Politica

Schlein sconfessò Meloni la strategia della passionaria per battere Bonaccini

di Eleonora Ciaffoloni -

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Ci hanno basato un’intera campagna elettorale: “Votate il Pd o al governo andrà Giorgia Meloni”. E ora che Giorgia Meloni al governo c’è davvero, i due mezzi segretari del Partito Democratico si complimentano con la prima donna premier. Perché sia Enrico Letta, il segretario uscente, sia Stefano Bonaccini, il segretario entrante – almeno per quanto gli ultimi sondaggi e voti dei circoli stanno dimostrando – hanno fatto plauso a quanto fatto finora dalla Meloni. Il primo ad aprire le danze è stato proprio l’ex premier che definisce il lavoro della presidente “migliore di quanto ci aspettassimo” riguardo le questioni economiche e finanziarie. E non si è fermato a una frase en passant: Enrico Letta ha aggiunto che Giorgia Meloni “ha abbandonato l’aggressività” chiaramente dichiarata nei confronti dell’Ue, decidendo di “seguire le regole” ed evitando di “commettere errori”. Insomma, “la realtà è che lei è forte” dice il segretario. In molti, anche e soprattutto dentro il partito si chiedono se le parole siano uscite dalla bocca della stessa persona che nella campagna elettorale estiva sparava a zero cercando di spaventare l’elettore indeciso sul “pericolo per la democrazia”.
Una strategia che non ha funzionato: è stato evidente dai risultati delle urne settembrine. Forse è proprio per questo motivo che Stefano Bonaccini, a poco più di una settimana dal voto delle primarie, ha deciso di virare verso chi il consenso l’ha saputo conquistare. E così anche lui – forse anche in vista di una possibile convivenza civile da leader a leader di partito – ha spezzato una lancia a favore di Giorgia Meloni sulla scia di Letta. “Meloni non è una fascista, è una persona certamente capace” ha detto il governatore dell’Emilia-Romagna giustificando che “sono troppi pochi mesi che è partita” e “anche nelle critiche ci vuole misura”. Parole che non si lasciano cadere facilmente tra i dem e Bonaccini lo sa bene: così, per dare una botta al cerchio e una alla botte non fa mancare la critica – e i timori – rispetto a quanto avviato dalla maggioranza al governo.
Eppure, la presa di posizione è chiara: Meloni è capace. E questo è tutto meno che un attacco. O almeno non lo è da chi dovrebbe fare “naturale” opposizione. Difatti, la reazione dei dem – quelli che almeno sembrano fare opposizione – è stata immediata. A controbattere per primo alle parole dei due è stato Andrea Orlando che, come un qualsiasi elettore di sinistra, ha pensato “Qualcosa non va” e continuando: “Come si fa a dire che sono capaci (di cosa?) o che sono meglio di quanto ci aspettassimo? Mettiamoci d’accordo compagni e amici”. E sulla stessa linea ha proseguito anche il vicesegretario Peppe Provenzano: “Il governo Meloni è il peggiore di sempre. Nel Pd c’è chi pensa di no? È il governo delle disuguaglianze, come si fa a dire che è capace e di misurare le critiche? Pensiamo a fare opposizione e costruire l’alternativa. Le primarie servano a questo. O almeno a fare chiarezza”.
Primarie, appunto. E se le distanze tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein erano già evidenti, dopo queste prese di posizione sono ancora più evidenti. E se nel partito si dividono tra chi lo giustifica perché “in buona fede” o “per nervosismo” e chi lo attacca, la Schlein possiamo collocarla tra gli ultimi. La candidata dem ha sottolineato “di non condividere le parole di Bonaccini su Meloni” e ha spiegato di credere che Giorgia Meloni “non abbia ancora trovato la postura nel nuovo ruolo” come istituzione. Sembra quasi la tempesta perfetta: una spaccatura che potrebbe cambiare le carte in tavola per il voto del prossimo 26 febbraio, soprattutto vedendo il su e giù dei sondaggi. Perché se fino a qualche giorno fa la vittoria di Bonaccini era scontata, l’ultimo sondaggio di Winpoll è di tutt’altro avviso: Schlein vola al 56,3%.
Una guerra di nervi più che di numeri, che alla volata finale fa emergere le vere intenzioni. Da una parte la deputata che si porta dietro le critiche, le rivendicazioni contro il governo promettendo opposizione, dall’altra un approccio “pragmatico” promesso da Bonaccini che considera la leader di Fdi “avversaria e non nemica”. Una strategia nuova e lontanissima da quella di Enrico Letta (e un po’ anche dalla direzione del partito). Un approccio che potrebbe segnare una nuova linea del partito. Ma quanti vogliono questo nuovo partito “pragmatico”? La risposta spetta alle urne.

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