Politica

Salviniexit

di Domenico Pecile -


Riassumendo: Renato Schifani è il nuovo presidente della Regione Sicilia. La sua candidatura obtorto collo, era stata digerita da FdI che aveva accettato di immolare il governatore uscente, Nello Musumeci. In Lombardia, che andrà al voto la prossima primavera assieme al Lazio e al Friuli Venezia Giulia, le possibilità che il presidente in carica, Attilio Fontana, possa ripresentarsi come candidato del centrodestra sono decisamente in calo. Salgono, invece, le quotazioni di Letizia Moratti, forzista come Schifani.
Fratelli d’Italia, in caso di sconfitta di Zingaretti, nel Lazio, rivendicherà a pieno titolo quella poltrona. Rimane il Friuli Venezia Giulia, guidata da Massimiliano Fedriga, cui la Lega non è disposta a rinunciare. Ma la via per arrivare alla possibile riconferma di Fedriga è zeppa di insidie per Salvini.

Il Capitano lo sa bene. Ed è soprattutto consapevole che il boccino di questa partita ce l’ha in mano il governatore del Fvg, suo ex fedelissimo della prima ora, diventato uno degli ex colonnelli che assieme a Zaia, allo stesso Fontana, al ministro Giorgetti, ma anche a ex leader del partito come Roberto Maroni, non ne possono più della politica ondivaga, ambigua e suicida di Salvini che ha portato il partito al harakiri dello scorso 25 settembre. Il braccio di ferro che si sta consumando dietro le quinte e fuori onda tra il Capitano e Fedriga rappresenta un Risiko che va ben oltre la nomina del futuro governatore del Fvg, perché – come detto – sconfina nella partita del toto ministri e si addentra anche nella delicata questione della leadership del partito. Ai punti per adesso è decisamente in vantaggio Fedriga. E lo è su tutti i fronti. In via Bellerio lo sanno bene. Sono cioè consapevoli che il coltello dalla parte del manico ce l’ha decisamente lui. Che, non a caso, dal dopo voto ha scelto di starsene sotto traccia: nessuna intervista, parole soppesate con il bilancino, dichiarazione di totale fedeltà alla causa leghista, nessun desiderio di entrare nel merito del suo futuro politico, né di quello del partito. Eppure, Fedriga sa che la partita con Salvini si gioca su tre fronti; elezioni regionali, nomina dei ministri, possibile elezione del futuro segretario

nazionale della Lega. Si ricandidasse, Fedriga avrebbe il vento in poppa. Al punto che dai Fratelli d’Italia dal dopo voto continuano a piovere incessanti endorsement. Certo – sostengono in coro – sarebbe anche un ottimo ministro, ma noi vorremmo fosse ricandidato alla guida della Regione . Insomma, “il migliore candidato possibile”, aveva dichiarato il deputato Rizzetto. Fedriga incassa, ringrazia e sa di avere il vento in poppa (è piazzato al secondo posto nella classifica dei presidenti di Regione più amati dai cittadini e con il 68% dei consensi tallona il governatore del Veneto). Certo, le sirene romane lo attraggono. Del resto, il primo amore non si scorda mai. È stato deputato (unica macchia: fu sospeso 15 giorni per intemperanze con l’allora presidente dell’assemblea, Laura Boldrini) e adesso potrebbe ritornare nei piani altissimi della politica di Roma, da ministro. Non è un mistero che sia uno tra i leghisti più apprezzati dalla Meloni, perché oltre a esperienza e consenso può vantare il fatto di essersi ormai affrancato da Salvini. Più volte, ha dichiarato che il suo futuro è ancora in Fvg. Ma a un patto. È disposto a ripresentarsi per la corsa alla guida della Regione con una sua lista civica, ipotesi questa che terrorizza Salvini perché significherebbe che a un esito del voto plebiscitario del primo con ogni probabilità corrisponderebbe una mortificazione in termini di consensi della lista della Lega Nord. Ma negargli questa possibilità avrebbe il sapore di un diktat tanto prepotente quanto politicamente inopportuno. Salvini è avvisato.


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