Esteri

Shanghai esce dall’inferno del lockdown

Due mesi di confinamento hanno provocato gravi danni psicologici ed economici dimostrando non solo l’inefficacia ma il disastro di una simile misura

di Federico Cenci -


Alla mezzanotte di oggi a Shanghai si vivranno le stesse sensazioni che si vivono quando finisce una guerra. Così come al termine di un evento bellico, infatti, l’uscita da due mesi di lockdown sarà la fine di un incubo ma lascerà aperte delle dolorose ferite sul tessuto sociale ed economico. Il rigido regime restrittivo ha messo a dura prova la tenuta mentale dei residenti, ha spinto molti al suicidio, ha reso difficile il reperimento dei generi alimentari, ha smantellato posti di lavoro e messo in ginocchio l’economia. Eloquenti i video provenienti dalla più popolosa città al mondo (26 milioni di abitanti) che mostravano gente urlare la propria disperazione dalle finestre di casa, gruppi di persone forzare i cordoni di sicurezza in strada e singoli che si lanciavano dai grattacieli.

L’allentamento delle restrizioni riguarderà soltanto i residenti nelle aree considerate a minor rischio Covid: circa 22,5 milioni di persone. Costoro non saranno più costretti a usare i pass validi per un’uscita quotidiana a tempo limitato e potranno tornare al lavoro. Dovranno comunque continuare a usare le mascherine e sarà loro vietato radunarsi e mangiare all’interno dei ristoranti. Inoltre potranno prendere i mezzi o entrare nei luoghi pubblici solo se si sottoporranno a un tampone ogni 72 ore. Ieri i casi di Covid segnalati a Shanghai sono stati 31, in calo rispetto ai 67 del giorno prima. Il picco il 16 aprile scorso, con 3.240 nuovi casi (lo 0,12 per cento circa del totale degli abitanti della città). Per avere una misura, basti pensare che nello stesso giorno in Italia i casi furono 64.533 (l’1 per cento circa del totale degli abitanti del Paese). Il confronto dimostra come la misura del lockdown sia stata quantomeno sproporzionata.

O meglio, più che sproporzionata è stata deleteria. Solo in termini di salute mentale, è indicativo il dato di un blog locale ripreso dal Washington Post secondo cui due residenti su cinque hanno riportato sintomi di depressione. Che il confinamento tra le mura domestiche possa provocare seri problemi psicologici lo aveva già dimostrato Wuhan, la città cinese sottoposta a lockdown – prima al mondo a farlo -per 76 giorni tra gennaio e febbraio 2020: in quel periodo il numero di persone che si sono suicidate è aumentato di circa due terzi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. George Hu, capo della Shanghai International Mental Health Association, ha riferito al Washington Post che “un blocco di questa portata è praticamente senza precedenti al mondo”. Secondo l’esperto, l’impatto sulla popolazione è stato maggiore rispetto a quanto avvenuto a Wuhan oltre due anni prima, in quanto la popolazione non ha dato un senso a una misura talmente esagerata. Hu e i suoi colleghi hanno attraversato strade deserte per garantire che i pazienti con malattie mentali diagnosticate avessero accesso ai farmaci.

Gli strascichi psicologici resteranno, sommandosi a quelli economici: come riporta Bloomberg, la produzione industriale e la spesa per consumi ad aprile sono scese a livelli peggiori rispetto a quelli all’inizio della pandemia nel 2020. Il traffico aereo è crollato del 90,7 per cento. Secondo i dati dell’Agenzia di Statistica di Shanghai, ripresi da Fortune, la produzione industriale della città è diminuita del 61,5 per cento ad aprile rispetto all’anno precedente. Le vendite al dettaglio sono scese del 48,3 per cento nello stesso periodo. L’economia della città è cresciuta di appena il 3,1 per cento nel primo trimestre del 2022, al di sotto del suo obiettivo del 5,5 per cento. È per questo che le autorità hanno messo in atto un pacchetto di cinquanta misure in favore delle aziende al fine di rilanciare l’economia. Ma il blocco di Shanghai ha avuto ripercussioni anche sul resto del Paese: gli economisti del Gruppo Russell hanno stimato che il lockdown di Shanghai sia costato al commercio globale circa 28 miliardi di dollari, e che abbia fatto diminuire le esportazioni di tessuti e automobili. Di qui l’aumento della domanda di importazioni di prodotti anche alimentari.


Torna alle notizie in home