Esteri

Roulette Europa. La mano decisiva per il futuro dell’Ue

di Giovanni Vasso -

Ursula von der Leyen


Casinò Europa, fate il vostro gioco. Bruxelles non sarà Las Vegas ma al tavolo del Consiglio d’Europa, al posto dei dossier sulla crisi energetica, sono comparse le fiches politiche ed economiche degli Stati. Che si stanno giocando la partita della vita. Da un lato c’è Mario Draghi, navigato giocatore espertissimo, che ha chiamato l’all-in sul price cap. Accanto a lui, Emmanuel Macron che lo sostiene e “vede” senza dare troppo nell’occhio. Pedro Sanchez si sta godendo la mano: lui, al tetto del gas, ci ha creduto prima e più degli altri al punto che la Spagna, insieme al Portogallo, lo ha già adottato da tempo. Mark Rutte, che sa quanto ha da perdere, comunque vada, rumoreggia e guarda alla sua sinistra. Dove c’è Olaf Scholtz che ha chiamato banco: il tetto del gas non s’ha da fare, né ora né mai mentre Viktor Orban storce il naso e tenta di far saltare il tavolo e la povera Ursula von der Leyen, con quei poveri pianisti dei Saloon del vecchio West, è costretta a suonare all’infinito, cambiando spartito ogni qualvolta uno dei giocatori glielo imponga. Ma dentro e fuori la sala, tanti – forse troppi – spettatori più o meno interessati. Dall’esito della partita dipenderanno tante cose.

La mano latina

I Paesi latini, Italia in testa, alzano la voce perché il tetto del gas deve essere applicato. E bisogna farlo subito, con chiarezza e senza i tentennamenti a cui ci sta abituando, da troppo tempo, la commissione Ue. Mario Draghi c’ha messo la faccia e, con essa, tutta la sua autorevolezza. Parigi lo segue a ruota ma resta attenta a non esporsi troppo. La Francia, in questa fase, preferisce lavorare sottotraccia (come dimostra anche la vicenda Ucraina) anche se lo stesso Macron non disdegna, ogni tanto, di mandare segnali agli amici-avversari Ue. Madrid e Lisbona applicano già da tempo il price cap e, per questo, si sono buscate troppe critiche dagli altri Paesi, specialmente da quelli della Mitteleuropa.

La scala mitteleuropea

Un blocco centrale che è granitico attorno a Berlino. Amsterdam non ha la minima intenzione di perdere il denaro e il potere che le deriva dall’ospitare il Ttf. La Germania ne sostiene le ragioni. Olaf Scholz, ieri, ha affermato che “un tetto al prezzo comporta il rischio di vedere i produttori rivolgersi ad altri per vendere il proprio gas” così andrebbe a finire con “noi europei con meno gas”. Quindi ha spedito la palla in tribuna: se davvero lo vogliamo fare, accordiamoci prima con Giappone e Corea che, come l’Ue, sono prima consumatori che produttori di gas. Nessuna possibilità di un ritorno al carbone.

Partita doppia

Al tavolo c’è un giocatore particolare. È Viktor Orban. L’Ungheria rischia di rimanere stritolata nel braccio di ferro tra Ue e Russia. Mai davvero amato a Bruxelles, le sue mosse vengono regolarmente bollate come “favori” a Mosca. Il premier magiaro non vuole praticamente nulla. E scontenta tutti. Sia i latini, dal momento che ritiene il price cap “un suicidio economico” in quanto equivarrebbe “a un embargo totale sul gas”. Sia i neo Mitteleuropei dal momento che, sugli acquisti in comune di stoccaggi, s’è espresso in maniera estremamente critica: “Il piano sugli approvvigionamenti è lento e costoso, come quello dei vaccini”. Orban “si aspetta un grande dibattito” prima di mostrare le sue carte.

Non sparate sulla pianista

Ursula von der Leyen non gioca. Le carte, lei, le ha già mostrate da un pezzo. Il problema è che le soluzioni prospettate dalla Commissione sembrano un po’ confuse, a tratti contraddittorie. Il governo comunitario cambia spartito in continuazione, strattonato com’è dai giocatori al tavolo. Gli uni propongono una musica, gli altri le impongono di suonarne un’altra. Così è costretta ad agire con estrema lentezza, nel tentativo di mediare tra 27 Paesi. Una bozza di riforma del mercato energetico, se tutto va bene, sarà presentata non prima di gennaio. In pieno inverno. E se per le misure temporanee s’è scatenato un dibattito furioso, c’è solo da compatire la povera Ursula per quanto le potrebbe piovere in testa da qui a qualche mese.

Vichinghi e ottomani

Il premier norvegese, il più affidabile tra i partner commerciali dell’Ue, s’è già schierato contro il tetto al gas. “Rispettiamo il fatto che l’Europa stia valutando come regolare i mercati nel modo migliore. Ci limitiamo a sconsigliare misure che potrebbero avere effetti contrari, aumentando la domanda di qualcosa in cui c’è scarsità e un’offerta limitata”, ha detto al Corsera Jonas Gahr Støre. Nel frattempo Istanbul guarda con sempre maggiore interesse all’Europa. C’è il nuovo hub del gas che, passando dalla Turchia, svuoterebbe NordStream e potrebbe stravolgere gli attuali pesi economici e politici dell’Unione dando a Erdogan un potere tale che, per rintracciarne l’eguale, occorrerebbe tornare indietro ai tempi di Solimano il Magnifico.


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