Se le euro toghe si sostituiscono al governo Meloni
La Corte di Giustizia dell’Ue entra a gamba tesa contro il governo italiano: uno Stato membro – dice – non può designare un Paese terzo come “sicuro” se non garantisce tutela a tutte le categorie di persone. La sentenza, nata da un ricorso di due migranti bengalesi rimpatriati dall’Italia, è un assist all’Anm – che infatti gongola – e delegittima l’autorità del governo nello stilare autonomamente l’elenco dei Paesi sicuri. In sostanza la Corte dice che sta ai giudici italiani e non all’esecutivo stabilire quale siano i Paesi sicuri. Palazzo Chigi giustamente accusa la Corte di invadere il campo della politica migratoria e di indebolire le strategie contro l’immigrazione illegale. La tempistica della sentenza, poi, è a orologeria: arriva proprio mentre la Meloni era a Istanbul a un trilaterale sulle politiche migratorie. E arriva a ridosso dell’entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, che peraltro introduce regole più rigide. Il danno è grave: attribuisce ai singoli giudici poteri che invece sono politici e ostacola un meccanismo efficace nel contrasto dell’immigrazione clandestina.
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