Scandalo Milano/1: il sacco della città, la politica assente
Il principio della rigenerazione urbana e le ombre della appropriazione privatistica di suolo pubblico a danno della coesione sociale
Foto dal sito web di Coima
Ora, con il terremoto giudiziario che ha investito l’amministrazione Sala, si parla apertamente di “sacco di Milano” per classificare le grandi trasformazioni urbanistiche, caratterizzate da massicce operazioni immobiliari e speculative che hanno radicalmente cambiato il volto di molte aree del capoluogo lombardo, in particolare dal nuovo millennio. “Sacco” come conquista o assalto per il dilagare del cemento, dei grattacieli e dei progetti di riqualificazione che hanno profondamente inciso sul tessuto urbano, sociale ed economico milanese.
Il sacco degli anni Duemila
Il processo di trasformazione edilizia, un tempo lento e circoscritto, ha avuto una forte accelerazione dagli anni Duemila con la nascita di grandi progetti integrati, in parte grazie a investitori internazionali attratti dal rinnovamento cittadino. L’apice si è avuto nella zona di Porta Nuova, che con i suoi grattacieli simbolo, ad esempio il palazzo Unicredit e il Bosco Verticale, rappresenta uno dei casi più evidenti di questa transizione urbana.
Catella, figura chiave del “sacco”
Manfredi Catella, per il quale la magistratura chiede l’arresto, è considerato una figura chiave in questa stagione di trasformazione. Fondatore di Coima, uno dei più importanti gruppi di sviluppo immobiliare italiani, Catella ha guidato i principali progetti che hanno incarnato proprio quella “corsa al mattone” di cui tanto si è discusso nel dibattito pubblico su Milano, forse viziandolo troppo di una polemica politica animata da una semplice contrapposizione partitica. Porta Nuova è l’esempio più importante: dalla bonifica di aree abbandonate a nuovo polo turistico, commerciale e direzionale che ha attratto capitali globali.
Gli investitori internazionali
Catella si è distinto per la capacità di coinvolgere grandi investitori internazionali e istituzionali, come i fondi del Qatar, e di introdurre modelli di sviluppo urbano centrati su una miscela di sostenibilità, qualità architettonica e nuove centralità urbane: non a caso, coinvolto nella vicenda, un’archistar del peso di Stefano Boeri. L’azione di questa miscela è stata così determinante da essere presa come esempio per la trasformazione futura di altre città italiane.
Dagli Ottanta ai Duemila
Negli Ottanta e Novanta i primi progetti di trasformazione urbana con i piani di recupero di aree dismesse e semi-abbandonate, periferie ed ex scali ferroviari, qui con il Gruppo Fs a giocare da attore chiave nell’intera partita.
Negli anni Duemila, l’accelerazione del fenomeno, con arrivo di grandi capitali e nascita di progetti come Porta Nuova e CityLife.
Da 2010 ad oggi, l’affermazione della “nuova Milano” con il boom di grattacieli, i grandi eventi e gli investimenti internazionali, con Catella e Coima tra gli attori principali.
Il principio della rigenerazione urbana e le ombre della appropriazione privatistica di suolo pubblico a danno della coesione sociale, con il rischio della gentrificazione e dell’aumento delle diseguaglianze tra il centro e le periferie. Qui, colpevole, la politica di ogni colore nell’adeguarsi ai processi piuttosto che nel guidarli.
Dinamiche delle quali sono stati attori pure investitori internazionali. Ne scriveremo nel prossimo articolo.
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