Politica

PRIMA PAGINA – Schlein-Conte, il campo largo alla prova della Sardegna

di Domenico Pecile -


Due donne e due uomini e 25 liste. Centrodestra unito, Centrosinistra spaccati più una frangia di indipendentisti. Il centrosinistra si affida ad Alessandra Todde, 55 anni, ingegnere, manager, ex sottosegretaria nei governi Conte e Draghi e attuale numero due di Conte. Guida un campo largo dove mancano +Europa, Rifondazione comunista e Italia viva (che correrà senza il simbolo). Si gioca tanto, Schlein. Che Todde ha preferito tenere lontana per la chiusura della campagna elettorale. Ma nemmeno Conte ci sarà. Equidistanza bipartisan, quella pretesa dalla candidata, che ripete come un mantra: “Questa partita è nostra, dei sardi”. Schlein fa buon viso a cattiva sorta. Non si sono mai incrociati in questa campagna elettorale lei e Conte. L’agenda la detta Todde. In caso di sconfitta per il campo largo sarebbe il de profundis. In Sardegna si deciderà infatti il destino di quell’alleanza, nata, abortita, riproposta e di nuovo sfasciata a più riprese. In caso di una batosta elettorale difficilmente la segretaria dem riuscirebbe a contenere la protesta di quanti, dentro il partito, contestano duramente ogni possibile accordo con Conte.
Insomma, sul rapporto con i 5S cadrebbe una fitta coltre di nebbia che difficilmente si diraderebbe. Schlein è consapevole che la partita è delicatissima anche per altre due questioni tra loro interconnesse. Dicono che la segretaria dem non abbia gradito molto che Todde abbia sfoderato l’arma dell’antifascismo contro l’esecutivo di centro destra, accusandolo anche di essere oscurantista e repressivo. Un’uscita che la preoccupa per i mal di pancia che avrebbe suscitato all’interno dei moderati del partito molto attenti a quanto sta accadendo al Centro con Calenda, Renzi e +Europa piuttosto che a fruste battaglie che elettoralmente non portano a nulla. Non solo, ma a raffreddare un po’ gli entusiasmi sulla prospettiva di campo largo ci ha pensato lo stesso Conte. Il quale ha sì affermato che quanto fatto in Sardegna “può essere un primo passo e che andrà fatto anche a livello nazionale”, ma poi ha puntualizzato che “serve un progetto serio e autentico e non un cartello elettorale dettato dalla necessità e dall’ansia di potere degli apparati”.
Sul fronte opposto, il centrodestra in Sardegna si presenta unito dopo il passo indietro della Lega. Ma è evidente che in caso di sconfitta potrebbe scattare la resa dei conti, con Salvini nel ruolo di fustigatore dopo che è stato costretto a rinunciare alla candidatura del chiacchierato uscente Christian Solinas a favore di Paolo Truzza.
Ma la vera partita per Salvini sono le europee passando attraverso la patata bollente del terzo mandato. La Lega non può scendere sotto la fatidica soglia del 10% perché questo significherebbe mettere in seria discussione la leadership del Capitano. Il quale, impegnato su questo duplice fronte (da un lato il terzo mandato che s’interseca con il voto amministrativo e dall’altro le elezioni europee), vive una sorta di paradosso. Capita allora che mentre è a caccia di un risarcimento politico dopo il niet degli alleati a Solinas (la Lega rivendica a gran voce la candidatura nel capoluogo Cagliari), Salvini è costretto a difendere a spada tratta il terzo mandato e quello del governatore del Veneto. Luca Zaia in questi giorni si sta godendo una incessante standing ovation da parte dei veneti, molti dei quali lo vorrebbero governatore a vita. In questo momento, insomma, Salvini si trova costretto a regalargli un endorsement elettorale che è destinato ad accrescere il potere di Zaia in Veneto, ma anche all’interno della Lega. Molti, in caso di una resa dei conti anti-Salvini, lo vorrebbero futuro segretario (ma in pole position ci sarebbe anche il presidente del Fvg, Massimiliano Fedriga) anche se lui continua a glissare. E mentre fa spallucce, Salvini è obbligato a tirargli una volata che per il Capitano potrebbe essere politicamente letale.


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