Seal Team Six: ombre di un fallimento in Corea del Nord
Seal Team Six, incursione notturna in Corea del Nord: fallimento totale e segreti insabbiati per anni?
Seal. È con questa parola che si apre una delle vicende più oscure degli ultimi anni nelle operazioni segrete statunitensi. L’eco del nome Seal Team Six, leggendario reparto d’élite dei Navy SEAL, evoca imprese impossibili, incursioni chirurgiche e operazioni coperte dal massimo livello di segretezza. Ma dietro l’aura mitica si cela un episodio che, per la sua gravità e il suo silenzio forzato, sembra più vicino a un incubo che a un’azione eroica.
Il cuore nero della missione
Era l’inizio del 2019 quando il Seal Team Six ricevette l’ordine: penetrare nelle acque proibite della Corea del Nord per piantare un dispositivo di ascolto, capace di intercettare le comunicazioni più intime del regime. Un’operazione rischiosa, che richiedeva precisione assoluta. L’autorizzazione, secondo più fonti, portava la firma diretta dell’allora presidente Donald Trump.
In piena notte, con mini-sommergibili e strumenti di sopravvivenza all’avanguardia, i Seal si mossero come ombre verso la costa. Nessun drone a proteggerli, nessun occhio elettronico a guidarli. Solo silenzio e oscurità.
Lo scontro inatteso
Improvvisamente, dalle acque quiete emerse una barca. Non militari, non guardie di confine, ma civili intenti a raccogliere crostacei. I Seal, convinti di trovarsi scoperti, aprirono il fuoco. Il destino si compì in pochi istanti: vite innocenti stroncate, testimoni scomodi eliminati. L’orrore non finì lì. Secondo ricostruzioni inquietanti, i corpi vennero manipolati, i polmoni perforati per impedire che riemergessero, le acque del mare trasformate in tomba segreta. Nessuna traccia, nessuna confessione, solo il buio e silenzio.
Ombre sul potere
La missione fu abbandonata. Nessun dispositivo installato, nessun risultato tangibile. Il Congresso non venne informato. L’operazione rimase nell’ombra, sottratta al controllo democratico. Eppure, all’interno del Pentagono, una revisione considerò l’azione coerente con le regole d’ingaggio. Alcuni membri del reparto ricevettero perfino una promozione.
Trump, chiamato in causa anni dopo, negò di sapere alcunché. “Non ne so nulla”, dichiarò. Ma i documenti e le testimonianze raccontano una realtà diversa, in cui i Seal furono strumenti di una decisione politica tanto ardita quanto fallimentare.
Seal Team Six: il volto segreto delle operazioni americane
Il Seal Team Six, oggi conosciuto come DEVGRU (Naval Special Warfare Development Group), è una delle unità più segrete e letali degli Stati Uniti. Nato all’inizio degli anni ’80 dopo la crisi degli ostaggi in Iran, fu creato dall’ammiraglio Richard Marcinko per condurre missioni impossibili. Il numero “Six” fu scelto per ingannare i sovietici, facendo credere che esistessero più squadre SEAL di quante realmente operative.
Reclutamento e addestramento
Non ci si arruola direttamente nei Seal Six: solo i migliori tra i Navy SEAL, dopo anni di esperienza e selezioni durissime, possono sperare di entrare. L’addestramento è leggendario: immersioni profonde, paracadutismo militare, combattimento ravvicinato, esplosivi, operazioni clandestine e lingue straniere. Meno dell’1% dei candidati viene accettato.
Missioni e mito
Il Seal Team Six è stato protagonista di azioni destinate a restare nella storia: tra tutte, l’operazione Neptune Spear del 2011, che portò all’uccisione di Osama bin Laden in Pakistan. Ma le loro attività spaziano da Afghanistan a Somalia, da Iraq a teatri mai ufficialmente confermati.
Segretezza e controversie
La loro esistenza è avvolta dal silenzio: molte missioni non vengono riconosciute e restano nell’ombra. Negli anni non sono mancate accuse di brutalità e di operazioni oltre i limiti della legalità, ma ogni volta la segretezza ha protetto la squadra.
Il Seal Team Six rimane il simbolo stesso della guerra segreta: metà leggenda, metà ombra. Un reparto che agisce dove la diplomazia tace e dove la linea tra eroismo e oscurità si fa sottilissima.
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