Slovenia prima in Ue a vietare ingresso a ministri Israele
Svolta nelle relazioni con Israele, il Paese guidato da Robert Golob fa da solo dopo l'incertezza Ue
I due ministri israeliani
La Slovenia è il primo Paese dell’Unione Europea ad aver imposto un divieto di ingresso e status di personae non gratae a due ministri del governo israeliano: Bezalel Smotrich (Finanze) e Itamar Ben Gvir (Sicurezza Nazionale). La misura, definita “senza precedenti” nell’Ue, è stata annunciata ufficialmente e riguarda esponenti di due partiti di estrema destra israeliana, noti per posizioni ultranazionaliste e religiose radicali.
Il perché del divieto di ingresso in Slovenia
La decisione slovena è stata motivata dalle dichiarazioni pubbliche dei due ministri, accusati dalle autorità di Lubiana di aver “incitato alla violenza estrema” e di aver commesso “gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi”, in particolare attraverso ciò che la Slovenia ha definito “dichiarazioni genocide”.
Il governo sloveno, attraverso la ministra degli Esteri Tanja Fajon, ha chiarito che si tratta di una misura volta a esercitare pressione sull’esecutivo israeliano, dopo che non è stato raggiunto un accordo a livello europeo su azioni più incisive.
La svolta nelle relazioni con Israele
La Slovenia aveva già riconosciuto la Palestina come Stato indipendente, posizionandosi come uno dei Paesi più critici verso le politiche israeliane in Europa. Il premier Robert Golob aveva esortato l’Ue ad agire contro Israele e, in assenza di una risposta comunitaria, ha deciso di procedere unilateralmente.
La decisione è stata presa autonomamente dal governo sloveno, nonostante i tentativi di coordinamento europeo. Lubiana aveva chiarito di essere pronta ad agire da sola se l’Ue non avesse preso provvedimenti concreti.
La misura rappresenta una svolta nelle relazioni Slovenia-Israele e un segnale forte di disaccordo con le politiche dell’attuale governo israeliano, riflettendo tensioni più ampie tra Europa e Israele sulla questione palestinese.
Sanzioni contro Ben-Gvir e Smotrich erano già state adottate a metà giugno da Canada, Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Norvegia, anche se nella dichiarazione congiunta dei cinque Paesi veniva menzionato l’incitamento alla violenza contro i palestinesi in Cisgiordania, senza però citare Gaza.
L’incertezza dell’Europa, Italia contraria
Nel maggio scorso i Paesi Bassi, avevano chiamato a raccolta gli altri governi e l’esecutivo Ue per valutare l’attivazione dell’articolo 2 dell’accordo di associazione – che vincola i rapporti bilaterali al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici – come reazione al blocco degli aiuti a Gaza.
Questa proposta era stata sposata nel complesso da 17 Paesi, guidati – oltre che dall’Olanda – da Spagna, Francia, Irlanda e Slovenia. L’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la sicurezza Kaja Kallas proponeva di fatto di bloccare la cooperazione fornendo un segnale forte anche sul piano economico, considerata la relazione commerciale da oltre 46 miliardi di euro.
Si erano detti contrari tre Paesi: Italia, Germania e Ungheria. E, con toni più sfumati, pure Austria, Ungheria e Repubblica Ceca.
Poi, il 15 luglio, l’Ue ha deciso di non sospendere l’accordo di Associazione Ue-Israele bocciando la proposta di Kallas di adottare dieci opzioni per azioni contro Israele.
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