Esteri

Siria, la partita di Trump con la Turchia di Erdogan (a suon di F35)

Sugli aerei da guerra parla l'ambasciatore Usa: “Credo che avremo una soluzione entro la fine dell’anno”

di Monica Mistretta -


La Turchia è vicina ad ottenere gli F35 stealth americani, i caccia da combattimento di quinta generazione progettati per eludere i radar. Ieri Tom Barrak, ambasciatore statunitense in Turchia, in un’intervista all’agenzia di stato turca Anadolu ha anticipato che Trump e il presidente Recep Tayyip Erdogan sono prossimi a superare le sanzioni che dal 2020 impediscono ad Ankara di acquistare gli avanzati jet militari.

Credo che avremo una soluzione entro la fine dell’anno, ha dichiarato l’ambasciatore statunitense. Le sanzioni americane erano scattate dopo che la Turchia, Paese Nato, aveva acquistato il sistema avanzato di difesa missilistico russo S-400. Le dichiarazioni di Tom Barrak, che è anche inviato speciale per la Siria, rappresentano il primo capitolo di una vera e propria corsa agli armamenti, che sta investendo il Medio Oriente dopo la guerra Israele e Iran. E nessun Paese, come la Turchia, ha osservato con maggior preoccupazione le performance delle difese missilistiche e degli F35 nemici.

Non è tanto Gaza, dove Erdogan è schierato con i palestinesi di Hamas, a creare tensioni con Gerusalemme, quanto piuttosto la Siria. Ankara, che è il più forte sostenitore del governo di Ahmad al Shara, ha più volte tentato di stabilire una base militare nella provincia centrale di Palmira, a 250 chilometri a nord di Damasco. E più volte Israele ha bombardato l’area. L’ultimo episodio risale a marzo del 2025, quando l’attacco è arrivato poco prima che i militari turchi si preparassero a prendere possesso della base militare T4. La tensione ha raggiunto livelli così alti che i due Paesi, sotto pressione americana, in aprile hanno dovuto aprire un canale di dialogo diretto a Baku, in Azerbaijan. Ma la questione è ancora aperta

La questione degli F35 per la Turchia “una spina nel fianco”

L’industria della Difesa israeliana, con le sue connessioni statunitensi, è più che fiorente, ma quella turca non è da meno. Il budget della difesa di Ankara nel 2024 è stato di 45 bilioni di dollari. Nello stesso anno le esportazioni di armi hanno raggiunto un volume di oltre 7 bilioni di dollari: due droni su tre venduti nel mondo sono di produzione turca. Ankara è anche uno dei leader globali nei carri armati. La questione dei caccia F35, però, è una vera e propria spina nel fianco, che Erdogan ha cercato a più riprese di affrontare con le amministrazioni americane. L’ultima risale a pochi giorni fa, quando il presidente turco ha incontrato Trump ai margini del vertice Nato.

Erdogan, intanto, guarda all’Europa, che è pronta a rispondere. La Turchia si affaccia, oltre che sui conflitti mediorientali, su uno dei punti più caldi della guerra in Ucraina: il Mar Nero, porta del Mediterraneo. Non per nulla è a Istanbul che si sono tenuti i primi colloqui diretti tra russi e ucraini a maggio e giugno. I quotidiani tedeschi parlano di un accordo da 5 bilioni di dollari con la Turchia per la vendita di caccia Eurofighter Typhoon. Berlino è disposta a chiudere un occhio sul pugno duro di Erdogan con dissidenti e giornalisti e si prepara ad annullare le sanzioni contro Ankara.

Gerusalemme osserva, ma difficilmente resterà neutrale. I cieli della Siria si sono rivelati preziosi per la sua aviazione, che li ha utilizzati per 12 giorni nel corso dell’attacco all’Iran. I bombardamenti di marzo nell’area di Palmyra hanno evitato, secondo l’agenzia Reuters, il dispiegamento dei sistemi missilistici turchi nell’area. E, in questa prospettiva, assumono nuova luce. Una guerra silenziosa, non dichiarata, è iniziata da tempo in Siria. Erdogan può giocare la carta del presidente siriano Al-Shara, suo alleato, e delle milizie filo turche nel Nord, Israele può contare sui curdi delle Forze Democratiche Siriane ad Est e sui Drusi al Sud, dove ha occupato una zona cuscinetto. Trump sta cercando di navigare le acque siriane con la carta degli accordi di Abramo, promettendo bilioni di dollari per la ricostruzione del Paese, ma anche Erdogan vorrà la sua contropartita. E forse la promessa dei caccia F35 è parte del gioco.


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