Attualità

RIVOLTA DELLE MAMME BASTA PFAS IN FALDA

di Ivano Tolettini -


Le mamme venete e i comitati dei movimenti No Pfas tornano a farsi sentire. Alzano la voce con forza perché il veleno continua a sgorgare in una vasta porzione di sottosuolo proveniente dalla bomba ambientale Miteni ed a finire nella falda freatica. A Trissino, nel Vicentino, dieci anni fa venne scoperto il più grande inquinamento da Pfas in Europa e uno dei principali al mondo. Il rilascio del plume ha ammorbato anche le viscere della terra di parte delle province di Verona e Padova, coinvolgendo almeno 350 mila persone, ma a consuntivo potrebbero essere 800 mila, mettendo a repentaglio anche la fertilità dei più giovani, come hanno messo in luce più studi clinici- Intanto, non è ancora conclusa la messa in sicurezza del sito chimico di proprietà di WeylChem (Icig). Così pozzi, campi, fiumi ed alimenti continuano ad essere a rischio. Un calvario per mezzo Veneto. E le associazioni ambientaliste, con in testa il movimento delle Mamme No Pfas, alzano di nuovo il livello d’allarme per informare l’opinione pubblica che non si sta facendo abbastanza. “Siamo molto preoccupate e per questo abbiamo organizzato una manifestazione pubblica il 25 febbraio – spiega Michela Piccoli di Lonigo, una delle mamme in prima fila – per sensibilizzare le istituzioni pubbliche perché vogliamo la bonifica subito. Gli enti pubblici, a cominciare dalla Regione, devono far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza, che precede la bonifica. Tutto procede a rilento”. La società Miteni è stata dichiarata fallita nel novembre 2018. Produceva specie chimiche, i cosiddetti intermedi, contenenti fluoro principalmente per l’industria agrochimica e farmaceutica. Con la contaminazione della falda con tensioattivi perfluorurati, appunto i Pfas, Pfoa, GenX e C6O4, nel corso degli anni è stato provocato un disastro ambientale per il quale 15 imputati sono a processo davanti alla Corte d’Assise di Vicenza per risponderne. Sono stati spesi decine e decine di milioni di euro per rifare gli acquedotti.
REGIONE
Le amministrazioni comunali, a partire da Trissino e Lonigo con i rispettivi sindaci Davide Faccio e Pierluigi Giacomello, sollecitati dai cittadini spaventati, sono in prima fila proprio perché è a repentaglio la salute collettiva. “Qui c’è di mezzo la vita dei nostri figli”, hanno ripetuto gli stessi primi cittadini anche nell’incontro pubblico del 30 settembre scorso, durante il quale erano intervenuti anche i tecnici Arpav. “Purtroppo dobbiamo constatare che al momento si susseguono ritardi su ritardi nella macchina che deve salvaguardare l’ambiente a vari livelli – prosegue Piccoli -, le istituzioni devono collaborare tra di loro e fare muro contro la Miteni.
Chiediamo alla Regione e al governatore Luca Zaia, che sono impegnati con l’Arpav, di essere più solleciti perché stiamo rischiando molto”.
I COSTI
Le spese per la bonifica sono stimate tra i 12 e i 14 milioni di euro.
A sostenerle dovrebbero essere le società private i cui manager sono a processo. Si tratta di Icig, Mitsubishi ed Eni, ma se non dovessero farcela sarebbero i Comuni a entrare in azione. E questa sarebbe un’ulteriore bomba, perché se da un lato soltanto la bonifica completa del sito con la captazione di tutto il plume potrebbe garantire acqua pulita, dall’altro le amministrazioni sono preoccupate. Anche per questo il Comune di Trissino il 25 febbraio aprirà le porte ai manifestanti.
Il sindaco Faccio ricordava di recente che contro il municipio sono stati avviati 137 ricorsi e finora sono stati spesi 200 mila euro solo di spese legali. L’Eni in questo periodo sta installando il palancolato per delimitare un sito che è 450 metri di lunghezza per 150 metri di larghezza, dunque quasi 7 ettari, dal quale sono stati rimossi gli impianti che sono stati trasferiti in India. “Abbiamo l’impressione che tutto vada avanti con lentezza mentre l’inquinamento della falda prosegue – afferma Piccoli – È necessario arrivare quanto prima al progetto della bonifica”. Altra questione aperta è che la tecnologia per gli interventi di bonifica sui Pfas non c’è e bisogna eseguire continue prove sperimentali. Anche per questo le Mamme No Pfas chiedono alla Regione di essere più incalzante. “È la salute di troppi veneti – concludono – a soffrirne”.

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