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Landini ha reinventato il sindacalismo 4.0: meno fabbriche, più ponti

Landini rispolvera il megafono e ferma l’Italia. Obiettivo: contestare la manovra e difendere il diritto sacro allo sciopero del venerdì.

di Anna Tortora -


Landini, lo sciopero come stile di vita

Maurizio Landini ha un talento speciale: riesce a trasformare qualunque manovra economica in un motivo di protesta.
L’ultimo sciopero generale? Contro una legge di bilancio che – paradosso tutto italiano – prova a mantenere i conti pubblici in equilibrio e a ridurre le tasse per il ceto medio.
Insomma, una manovra da criticare a prescindere, perché troppo poco “ideologica”.
Ma il dettaglio che non passa inosservato è la data dello sciopero: il venerdì.
Una scelta non casuale: il giorno perfetto per una battaglia operaia con vista sul weekend.
Dopo la “lotta di classe”, il relax di massa. Il tutto, naturalmente, in nome dei lavoratori (che però restano fermi ai cancelli); semplicemente perché
Landini ha reinventato il sindacalismo 4.0: meno fabbriche, più ponti.

Vecchioni: “Articolo 39, il grande dimenticato”

Nel frastuono dei cortei e delle bandiere rosse, c’è chi prova a parlare di sostanza.
Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia, ha ricordato un piccolo dettaglio costituzionale che da decenni i sindacati fingono di non vedere: l’articolo 39 della Costituzione.
E la sua riflessione, precisa come un telegramma diplomatico, non lascia spazio a interpretazioni:
“Landini, i contratti collettivi e la nostra costituzione. Secondo l’articolo 39 della costituzione, il sindacato, per avere personalità giuridica, si dovrebbe “registrare”. Cosa che i sindacati non si sono mai sognati di fare. La mancata attuazione dell’art.39 ha la conseguenza che i contratti collettivi (specialmente quelli pubblici) sottoscritti dai sindacati (che rimagono quindi associazioni private) non avrebbero di per sè efficacia “erga omnes”, nei confronti cioè di tutti i lavoratori della categoria interessata (iscritti e non iscritti a un sindacato). Tuttavia, per evitare discriminazioni si è affermata col tempo la “consuetudine”, di estendere comunque l’efficacia erga omes di tali contratti. Ora noi abbiamo un Landini che non firma i contratti per fare un dispetto al governo Meloni, ben sapendo però che i miglioramenti salariali strappati dagli altri sindacati (quelli firmatari) si estenderanno automaticamente anche agli iscritti alla CGIL.
Mi piacerebbe invece che, per una volta, venisse meno questa consuetudine. Landini non firma? Benissmo, allora i miglioramenti non si applicano agli iscritti alla CGIL. So che questo non sarebbe politicamante possibile. Ma mi piacerebbe che lo fosse, solo per mettere Landini con le spalle al muro. Vuoi fare politica servendoti del sindacato? Devi allora assumertene tutte le responsabilità, anche se i tuoi iscritti ne subiranno le conseguenze. E invece lui non firma e dichiara lo sciopero generale, mentre gli altri sindacati portano a casa risultati, di cui alla fine anche lui beneficia. Troppo comodo! Non mi pare giusto. Cone uscirne? Cominciamo col dare attuazione all’art 39 della Costituzione. Perché non è mai stato fatto, signori sindacalisti?”
Parole da incorniciare. Ma, come spesso accade, finiranno probabilmente nel dimenticatoio, poiché disturbano l’armonia dei cori da corteo.

La rivoluzione dei weekender

Mentre gli altri sindacati firmano e portano a casa risultati concreti, Landini continua la sua battaglia personale contro il Governo Meloni.
Il paradosso? I miglioramenti ottenuti da CISL e UIL si applicano anche agli iscritti CGIL.
Non firma, ma incassa. Non partecipa, ma beneficia.
Un capolavoro di strategia da salotto: la resistenza passiva con vantaggi attivi.
Forse, come suggerisce Vecchioni, sarebbe ora di mettere fine a questa ambiguità e di decidere se i sindacati vogliono fare politica o tutelare i lavoratori.
Perché l’Italia ha bisogno di fabbriche aperte, non di piazze chiuse.
E se proprio vogliamo parlare di diritti, cominciamo da quello degli italiani di non restare bloccati ogni venerdì in nome di una rivoluzione che ormai sa di gita sociale.

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