Lavoro

Scuola, oggi è sciopero nazionale. Sindacati compatti contro il decreto legge 36

A una settimana dalla fine della scuola va in scena lo sciopero nazionale dei docenti contro le novità introdotte dal governo con il decreto legge 36/22.

di Ilaria Paoletti -


A incrociare le braccia sono gli insegnanti e i lavoratori della scuola di Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief. A Roma la manifestazione nazionale, che si terrà in piazza Santi Apostoli. La mobilitazione, tuttavia, era stata preannunciata già ai primi del mese. Docenti in agitazione anche a Bari: mentre dalla Puglia sono partiti alla volta della Capitale una decina di bus, nel capoluogo pugliese una delegazione ha manifestato in via Sparano, mettendo in scena cinque flash mob. Quello di oggi è il primo sciopero unitario del settore dal 2015: i sindacati sono compatti contro gli stravolgimenti all’orizzonte sul tema della formazione, reclutamento, salario e carriera. “Oggi siamo con le lavoratrici ed i lavoratori della scuola in sciopero per rivendicare il diritto a un contratto con incrementi retributivi adeguati, formazione, progressioni, stabilità per i precari, investimenti seri. No al taglio di 9600 cattedre. Il dl 36 va cambiato”, ha scritto su Twitter il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. “La Uil confederale è al fianco della Uil scuola, delle lavoratrici e dei lavoratori del settore che oggi incrociano le braccia per rivendicare il principio dell’autonomia contrattuale, per difendere la dignità della professione e per ottenere una giusta valorizzazione del proprio lavoro”, scrive in una nota il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Il decreto 36, attualmente al Senato per la conversione in legge, contiene una parte dedicata alla formazione dei docenti e al nuovo sistema di reclutamento che si prefigge come obiettivo quello di sostituire le continue sanatorie degli anni scorsi. Secondo i sindacati, il governo “invade i campi della contrattazione in materia di reclutamento e formazione: capitoli che dovrebbero essere, appunto, regolati tra le parti”. “Quella disegnata dal decreto è una formazione tra l’altro finanziata con un cospicuo taglio di personale (10 mila unità), mentre le nuove modalità di reclutamento – oltre a dare un nuovo impulso al mercato dei crediti – non lasciano nessuna possibilità di stabilizzazione per i precari, quelli che da anni hanno permesso alle scuole di andare avanti. Il tutto, tradendo lo spirito del Patto per la scuola, siglato un anno fa, che invece ‘prometteva’ scelte condivise. Infine, sul contratto – rivendicano i sindacati, – le cifre stanziate sono assolutamente insufficienti per dare una risposta dignitosa all’impegno del personale della scuola”. “Si umiliano i precari con un nuovo sistema di reclutamento e gli si nega l’abilitazione. Un intervento da respingere, che io non chiamo nemmeno la riforma”, dice Francesco Sinopoli che guida la Flc Cgil. Unica voce fuori dal coro è quella dell’Anp, Associazione nazionale presidi: “Il ritornello è il solito: stabilizzare i precari, non considerando per nulla il diritto degli alunni ad avere insegnanti migliori, più preparati, più aggiornati”, dichiara Cristina Costarelli di Anp Lazio. “Si vuole evidentemente la distribuzione a pioggia di soldi per tutti. Più soldi per tutti ha un sapore populista senza utilizzare gli aumenti per restituire efficienza e premialità”, considera ancora Mario Rusconi di Anp Roma. Le richieste dei sindacati al governo sono quattro. La prima riguarda l’eliminazione dal decreto delle disposizioni che invadono il campo della contrattazione, dalla formazione agli aspetti economici e normativi che riguardano il rapporto di lavoro. La seconda esige di rivalutare nel nuovo contratto le retribuzioni: secondo i sindacati c’è bisogno di più risorse nella legge di Bilancio. La terza vuole maggiore stabilità nel lavoro e chiede di rafforzare gli organici evitando i tagli, attraverso un sistema di reclutamento che assicuri la copertura dei posti vacanti e preveda la chance di stabilizzazione per i precari. L’ultima istanza è quella che chiede di riconoscere la professionalità di chi lavora nella scuola e, di conseguenza, mettere in sicurezza gli edifici scolastici e ridurre gli alunni per classe. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, intervenendo da remoto proprio al convegno dell’Anp che si sta svolgendo a Torino, riferendosi allo sciopero della scuola dice: “Ho voluto essere a Roma oggi: è un momento delicato”. “Dobbiamo ripensare questi due anni di pandemia – ha detto Bianchi – la scuola è per definizione in presenza ed io in questi mesi ho voluto anche con alcuni contrasti riportare gli alunni a scuola”. “Noi abbiamo tre riforme da fare e il nocciolo è che il sistema deve essere basato sul concetto di autonomia, che è la capacità di costruire dal basso un sistema nazionale non significa che ognuno deve andare per conto proprio”. Per il ministro inoltre “serve una riflessione sull’organizzazione della scuola che prevede il ‘fine corsa’ a 14 e 18 anni e un obbligo a 16 anni”.


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