Editoriale

SE INTERCETTO PULCINELLA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Ma la cosa che lo sta mandando ai matti, il ministro garantista, è che il fatto che Alfredo Cospito parlasse con i mafiosi è il segreto di Pulcinella. Perché se è vero che unparlamentare poteva venire a conoscenza di quelle carte, per ora in Italia non esiste l’istituto dell’interrogazione a risposta privata. Cioè che tu torni a casa e spulci le carte del tuo coinquilino, che sta seduto al ministero, e poi vai in Aula alla Camera le rendi pubbliche.
Questo anche se l’intercettato è Pulcinella. Questo anche se llo sapeva mezzo parlamento, tre quarti della stampa italiana e i più bravi l’avevano anche scritto. Però, garantismo insegna, se si intercetta un segreto e qualcuno lo divulga, è un guaio grosso anche se il segreto è quello di Pulcinella. E non poteva che essere così. Basta usare la logica. Un detenuto condannato per crimini di matrice politica, come l’anarchico Cospito, finisce al 41bis. Al 41bis, in Italia, la stragrande maggioranza del detenuti sono boss mafiosi di Cosa Nostra, Camorra e ’Ndrangheta. A Sassari ce ne sono di celebri. La legge prevede che per la socialità un detenuto al 41bis faccia l’ora d’aria con un numero massimo di quattro persone. Ne deriva che da quando lo Stato ha adottato la misura restrittiva per Cospito, mettendo un criminale condannato per delitti di matrice politica insieme a capimafia e stragisti i suddetti parlino tra di loro per legge.
Ed ecco l’intercettazione di Pulcinella che sta mandando in tilt la maggioranza e che rischia di fare morti e feriti. In senso politico. Ecco che ciò che tutti sapevano diventa un grosso problema perché assume, si fa per dire, la vesta dell’ufficialità. E diventa un boomerang. Per cui avere detto in Parlamento, che si chiama così proprio perché almeno lì deve restare lecito parlare, quelle frasi scatena la rivolta della sinistra, che proprio perché sapeva già cosa stesse succedendo è andata a verificare di persona in carcere lo stato di salute di Cospito. Ed ecco che il ministro va in Aula e prende tempo. Si trincera dietro all’indagine interna. Lascia i due pupilli di Giorgia appesi a una decisione che il governo non ha ancora preso. E all’improvviso la sinistra ha, dopo tre mesi, uno spazio di manovra. E va dritta all’attacco del governo. Tutti i colpi contro il tallone d’Achille della maggioranza, che non sono i contenuti delle rivelazioni di Donzelli, ma il fatto stesso che lui – come uno scolaro che copia – le abbia recitati leggendole da un foglio. Un foglio che non doveva avere. E soprattutto non poteva divulgare.
Per il resto chi si sconvolge è fesso. Sono tutte cose ovvie, che si sapevano e si erano lette in ogni salsa, e che sono proprio la ragione per cui l’Italia – come sempre a babbo morto – si è trovata a discutere di tale Cospito, un anarchico qualunque che, grazie alla nostra sottovalutazione degli effetti distorti del 41bis, sta diventando senza una ragione precisa un nuovo mito degli insurrezionalisti di mezzo continente, lasciandosi morire in carcere per digiuno mentre ministri, maggioranze e opposizioni si scannano in parlamento su Donzelli e il di lui coinquilino.
La morale di questa storia è che i prigionieri sono gli italiani. Prigionieri di uno Stato che finisce per tirare sempre la palla in tribuna. E che si trova a difendere oggi un provvedimento di restrizione per Cospito, che alla luce degli ultimi fatti non può essere revocato, ma che se guardato nell’insieme della sua storia criminale è stato la decisione più sbagliata e dagli effetti più distorti che si potesse prendere. Decisione che da mesi ha portato a mescolare due crimini terribili ma diversi, l’insurrezione contro lo Stato e la mafia. Il segreto di Pulcinella che perfino Donzelli sapeva. Al punto da avere riferito in Parlamento. Ed essere ora lui l’anti-Stato.

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