Economia

Se la crisi aiuta L’EXPORT

di Giovanni Vasso -


Automotive, addio. Mentre (quasi) tutti gli indicatori dell’export nazionale e regionale salgono, quello del settore automobilistico continua a far segnare un desolante segno meno. E trascina verso il basso l’intero comparto delle esportazioni nazionali. Ora l’Italia si regge su beni energetici e medicine.
Rallenta l’export del Sud ma le emergenze fanno volare le esportazioni delle Isole e delle Marche. È uscito ieri mattina il nuovo report trimestrale dell’Istat sullo stato di salute delle esportazioni delle Regioni e dei territori italiani. Continua la crescita dell’economia verso il recupero del terreno perduto in pandemia ma sono le nuove emergenze a far crescere, talora addirittura a tre cifre, l’export dei territori italiani.
Il più importante balzo in avanti registratosi negli ultimi tre mesi, infatti, è quello delle Marche la cui quota di esportazioni, grazie al settore farmaceutico, è salita del +89,4 per cento. Sull’anno resta rilevantissimo il salto in avanti registrato da Sicilia (66,7) e Sardegna (73,9) che si attesta sul +69,2 per cento e che è risulta letteralmente trascinato dall’impennata delle vendite e dei prezzi dei beni energetici. Su base trimestrale, la crescita sale ovunque tranne che nel Sud continentale e proprio nelle isole dove, invece, perde addirittura quota (-0,6). Bene il dato del Nord Ovest, che aumenta del 2% e del Nord Est (+1,8). Clamorosa avanzata del Centro Italia dovuta all’importantissima performance marchigiana (+3,9%). Sud e isole (-0,6%).
I dati più lusinghieri e “pesanti” per l’export nazionale arrivano dalla Lombardia che, da sola, contribuisce all’interno export nazionale per 5,4 punti percentuali. La Regione ha visto aumentare i commerci verso gli Stati Uniti (+37,5%), Svizzera (33,2%), Spagna (28,4%) e Germania (24,1%). L’ottimo dato delle Marche è dovuto specialmente all’intensificarsi dei rapporti commerciali con il Belgio (+391%). L’Emilia Romagna perde quote di mercato in Giappone (-15,9%) ma fa faville negli Usa (+44,8%). Male, malissimo l’export del Friuli Venezia Giulia verso la Svizzera (-72%) e del Veneto (-12%). Incide, negativamente, anche il blocco dei traffici verso la Russia che “costano” alla Lombardia nell’ordine del 22,5% dei volumi e al Piemonte del 37,4%.
La top ten delle province italiane in ottica export è dominata da Milano, seguita dalle “sorprese” Ascoli Piceno e Siracusa. Fuori dal podio ci sono Torino, Brescia, Cagliari, Vicenza, Modena, Bergamo e Bologna.
Il trend, per i primi nove mesi del 2022, dunque, inizia a delineare la trasformazione dell’export dell’Italia. Il Made in Italy sta cambiando, eccome. La crescita dell’export è dovuta, per ben 3,7 punti percentuali, alle vendite di articoli farmaceutici e chimico-medicinali, nonché botanici da Marche e Lazio a cui si devono sommare quelle di metalli di base e prodotti in metallo da Lombardia e Veneto. Gli ulteriori 1,9 punti arrivano dalle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati da Sicilia e Sardegna. L’Automotive, una volta fiore all’occhiello delle esportazioni e del Made in Italy, stanno diventando una zavorra. Secondo l’Istat, infatti, la contrazione degli affari pesa per lo 0,6% sulle variazioni delle esportazioni. Il caso clamoroso del Molise è la controprova di una crisi che appare gravissima. Si tratta, infatti, dell’unica Regione italiana che resta a bocca asciutta e, anzi, fa registrare un autentico tracollo nell’export pari al 12,9%.


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