Politica

SANTA ROMANA LEGA

di Ivano Tolettini -


Ciak si gira e l’effetto, per il sacramento tirato in ballo con tanta facilità, avrebbe colto di sorpresa anche un maestro del cinema come Truffaut specializzato nel capovolgere la trama. Dalla Lega di Alberto da Giussano contro il prepotente invasore, a quella santa, ma in senso molto clericale. Una metamorfosi, quella di Salvini che invoca il bonus per i fiori d’arancio in chiesa, da far trasecolare la base leghista e sghignazzare quella avversaria (dentro e fuori la maggioranza, oh yes!). Con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, costretta a intervenire ed a fischiare la fine della ricreazione perché si sta perdendo tempo. Se l’argomento in questione, quello cioè di favorire coloro che vogliono mettere su famiglia ( non solo come Dio comanda), fosse terribilmente serio per favorire anche la natalità. Sebbene ormai una fetta rilevante, soprattutto dei giovani, vada a convivere e faccia anche figli (non tanti), prima eventualmente di convolare alle nozze: laiche e religiose. Non è un caso che la maggior parte dei fedelissimi dall’estate 2019, in piena folgorazione da Papete quando il Capitano si atteggiava in maniera poco ecumenica sulla spiaggia ammiccando alle scatenate ultras padane che pendevano dalle sue labbra, gli hanno vieppiù voltato le spalle fino al tradimento di settembre con l’alleata Meloni cui le hanno tributato il loro consenso. Così il profondo Nord è diventato all’improvviso ingrato per l’uomo che prometteva l’autonomia subito e che cinque anni dopo i referendum cerca di destreggiarsi, proustianamente, per recuperare il tempo perduto anche a rischio delle pernacchie nuziali. La storia del compenso statale di 20 mila euro ha fatto storcere il naso ai più. Perché in pochi minuti dal Dio Po, lo ricordate tutti il raduno a Pian del Re con Bossi che tra il serio e il faceto mostrava l’ampolla semidivina, a molti sono passate davanti le immagini dei cocktail a base di mojito fino al più rfecente “Credo” che avrebbe dovuto galvanizzare le folle e fare sfracelli in campagna elettorale, per arrivare al bonus per le nozze cattoliche. Ne ha fatta di strada, come il gambero, il segretario lumbard se anche quello che non è proprio un suo compagnone, come il governatore veneto Luca Zaia, ieri mattina a Radio 102.5 se l’è cavata così: «Non faccio l’avvocato difensore di Salvini, sono l’ultimo che può farlo. Quello sul bonus nozze si tratta di un vecchio progetto di legge (pdl) presentato da un parlamentare, e non ha nemmeno la firma del capogruppo. Così com’è è impresentabile». «Il presentatore» della proposta – aggiunge – resosi conto dell’incongruenza ha poi detto che è sottinteso che sarà valido per ogni tipo di matrimonio».
Del resto, l’astuto Zaia era appena reduce da due lenzuolate di intervista sul Corfriere della Sera con le quali ha presentato la sua ultima fatica letteraria, “I pessimisti non fanno fortuna”, in cui sottolinea che è ora di smetterla con le battaglie di retroguardia su coppie gay e fine vita. Già, come dargli torto? Uno Zaia che si mostra per quello che è, laico e libertario, con una visione della politica che deve garantire i diritti e non limitarli; propugnatore di un credo che guarda alle dinamiche sociali, ed ai comportamenti sessuali non come se fossero un problema, bensì le opportunità di ogni individuo alla ricerca della propria felicità. Anche per questo i due leader proprio non si tagliano.
E invece che cosa succede? Che per un evidente problema di consenso, visto che le intenzioni di voto degli italiani sono quasi ogni giorno recapitate ai segretari di partito, Salvini decide di assecondare la proposta di legge stonata di un proprio parlamentare per fare innescare una polemica che a stretto giro di parola gli si ritorce conto. Al di là delle opposizioni che fanno il loro mestiere e che alzano i decibel della polemica, sono i suoi stessi compagni di partito che si mostrano straniti per quest’ennesimo show salviniano che si trasforma in autogol. L’ennesima gaffe di un segretario che per eccesso di narcisismo politico, cavalca proposte che anche uno studente al primo anno di giurisprudenza si renderebbe conto che sono anticostituzionali. E se l’opposizione tuona che non sono queste le proposte per venire incontro alle legittime aspirazioni, soprattutto dei giovani che vogliono sposarsi, il governo sconfessa – absit inuria verbis – il proprio vicepremier che nonostante sia alle prese con ben altri problemi visto il ministero che è chiamato a coordinare – quello delle Infrastrutture e dei Trasporti – trova il tempo di farsi bacchettare anche dalla Chiesa che gli ricorda come “servono misure concrete e realizzabili per sostenere famiglie e giovani», che mai come in questo periodo sono davanti a scelte non facili. E la politica deve essere in grado di venire loro incontro, senza versioni fuori tema. Ma era quello che era successo anche alle battute iniziali della campagna elettorale, quando Salvini aveva scelto la parola chiave, il claim, per scuotere le coscienze. Quanto era durata? Lo spazio di una notte di mezza estate, come questa ennesima polemica che è la cartina di tornasole di una leadership in evidente difficoltà. Soprattutto per merito di una premier come Giorgia Meloni, che dà l’idea di essere sempre sul pezzo e che della serietà ha sempre fatto la cifra della sua azione politica. Che poi possano piacere o meno le sue iniziative. Una cifra che però paga, al cospetto di un alleato che sta trasfigurando in sconfitta molte delle sue proposte politiche. Fino al bonus per le nozze in chiesa.


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