Attualità

Sanremo, il patriarcato e quel Paese stufo di chi fa la morale su tutto

di Rita Cavallaro -


Sanremo è Sanremo e si sa che nella settimana del festival la mania musical-popolare segna un cortocircuito dell’informazione. Tv, giornali, social: non si parla d’altro di quello che va in scena sul palco dell’Ariston, dalle canzoni alla politica, in un vortice di polemiche immancabili in ogni edizione. In quel monopolio, le altre notizie finiscono sul fondo, quasi ignorate. Non stupisce che gli italiani fossero più impegnati a fare gossip sullo scambio di sguardi tra Mahmood e Marco Mengoni o a commentare il commovente intervento di Giovanni Allevi sulla sua malattia, piuttosto che stracciarsi le vesti per le parole di Gino Cecchettin, che ha lanciato l’uscita del suo libro sul femminicidio della figlia Giulia. D’altronde se n’è parlato così tanto di quel delitto figlio del patriarcato, che la famiglia Cecchettin avrebbe potuto anche soprassedere se, per cinque giorni, il Paese si fosse concentrato su altro. Invece quel silenzio su Giulia e sull’opera letteraria del padre non è andato proprio giù alla sorella Elena, proprio colei che aveva addossato le responsabilità di Filippo Turetta ai maschi bianchi espressione della cultura dello stupro, spaccando gli uomini italici tra sensi di colpa e propaganda politica. Elena, venerdì, ha puntato il dito contro un intervento di martedì, perché giovedì la notizia di papà Gino-scrittore era passata troppo in sordina. Nel mirino di Elena, allora, sono finiti gli attori di Mare Fuori e lo stesso Amadeus, reo di aver permesso agli interpreti della serie Tv Rai di recitare sul palco uno scritto di Matteo Bussola sulla violenza di genere. La Cecchettin, su Instagram, ha detto: “Le frasi ascoltate martedì su quel palco sono roba da Baci Perugina. E soprattutto sono frasi sull’amore. Ma l’amore non ha niente a che vedere con la violenza maschile. Di un siparietto intriso di pinkwashing, le vittime di femminicidio e 13 sopravvissute se ne fanno poco, sul serio non si poteva fare di meglio?”. E ha rilanciato le critiche della scrittrice Carlotta Vagnoli, che a differenza della sorella di Giulia, quei commenti li aveva espressi a caldo. “Le “nuove regole dell’amore” portate sul palco di Sanremo ieri sera (martedì, ndr) in quella che a tutti gli effetti è una promo al sapore di pinkwashing di Mare Fuori, sono un concentrato di privilegio maschile e naftalina. Ma soprattutto non sono a fuoco. Non si parla di patriarcato, di cultura dello stupro, di violenza maschile contro le donne, di privilegio, di mascolinità tossica. Far scrivere a un uomo un pezzo del genere mi sembra il punto più ridicolo della serata di ieri”, aveva sottolineato Vagnoli. Ed ecco che, pur non essendo stata invitata a parlare al Festival, Elena Cecchettin si è presa di forza la scena per bocciare l’approccio errato alla lotta contro i femminicidi, seppure nemmeno quella adottata da lei e da suo padre sia stata in grado, finora, di fermare la mano del maschio sulle donne ostaggio e vittima dell’uomo padrone. Il biasimo di Elena, comunque, ha prodotto l’effetto prevedibile: la risposta di Amadeus, principale destinatario di quelle critiche strumentali. La risposta del direttore artistico di Samremo2024, però, non è stata quella auspicata, figlia di un pietismo che solitamente si riserva a una famiglia colpita da una tragedia. Perché nel caso Cecchettin il religioso silenzio in rispetto del dolore è stato surclassato dall’impegno civile e politico di Elena e Gino. E la politica è fatta di botta e risposta, non di pacche sulle spalle. Così, durante la conferenza stampa di presentazione della quarta serata del Festival, Amadeus ha risposto: “Elena non sarà invitata. Naturalmente c’è massimo dolore per ciò che è accaduto a lei e alla sua famiglia. Noi crediamo che l’intervento di Mare Fuori sia stato un intervento bello, ma rispetto il parere di Elena”. Poi la stoccata: “Chiamarla? Non ho il numero e poi chiami qualcuno quando ti devi scusare, ma non quando non ti devi scusare”. Sembra di sentirle le femministe sfegatate, indignate di fronte alle parole dell’ennesimo maschio bianco che non solo non si prende la colpa per quel patriarcato che ammazza una donna al giorno, ma che risponde alla povera Elena con la sfrontatezza del potere in mondovisione di Sanremo. Dai, tanto dura solo una settimana. Poi tutto torna alla normalità e le grandi battaglie riprenderanno il giusto posto nelle prime pagine. Anche se, a ben vedere qualche sporadico commento sfuggito alla psicosi Festival, forse andrebbe bene anche meno. Tra le perle, infatti, svetta il post su Facebook di Vittorio Feltri: “Quello di Gino Cecchettin è un libro di memorie? È una biografia? O è un trattato di sociologia mediante il quale Gino Cecchettin, elettricista, pretende di spiegarci in qualità di esperto (ma non si sa di cosa, forse di cavi e fili) il patriarcato, la cultura della sottomissione della donna che, a suo giudizio, vige in Italia, le nostre colpe, i nostri vizi, i nostri peccati?”, si domanda il giornalista. Collezionando una serie di commenti memorabili, di italiani sempre più stufi di sentirsi fare la morale su tutto.


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