L'identità: Storie, volti e voci al femminile



Esteri

Salis e Macron, due facce dello stesso sistema malato

Due vicende apparentemente diverse, ma accomunate dalla logica di fondo del mantenimento del potere

di Ernesto Ferrante -


Ilaria Salis ed Emmanuel Macron non sono poi tanto diversi. La maestra di Milano e l’ex astro nascente della politica europea, nel momento del bisogno, si sono aggrappati agli stratagemmi regolamentari su cui si regge un sistema “democratico” solo di facciata. Salis ha mantenuto l’immunità da europarlamentare e rinviato l’appuntamento con la giustizia ungherese. L’aula del Parlamento europeo ha bullonato la poltrona dell’esponente di Avs, confermando il giudizio della commissione Juri della scorsa settimana. L’ex “rivoluzionaria” si è salvata per un solo voto: i favorevoli sono stati 306, i contrari 305. Gli astenuti 17. C’è stata anche una richiesta di ripetizione delle operazioni, perché la scheda dell’eurodeputato del Ppe Markus Ferber non funzionava, ma è stata respinta dalla presidente Roberta Metsola. “Il voto resta”, ha detto Metsola, rimarcando il trattamento differenziato di cui gode chi occupa certe stanze. A Parigi, Sebastien Lecornu ha avviato ieri mattina le consultazioni con i partiti politici francesi, le ultime, “per la stabilità del Paese”, come richiesto dal presidente Emmanuel Macron. Viene fatto passare per nobile senso di responsabilità, ma è un volgarissimo attaccamento al potere.

Il caso Salis

La richiesta di revoca per la nuova eroina delle sinistre strabiche del Vecchio Continente, era stata formalizzata dal governo dell’Ungheria, dove è accusata di avere aggredito militanti neonazisti a febbraio 2023. L’esito del voto non era scontato. Per evitare brutte sorprese si è deciso di ricorrere all’inossidabile scrutinio segreto, venerato come il Santo Graal da saltimbanchi e furbacchioni, quelli dalla schiena cabriolet per intenderci. Conti alla mano, i partiti palesemente contrari alla revoca dell’immunità (Renew Europe, Socialisti e democratici, Verdi e The Left) disponevano solo di 310 eurodeputati, circa 50 in meno di quelli necessari per lanciare la “ciambella di salvataggio” all’amica in difficoltà. Dal fronte del Ppe, nonostante l’indicazione contraria, sono arrivati voti a favore di Salis. La decisione di confermarle l’immunità parlamentare per fatti antecedenti all’elezione rappresenta un grave precedente. Ai cittadini europei si è voluto dare un messaggio molto chiaro: chi entra nelle istituzioni può godere di una protezione automatica per fatti che nulla hanno a che vedere con il mandato elettivo.

La faida a destra

Quanto accaduto ha innescato uno scambio di accuse all’interno delle destre. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha puntato il dito contro i Popolari europei, di cui fanno parte anche i suoi colleghi di maggioranza di Forza Italia. Per gli azzurri, al contrario, hanno “inciso chiaramente” le “tante assenze” nel gruppo dei Patrioti per l’Europa, dove mancavano ben “15 deputati su 84”, incluso “un italiano”.

Le parole a caldo della salvata

“È una vittoria dell’antifascismo, dell’Europa antifascista”, ha commentato l’eurodeputata di Avs a Strasburgo in un breve punto stampa. “Ovviamente – ha continuato – sono molto contenta dell’esito del voto, ma soprattutto questa è l’ennesima conferma che non si possono tenere dei processi giusti in Ungheria, né contro gli antifascisti, né contro nessun oppositore politico”. Un maldestro tentativo di foderare ideologicamente una prassi che risponde unicamente alla logica del mantenimento di privilegi e indennità.

Il governo ungherese ritiene che il posto di Ilaria Salis sia “in prigione, non in Parlamento”. Lo ha scritto in un post su X il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, esortando tutti a non dimenticare “chi è veramente Salis: una violenta attivista Antifa arrivata in Ungheria per dare la caccia con un martello agli oppositori politici nelle strade”.

L’estremo tentativo di Macron

A Matignon e all’Eliseo la coppia Macron-Lecornu sta cercando di trovare la quadra su due “priorità”: l’adozione del bilancio e il futuro istituzionale della Nuova Caledonia. Jordan Bardella e Marine Le Pen del Rassemblement National hanno declinato subito l’invito, “considerando che queste ennesime consultazioni non mirano più a preservare l’interesse del popolo francese, ma quello dello stesso Presidente della Repubblica”. Rn ha chiesto al presidente di ascoltare le sofferenze del Paese e sciogliere l’Assemblea nazionale.


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