Se il colloquio te lo fa l’Ia
Si fa un gran parlare (spesso a sproposito) di come l’avvento dell’intelligenza artificiale possa mettere a rischio tantissimi posti di lavoro. C’è un aspetto dell’impiego dell’Ia nel mercato del lavoro che invece è parecchio interessante. L’innovazione tecnologica infatti sta trasformando profondamente il lavoro delle risorse umane. Se i social media erano già considerati strumenti avanzati di reclutamento, oggi a guidare il cambiamento sono soluzioni basate sull’Ia e machine learning, capaci di analizzare non solo competenze tecniche ma anche soft skill come le capacità comunicative e l’attitudine al lavoro di squadra, nonché la compatibilità culturale. Esistono delle piattaforme basate sull’Ia che sono istruite con i feedback dei selezionatori e con i dati sui candidati assunti, in grado di individuare in chi si sottopone ai “colloqui di lavoro” qualità come empatia, comunicazione e adattabilità, riducendo tempi e costi di selezione fino al 25 per cento. L’Ia non sostituisce i professionisti delle risorse umane – sia chiaro -, ma li supporta, liberandoli da attività ripetitive, in modo tale da potersi concentrare su decisioni strategiche. Tra l’altro. uno dei punti di forza di questi sistemi è che puntano ad una maggiore equità nel selezionare i candidati: basandosi su dati oggettivi, possono ridurre bias inconsci, mentre la procedura anonima della prima fase tutela i candidati. Sul fronte di chi si sottopone alla selezione poi c’è la possibilità di decidere di proseguire solo se l’offerta è almeno al 70 per cento in linea col proprio profilo. Questo meccanismo a doppio consenso evita perdite di tempo e migliora la qualità dell’incontro tra domanda e offerta. Ma soprattutto l’Ia rende visibili talenti “nascosti”, come professionisti con disabilità o figure altamente specializzate escluse dai canali tradizionali. Tuttavia ci sono delle criticità: se i dati di addestramento riflettono pregiudizi preesistenti, l’algoritmo rischia di replicarli, rafforzando discriminazioni invisibili. E questo vale per ogni impiego dell’Ia – dipende sempre da come viene istruita. Certo, un sistema di selezione di questo tipo taglia fuori qualità difficilmente misurabili, come la creatività o il cosiddetto pensiero laterale – l’Ia non si può sostituire al fattore umano. C’è sempre quel quid infatti che in un colloquio a volte ti dà l’illuminazione, laddove l’Ia non noterebbe niente di rilevante.
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