Attualità

Roma al servizio degli ultimi nel segno di Sant’Agostino

di Andrea Canali -


Cordiale e proficuo. Così si potrebbe sintetizzare l’incontro avvenuto in Campidoglio lo scorso 10 giugno tra il Santo Padre Francesco ed il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Tale incontro, prodromico a quello che sarà l’evento più importante per la città capitolina del prossimo anno – vale a dire il Giubileo -, rafforza ulteriormente gli ottimi rapporti tra le due rispettive cariche istituzionali.
Storicamente, la prima visita di un Papa in Campidoglio, dopo la questione romana o meglio dopo la breccia di Porta Pia, fu di Papa Paolo VI ed era il lontano 16 aprile del 1966. Successivamente, fu la volta di San Giovanni Paolo II, il quale andò in Campidoglio nel 1998 in preparazione del Grande Giubileo del 2000. Inoltre gli fu conferita successivamente – da parte della città di Roma nel 2002 -, la cittadinanza onoraria. Nel 2009 vi fu la visita, invece, da parte di Benedetto XVI. Ma veniamo ora all’attuale Vicario di Cristo. Il Santo Padre Francesco si recò la prima volta in Campidoglio nel 2019, per poi ritornare in seguito una seconda volta prima di arrivare all’ultima visita di lunedì scorso. La massima autorità capitolina, nell’accogliere Bergoglio, auspica un’Urbe più solidale e migliore, annunciando a tal fine due iniziative per le categorie fragili, “segni tangibili di Speranza in vista del Giubileo”. La presidente del Consiglio comunale, Svetlana Celli, dal canto suo afferma che la presenza del Papa è stimolo per rafforzare il nostro impegno e realizzare con piccole e grandi azioni quella che nell’enciclica Fratelli tutti è stata definita “la migliore politica”. Il Pontefice argentino, invece, dice: «Continui Roma a manifestare il suo vero volto, un volto accogliente, ospitale, generoso, nobile». Anche perché «l’immenso tesoro di cultura e di storia adagiato sui suoi colli è l’onore e l’onere della sua cittadinanza e dei suoi governanti, e attende di essere adeguatamente valorizzato e rispettato» Proprio così Francesco si è rivolto al sindaco Roberto Gualtieri, proseguendo il suo discorso, con la storia della città. «Alla Roma dei Cesari è succeduta la Roma dei Papi, successori dell’Apostolo Pietro, che “presiedono nella carità” a tutta la Chiesa e che, in alcuni secoli, dovettero anche svolgere un ruolo di supplenza dei poteri civili nel progressivo disfacimento del mondo antico. E alcune volte con comportamenti non felici».
Ma il Pontefice ha concentrato il suo sguardo sull’ormai prossimo Giubileo, «evento di carattere religioso», che però non potrà non avere «una ricaduta positiva sul volto stesso della città, migliorandone il decoro e rendendo più efficienti i servizi pubblici, non solamente nel centro ma favorendo l’avvicinamento tra centro e periferie. È impensabile – ha quindi evidenziato il Santo Padre – che tutto questo possa svolgersi ordinatamente e nella sicurezza senza l’attiva e generosa collaborazione delle Autorità del Comune capitolino e quelle nazionali». Di qui il suo grazie alle Autorità comunali «per l’impegno profuso nel preparare Roma ad accogliere i pellegrini del prossimo Giubileo, e al Governo italiano per la sua piena disponibilità a collaborare con le Autorità ecclesiastiche per la buona riuscita del Giubileo, confermando la volontà di amichevole collaborazione che caratterizza i reciproci rapporti tra Italia e Santa Sede». E ancora lo spirito universale di Roma deve essere dunque «al servizio della carità, al servizio dell’accoglienza e dell’ospitalità. Pellegrini, turisti, migranti, i più poveri, le persone sole, quelle malate, i carcerati, gli esclusi siano i più veritieri testimoni di questo spirito». Aggiungendo: «L’autorità è pienamente tale quando si pone al servizio di tutti, quando usa il suo legittimo potere per venire incontro alle esigenze della cittadinanza e, in modo particolare, dei più deboli, degli ultimi». Finanche Sant’Agostino affermava a tal proposito: “Con l’amore del prossimo il povero è ricco, senza l’amore del prossimo il ricco è povero”. Per un nuovo Giubileo di “pellegrini di speranza”.


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