e i gruppi criminali albanesi e sudamericani che, da basi strategiche in Sudamerica controllano le spedizioni della cocaina verso le più importanti piazze intercontinentali”. Le indagini hanno permesso la ricostruzione di episodi relativi all’importazione e alla distribuzione di 1000 chili di cocaina, 1000 chili di hashish e 173 chili di eroina. Sono stati sottoposti a sequestro circa 250 chili di droga e la somma di 800 mila euro, intercettati prima del trasferimento all’estero.
In particolare, dagli approfondimenti è emerso come l’organizzazione – legata in affari ai vertici del gruppo criminale imperante nel quartiere Barona – abbia importato “ingentissimi quantitativi” di cocaina, attraverso il rapporto privilegiato di un organizzatore del gruppo associativo con i nuclei di criminalità organizzata stanziali in Calabria, e allo stesso tempo ha anche distribuito grossi quantitativi di hashish provenienti dal Marocco e dalla Spagna. Ingentissima la massa di denaro generata, pari a circa 11 milioni di euro, poi fatta confluire su canali bancari sommersi, secondo il sistema del fei eh ‘ien – circuito finanziario finalizzato al trasferimento di soldi con completa garanzia di anonimato”.
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