Sanremo, c’è già il de profundis di Vittorio Feltri
Il Festival di Sanremo non è ancora iniziato ma già comincia ad occupare se non militarmente almeno in maniera subliminale e assai mirata gli spazi tv: news di primo piano nei titoli dei tg, “anticipazioni” giocate con il contagocce da Carlo Conti e dall’organizzazione in tutte le trasmissioni possibili – il presentatore sarà pure ospite del salotto tv di Fabio Fazio sul Nove -, le musiche delle canzoni delle edizioni passate a sottolineare con i loro refrain le immagini dei filmati quando possibile nelle trasmissioni di ogni genere, continue citazioni nei programmi condotti da chi, come Antonella Clerici, sarà sul palco dell’Ariston con Conti.
Ma già arriva il de profundis con le parole di un magnifico rompiscatole come Vittorio Feltri, per dire ciò che non pochi italiani pensano, o almeno dicono tanto per non apparire troppo teleguidati da Mamma Rai e dai suoi riti, come quello di questo Festival un po’ a rischio per la tv di Stato nel suo immediato futuro.
«Il festival di Sanremo è una gran caciara – spara a zero Feltri -, lo fanno dal 1951 e ha anche prodotto qualche buon cantante e qualche buona canzone, ma da anni non succede più. Anche per colpa dei cantanti, che non cantano ma parlano, guardate i rapper… E poi è così invasivo che è impossibile non vederlo, anche se cambi canale prima o poi te lo becchi. È così irritante che viene voglia di sparare al televisore…”. Così il giornalista ai microfoni di Radio Libertà. “Ovviamente -assicura – non lo guarderò, dà più soddisfazione vedere una partita di serie C. Oggi è una sagra dell’analfabetismo, anche musicale. In gioventù ho suonato il pianoforte nei night club e qualcosa ancora ci capisco: gli autori si danno un sacco di arie, ma le canzoni sembrano scritte con la tecnica compositiva di ragazzini che fischiettano per strada…”.
Senza dimenticare un ritrattino veloce veloce dell’abbronzatissimo presentatore: “Di Carlo Conti ho scritto anni fa un ritratto: è una persona perbene, tutta correttina, un impiegato della Cariplo, che cambia raramente espressione. Riuscirà alla perfezione a interpretare la stupidità collettiva”.
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