Economia

Sanzioni, l’oligarca del mistero e il giallo della lobby-nichel

di Redazione -


Un metallo sempre più prezioso per la produzione dell’energia e un uomo vicino a Putin spaventa perfino l’Unione Europea. Che aggira in segreto le sanzioni. Ecco come fanno.

La storia di oggi è quella di un metallo che attraversa la vita quotidiana di ciascuno di noi, perché utilizzato per la produzione di molti dei nostri oggetti di uso comune, dal telefonino alle padelle. Un metallo strategico, perché su di esso è imperniata un’industria che potrà scrivere il futuro dell’economia. Una storia con i contorni del giallo internazionale, di quelli che prima o poi potremmo trovarci catapultato in un film o in una serie tv.
Ci aiuta a raccontarla Marco Barbero, cofounder e analista di MetalWeek, una suite indipendente sul mercato dei metalli. “Già prima del conflitto russo-ucraino – spiega Barbero – il nichel era considerato una possibile criticità, monitorato con grandissima attenzione da parte dei broker che operano al London Metal Exchange, la più importante Borsa merci sui metalli industriali. Un metallo che ha una sua storia, nata quando divenne la miccia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con Hitler che ordinò il 22 giugno 1941 l’invasione della Russia, violando il patto di non aggressione con Stalin, solo al passaggio di un convoglio ferroviario ricco di nichel – e quindi utile alla fabbrica dell’acciaio tedesca per gli armamenti – dalla Russia alla Germania, come gli avevano suggerito i suoi strateghi. Da allora riveste un’importanza fondamentale per qualsiasi economia industrializzata. E se l’oro in lingotti rappresenta il livello di solvibilità di uno Stato sotto l’aspetto monetario, il nichel lo è, più di ogni altro metallo, per garantire il mantenimento della propria forza in un contesto manifatturiero. Uno dei più importanti elementi di lega per la produzione degli acciai a tutti i livelli (le nostre stoviglie in metallo ne contengono circa il 10%), presente in modo importante nella composizione chimica di tutte le monete dell’Euro. E centrale, per l’avvento della mobilità elettrica e ibrida, nella componentistica realizzata con semilavorati a base di questo metallo”.
Un racconto che sembrerebbe breve, concludendo la storia attuale del nichel con lo stop del suo mercato a causa delle sanzioni alla Russia, uno tra i suoi maggiori produttori al mondo. E invece no. L’impianto sanzionatorio messo a punto dalla Commissione Europea e dagli Stati Uniti ai danni della Russia non lo ha contemplato. Dimenticanza clamorosa o negligenza giustificata da secondi fini? “L’enigma è presto svelato – Barbero dà il via al primo capitolo del giallo -. il colosso russo Norilsk, leader mondiale nell’estrazione e nella lavorazione del metallo, ha un suo re, l’oligarca Vladimir Potanin, sicuramente l’uomo più potente della Russia e, se serve, l’unico in grado di far chinare il capo a Putin. Le Cancellerie occidentali non fanno mistero ad annoverare Potanin tra gli amici fidati, quelli con i quali è meglio non interrompere gli affari, per non dire stop all’arrivo di treni, container e navi zeppe di nichel in modo indisturbato nella nostra cara e vecchia Europa. Una decisione sicuramente maturata e pilotata dalla potente lobby siderurgica, che di europeo ha solo i fasti di un tempo, reggendosi ancora in piedi essenzialmente grazie ai colossi indiani, coreani ed anche russi, che sul territorio dell’Unione Europea si sono spartiti gli imperi delle grandi dinastie industriali dell’acciaio”.
Insomma, un metallo che ha creato una sorta di enclave, fonte di potere e di controllo di dinamiche inimmaginabili. E siamo alla seconda puntata del giallo: “Lo scorso 8 marzo alla Borsa LME di Londra si è sfiorata un’ecatombe che poteva trascinare la Borsa dei metalli verso un inesorabile default. Tutto questo grazie al nichel e a coloro che, molto ben informati sulle vicende russe, avevano confidato su un basso rischio di aumento per questo metallo, nonostante la guerra tra Russia e Ucraina fosse già in corso. Investitori ed utilizzatori prevedevano un forte innalzamento della quotazione del metallo e, non al corrente della sua esclusione dal pacchetto di sanzioni, hanno incominciato a comprarne lotti e lotti durante i long, le sedute di contrattazione, a partire dal 24 febbraio, data dell’invasione russa dell’Ucraina. Di seguito, a quotazione impennata, il prezzo è passato in pochi giorni da 25 a 100 mila dollari a tonnellata nella mattinata di martedì 8 marzo. Una massa enorme di dollari, si stima oltre il miliardo, sarebbe dovuta entrare nelle tasche di chi aveva indovinato l’investimento long e fuoriuscire da quelle per cui l’investimento era stato avverso, short. Un remake della scena finale del film natalizio Una poltrona per due ma con un epilogo decisamente differente. Perché i fratelli Duke furono ridotti alla bancarotta per colpa del succo d’arancia, mentre agli investitori cinesi (da considerare che il London Metal Exchange dal 2012 è di proprietà di un fondo sovrano della Cina) è stata concessa una sorta di quarantena finanziaria, con annesso delisting del nichel per un’intera settimana”.
Una scelta inusuale, perché la regolamentazione di tutte le Borse del mondo è molto chiara: i debiti si saldano al termine di ciascuna seduta. Lo scorso 8 marzo non è andata così, come se una specie di Super Mario avesse improvvisamente tolto la corrente elettrica che alimentava un macchinario. Riavviando, poi, il meccanismo destinato ad una diversa soluzione. É quanto accaduto a Londra: “Il nichel è stato improvvisamente messo in delisting – dice Barbero -. Così facendo, tutte le transazioni sono state temporaneamente messe in stand by, a cominciare dalle regolarizzazioni contabili che avrebbero dovuto seguire. Nei successivi otto giorni, il nichel non è stato quotato e quello che è accaduto dopo il nuovo inserimento del metallo nel listino LME è parso come un piano di salvataggio pilotato, attraverso una diminuzione ragionata del suo prezzo al fine di salvare tutti dalla catastrofe, specie coloro che popolano questa esclusiva enclave”.
Tutto vero? Il giallo continua: “Le informazioni riportate sono tutte riconducibili e circostanziate – conclude Barbero -, tanto che almeno due hedge fund stanno muovendo importanti cause legali di risarcimento nel confronti del London Metal Exchange. E il motivo è proprio la mancanza di ortodossia nella gestione di questo evento”.


Torna alle notizie in home