I dati Fim-Cisl: nuovo flop per la produzione italiana, i nodi Maserati e Termoli
GRUPPO STELLANTIS
AZIENDA CASA AUTOMOBILISTICA
STABILIMENTO AUTOMOBILISTICO
PRODUZIONE AUTOVEICOLI AUTO AUTOMOBILI MACCHINE
AUTO AUTOMOBILE MACCHINA
CATENA DI MONTAGGIO OPERAI OPERAIO INDUSTRIA JEEP FABBRICA
Semestre nero per Stellantis: la Fim-Cisl snocciola i dati della produzione per la prima parte dell’anno e i numeri non sembrano affatto positivi. Ma oltre alle cifre c’è un altro (grave) timore che turba i sonni dei lavoratori, oltre all’ormai “eterno” caso Maserati: che fine ha fatto la gigafactory di Termoli, quella che avrebbe dovuto fornire batterie per auto elettriche a supporto della produzione italiana? L’incubo sarebbe quello di aver chiacchierato, pianificato, pontificato per anni senza poi ottenere nulla di concreto. E, per l’Italia, si tratterebbe di un’altra occasione persa, l’ennesimo grande investimento che va in fumo lasciando macerie. Non solo in termini di occupazione ma, soprattutto, di innovazione e di strategicità.
La Fim Cisl dà, per primi, i dati sui livelli che restituiscono il quadro di un autentico semestre nero per Stellantis. La produzione di autovetture è scesa di un terzo (-33,6%), quella dei veicoli in generale è calata di oltre un quarto (-26,9%). I veicoli commerciali, invece, reggono se così si può dire di fronte a cifre che danno i brividi: -16,3 per cento. In buona sostanza, rispetto al 2024 che già di per sé era stato un anno non proprio brillante per il gruppo italofrancese, si è persa la produzione di 123.905 autovetture e di 97.980 veicoli commerciali. Se tutto andrà bene, dalle fabbriche italiane usciranno 440mila prodotti, di cui 250mila auto. Già, perché i segnali non sembrano granché positivi ai sindacalisti. Si continua a scontare, e lo si farà per tutto il resto del 2025, il limite della politica che, poi, è costata il posto all’ex Ceo Carlos Tavares. Ma fino a quando gli impegni assunti in sede istituzionale non saranno effettivamente mantenuti e verificati e, inoltre, fino a che non inizierà la produzione dei nuovi modelli assegnati agli stabilimenti italiani, il timore è che il gruppo possa tornare a fare ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. E, di sicuro, non hanno rassicurato le parole del dirigente Jean Philippe Imparato che, deplorando una sorta di integralismo del Green Deal, ha ipotizzato chiusure a raffica se “non cambieranno le cose”.
Tuttavia c’è chi, come l’Ugl Metalmeccanici, si sforza di guardare al bicchiere mezzo pieno. E saluta con soddisfazione la notizia secondo cui, a Mirafiori, sbarcherà la produzione della nuova 500 Hybrid. “Una doppia rinascita, la nuova auto – ha detto Antonio Spera segretario nazionale della sigla – è un prodotto strategico che da tempo chiedevamo venisse sviluppato proprio a Torino”. Questa la vicenda, dunque, rispetto alla produzione. Ma ci sono (almeno) altre due questioni a rimanere aperte. La prima riguarda il destino di Maserati, la seconda è sul futuro di Termoli. A proposito del Tridente, per Ferdinando Uliano segretario Fim-Cisl, “la situazione produttiva a Modena resta estremamente critica”. Solo 45 auto, in sei mesi, sono uscite dallo stabilimento a fronte di soli undici giorni produttivi effettivi. Una speranza è nella decisione di “trasferire, a partire dall’ultimo trimestre del 2025, l’assemblaggio delle Maserati GranTurismo e GranCabrio nello stabilimento di Modena”. Scelta che per Uliano “dovrebbe, in prospettiva dovrebbe ridurre l’utilizzo ed in prospettiva azzerare il ricorso agli ammortizzatori sociali”. Resta poi aperta la grande questione della gigafactory di Termoli. “La decisione di sospendere l’investimento per la Gigafactory di Termoli, destinata alla produzione di batterie, rappresenta per noi un fatto estremamente grave. Entro il primo semestre del 2025, Stellantis e Acc avrebbero dovuto sciogliere le riserve sull’avvio dell’investimento, ma a oggi non abbiamo ricevuto alcun riscontro, e temiamo uno stop definitivo. Per questo motivo abbiamo chiesto con urgenza un incontro al Mimit”. Ma non è tutto: “Rinunciare a questo investimento – sottolinea Uliano – significa negare una prospettiva industriale e mettere a rischio occupazionale circa 1.950 lavoratori dello stabilimento e il tessuto produttivo del territorio molisano. Un investimento strategico, indispensabile per garantire la tenuta della filiera automotive italiana nella transizione verso l’elettrico. Ribadiamo la richiesta al Governo italiano di intervenire con forza affinché Stellantis confermi l’investimento nella Gigafactory, strategico per il futuro non solo di Termoli, ma dell’intera filiera automotive nazionale o individui altre attività produttive da assegnare allo stabilimento”.