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Cronaca

Rula Jebreal e Roberto Saviano: quando la retorica supera la realtà sull’attentato a Sigfrido Ranucci

Solidarietà sì, ma anche teatro: l'arte di trasformare ogni tragedia in una lezione morale a reti unificate

di Anna Tortora -


L’attentato, la solidarietà e i soliti protagonisti

C’è stato un attentato contro Sigfrido Ranucci. Grave, inquietante, da condannare senza esitazione. E infatti, da destra a sinistra, tutti sono d’accordo. Tutti esprimono piena solidarietà. Poi, puntuali come i coriandoli a Carnevale e le zanzare d’estate, arrivano loro. La coppia fissa della tragedia in diretta: Rula Jebreal e Roberto Saviano, che non commentano mai, interpretano. Non descrivono un fatto: lo elevano a parabola morale universale.

Da Gaza a Roma: la liturgia della retorica

Rula Jebreal apre il sipario: “Bombardare i giornalisti è la strategia tipica dei regimi genocidiari. Da Gaza a Roma…”. Sì, proprio così: da Gaza a Roma, un’unica linea di fuoco, un solo grande complotto globale contro la verità. Una bomba sotto casa di Ranucci? No, signori: è la geopolitica del male che si manifesta in via Salaria. Poi c’è Roberto Saviano, con la solennità del professore che deve ricordarci che la democrazia è già morta, ma in modo poetico. Il suo testo, tra “linciaggi social permanenti” e “spazi di libertà violati”, suona come una sceneggiatura già pronta per il prossimo documentario su Netflix.

La Bomba e il Potere: quando la critica diventa martirio

Naturalmente, il messaggio è sempre lo stesso: loro sono i difensori della verità, gli ultimi baluardi del giornalismo puro, perseguitati da un popolo ingrato che osa non inginocchiarsi davanti ai loro editoriali. Nel frattempo, chi lavora davvero nelle redazioni, chi subisce minacce vere ogni giorno, chi non ha scorte né palchi, continua a fare il mestiere senza proclami epici. C’è qualcosa di profondamente grottesco nel trasformare ogni episodio tragico in un’occasione per auto-incoronarsi eroi civili.

Si può difendere la libertà di stampa anche senza citare Gaza, anche senza trasformare l’Italia in una distopia da manuale, e magari, per una volta, lasciando che la realtà parli da sola.

La verità non muore (anche se la annoiate a morte)

Ma niente da fare: i nostri due profeti non resistono. Devono ricordarci che la verità è sotto assedio, e che, per fortuna , sono loro i suoi custodi. A allora, cari Rula e Roberto, tranquilli: la verità non morirà. Magari si annoierà un po’, sentendovi sempre ripetere le stesse frasi da dodici anni, ma di sicuro non morirà. D’altronde, se bastasse un comunicato vostro per salvare la democrazia, staremmo tutti già in paradiso…o almeno in prima serata.


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