Cronaca

Inchiesta sui soccorsi, i ragazzi sul fiume si potevano salvare?

di Ivano Tolettini -


Le immagini degli ultimi istanti di vita di Patrizia, Bianca e Cristian sono una pugnalata nei nostri occhi. I tre potevano essere salvati dalla furia del fiume Natisone in piena se i soccorsi fossero stati più coordinati dopo l’allarme delle 13.29 di venerdì 31 maggio? Il buco di quasi mezz’ora, dalla richiesta dell’intervento dell’elicottero del 115 di Venezia, a quando sono intervenuti i pompieri di Udine perché il livello del fiume saliva in modo vertiginoso e bisognava fare presto, poteva essere gestito dai soccorritori con più professionalità? Insomma, i ragazzi annegati sono le vittime di un omicidio colposo, come ipotizza in termini generici – visto che l’ipotesi per ora è contro ignoti – la Procura della Repubblica di Udine, oppure l’evento atmosferico è stato talmente eccezionale che non si può imputare nulla alla catena dei soccorsi, visto che i tre ragazzi, a loro insaputa, si erano posti in una posizione di pericolo e l’imponderabile ha giocato un ruolo decisivo? Sono le domande cui vuole rispondere l’inchiesta coordinata dal Procuratore Massimo Lia, che ieri ha incontrato i giornalisti.
Il grido di dolore della madre di Patrizia si trasforma in un’inchiesta. “Nostra figlia era bravissima. Siamo stati orgogliosi di lei, era la nostra gioia. Andava a lavorare, a studiare, a divertirsi, sapeva dire «mamma ti amo». Ogni giorno mi scriveva su whatsapp «mamma ti amo, ti voglio bene». Era sempre con noi”, ripete Micaela, mamma di Patrizia Cormos, la ventenne che aveva appena dato un esame all’università. “Secondo me – spiega la donna inconsolabile – si sarebbe potuta salvare, anche da sola. L’ho portata ad imparare a nuotare, perché le dicevo che se ti trovi al mare o in una piscina devi riuscire a venire a galla. Quel giorno ha aspettato la sua amica Bianca perché non sapeva nuotare. I carabinieri mi hanno detto che mia figlia ha chiamato il 112. Quello che mi sto chiedendo è in che mondo viviamo. Tutti a fare foto e video e nessuno ad andare dentro a salvare tre vite. Siamo presi per i video, per i like e avere tutto ma non per salvare tre ragazzi giovanissimi”.
La ventenne Patrizia e gli amici romeni Bianca Doros e Cristian Molnar, rispettivamente di 23 e 25 anni, sono trascinati dal Natisone in un arco temporale di mezz’ora: dalla quiete all’impeto tumultuoso del fiume. Lo spiega ai giornalisti il Procuratore Lia nel corso della conferenza stampa di ieri. “Erano all’asciutto a Premariacco beach, com’è chiamata, – racconta l’autista dello scuolabus che transitava sul ponte soprastante -, ma già nel panico. Si vedeva che non sapevano cosa fare. Li separava dall’argine solo un tratto di un paio di metri d’acqua, fondo al massimo fino all’altezza del loro busto. Non se la sono sentiti di guadare e sono arretrati fino al centro del letto del fiume”. Alle 13.29, dunque, la chiamata al 112. La prima delle quattro. A comporre il numero è Patrizia. All’ultima non ottiene risposta. Il militare del 112 dirotta la richiesta ai vigili del fuoco di Udine, che inviano d’urgenza l’equipaggio più vicino, mettendo in preallarme i sommozzatori. Dall’aeroporto di Venezia si alza in volo Drago, l’elicottero utilizzato per i soccorsi. I primi ad arrivare sono i pompieri di Udine. Si ancorano sull’autoscala e si calano dal ponte per cercare di raggiungere i tre ragazzi. Inutilmente. Anche un vigile del fuoco si tuffa, ma la corrente del Natisone non gli permette di avvicinarsi ed esce. Nell’attesa di Drago, si alza in volo anche l’elicottero sanitario Sores FVG con un tecnico del soccorso alpino, ma non è in grado di soccorrere i giovani. Sono otto i minuti che impiega per arrivare a Premariacco. I corpi delle ragazze sono ritrovati il 3 giugno. Sono morte per asfissia da annegamento e politraumi. Di quello di Cristian per ora non c’è traccia. I tre giovani si potevano salvare? C’è qualcuno che in buona fede ha sbagliato nel tentativo di soccorso? L’inchiesta lo accerterà. “Ci stringiamo alle famiglie per testimoniare l’affetto e la solidarietà a nome di Udine e di tutto il Friuli per questa tragedia”, afferma ieri il sindaco Alberto De Toni all’uscita della camera ardente allestita con le salme di Patrizia e Bianca vestite da sposa.


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