Attualità

Romania salva, ma a quale prezzo di intelligence?

di Andrea Vento -


Negli ultimi mesi, la Romania è stata al centro di una complessa crisi politica ed elettorale che ha messo in luce il ruolo cruciale dei servizi di intelligence nel contrastare interferenze esterne e campagne di disinformazione, con impatti significativi sulla stabilità democratica e sulla sicurezza nazionale del Paese.
Già nel novembre 2024, le elezioni presidenziali in Romania erano state annullate dalla Corte Costituzionale a seguito di un rapporto desecretato del Serviciul Român de Informații (SRI, interno) e del Serviciul de Informații Externe (SIE, estero). Il rapporto ha evidenziato una vasta e sofisticata campagna di disinformazione e manipolazione elettorale, con l’uso massiccio di social media come TikTok, Telegram e YouTube, e l’impiego di decine di migliaia di account coordinati per amplificare contenuti emotivi e cospiratori a favore del candidato filorusso Călin Georgescu, poi escluso dalla competizione elettorale.
SRI e SIE hanno rilevato che questa operazione ibrida, con caratteristiche di guerra informatica e insurrezione digitale, era finalizzata a minare la fiducia nelle istituzioni democratiche e a screditare l’intero processo elettorale. Sono stati denunciati circa 85.000 cyber-attacchi e un uso illecito degli algoritmi delle piattaforme social per accelerare la crescita della popolarità di Georgescu. L’azione è stata attribuita a un attore statale straniero, con evidenti collegamenti a reti russe e iraniane.
Il governo rumeno, attraverso i ministeri degli Esteri, della Difesa e degli Interni, ha formalmente accusato la Russia di interferenze nel ballottaggio presidenziale di maggio 2025. In particolare, è stato denunciato un video falso che sosteneva che truppe francesi di stanza in Romania fossero state vestite con uniformi della gendarmeria romena per fomentare una guerra civile nel caso di vittoria di un determinato candidato.
Il portavoce del ministero degli Esteri, Andrei Tarnea, ha sottolineato come questa campagna di fake news fosse riconducibile a Mosca, confermando un modello già visto in altre operazioni di guerra ibrida contro i paesi di prima linea della NATO. La Romania è un pilastro strategico dell’Alleanza Atlantica sul fronte orientale, con una presenza militare significativa degli alleati NATO grazie anche alla base aerea di Mihail Kogălniceanu sul Mar Nero.
In questo contesto di alta tensione, il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha rivelato di aver ricevuto una richiesta dal capo dell’intelligence francese, Nicolas Lerner, di censurare i canali conservatori rumeni sulla piattaforma prima delle elezioni. Durov ha respinto categoricamente questa richiesta, affermando di non voler limitare la libertà di espressione in Europa.
Questa posizione ha suscitato attenzione, poiché Telegram è uno degli strumenti principali usati per la diffusione di contenuti elettorali e di disinformazione.
La nuova campagna elettorale è stata segnata da accuse reciproche, attacchi politici e diffusione di immagini compromettenti, che hanno ulteriormente polarizzato l’opinione pubblica. Dopo una competizione serrata e un clima di forte tensione è comunque prevalso il candidato europeista e sindaco di Bucarest Nicușor Dan, grazie anche all’aiuto nemmeno troppo riservato di tutta la intelligence community nazionale.
I recenti fatti di intelligence in Romania mostrano come possa giocarsi su un terreno di scontro cruciale la nuova guerra ibrida tra Occidente e Russia, con un uso massiccio di cyber-attacchi, disinformazione e manipolazione mediatica per influenzare le elezioni e destabilizzare le istituzioni democratiche.
I servizi di intelligence romeni hanno svolto un ruolo centrale nel denunciare queste interferenze e nel proteggere la sovranità elettorale, ma la sfida rimane alta, con ripercussioni che si estendono ben oltre i confini nazionali, mettendo a rischio la coesione e la sicurezza dell’intera regione euro-atlantica.


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