Attualità

Sciopero per i magistrati contro la riforma Cartabia

Ma a Milano scioperano solo 4 magistrati su 10

di Mariagrazia Biancospino -


Giornata di sciopero per i magistrati contro la riforma Cartabia, con l’organizzazione di assemblee pubbliche per spiegare le ragioni della protesta. Era dal 3 giugno 2010, contro il governo Berlusconi e il Guardasigilli Angelino Alfano, che le toghe non scioperavano. Era stata decisa il 30 aprile scorso dall’assemblea generale dell’Anm, l’Assocaziona nazionale dei magistrati, la mobilitazione contro una riforma, approvata alla Camera e in attesa del passaggio al Senato, licenziata a seguito dello scandalo Palamara, per correggere la deriva correntizia della magistratura e per risolvere problemi annosi, come la durata dei processi. Alla fine della giornata, la tensione continua, con uno scontro sui dati: ‘Meno del 40% a Milano’. ‘Oltre il 60% in Italia’, ribatte l’Anm.
I magistrati hanno rivendicato il pieno diritto a scioperare, al pari degli altri cittadini, “come atto di coraggio in nome degli ideali in cui crediamo”, adducendo che la proposta Cartabia non ridurrà il contenzioso e denunciando che si “mette in discussione lo spirito del titolo IV della Costituzione, replicando per i tribunali gli errori di gerarchizzazione già commessi per le procure e confinando giudici e pubblici ministeri in due mondi separati e non comunicanti”.
La separazione delle carriere fra giudice e pubblico ministero, promossa per frenare la deriva giustizialista, secondo i critici, invece “non accorcerà di un giorno la durata dei processi ma cambierà radicalmente la figura del magistrato, in contrasto con quello che prevede la Costituzione”. “I magistrati si distinguono fra loro soltanto per le funzioni”. “Vogliamo un Pubblico Ministero terzo, che sia ancora il primo baluardo della Giurisdizione e non soltanto il rappresentante dell’Accusa e che sia libero di non avere, quindi, remore a chiedere l’assoluzione dell’imputato e a ricercare prove in suo favore, invece di dover temere e dolersi che la sua originaria ipotesi possa essere disattesa e così, addirittura, pregiudicare la sua carriera”, sostiene l’Anm. Dopo la riforma, invece sarà possibile passare da pm a giudice solo una volta, e solo durante i primi dieci anni della carriera. Si tratterebbe di una innovazione da introdurre comunque con legge costituzionale e non ordinaria, secondo le toghe, che attaccano merito e metodo. I giudici contestano anche la nuova elezione del Csm, che passa da 16 a 20 componenti, eletti attraverso un sistema binominale con correttivo proporzionale, per sanare la deriva correntizia, dice il governo, ma a detrimento della libertà associativa, secondo i magistrati. Altra questione contestata: “le pagelle ai magistrati” e il fascicolo di valutazione. Il Paese, evidenzia l’Anm, “ha bisogno di magistrati che vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità, di magistrati che si concentrino solo sulle decisioni che devono prendere, non sugli adempimenti burocratici e nemmeno sulle loro carriere, di magistrati liberi di giudicare serenamente, seguendo solo la loro coscienza, non di giudici impauriti delle ripercussioni personali delle loro decisioni”. Il “fascicolo di valutazione” diventerà fondamentale per l’avanzamento di carriera o nuovi incarichi del magistrato. I sostenitori della riforma lamentano anche l’eccessivo protagonismo dei pm e la giustizia-spettacolo, contro la quale la riforma impone di rispettare le regole sulla presunzione d’innocenza, approvate nel 2016 in Europa, limitando la libertà dei magistrati di parlare con la stampa e stabilendo che solo il procuratore può decidere quando organizzare conferenze stampa, l’unico modo in cui sarà possibile comunicare con gli organi di informazione, d’ora in avanti.
Altro elemento contestato, infine, è la nuova possibilità per gli avvocati, che ad oggi avevano solo un diritto di tribuna, di votare nei consigli giudiziari, potendo valutare i magistrati.


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