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Social, gaming e metaverso: cosa ne sanno le famiglie italiane

di Redazione -


Nuovi rischi della trasformazione digitale per le famiglie italiane. Arrivano da social network, gaming, metaverso. Un’ampia ricerca li mette in luce, realizzata da BVA Doxa Kids per Telefono Azzurro in occasione del Safer Internet Day. Apre uno spaccato delle percezioni dei giovani tra i 12 e i 18 anni e dei loro genitori.

Globalmente, emerge una consapevolezza dei rischi da parte dei ragazzi, spesso maggiore di quella dei loro genitori. Colpisce inoltre il ruolo attivo che i giovani chiedono di poter utilmente giocare nei confronti di istituzioni e aziende per aiutarle a rendere Internet un luogo più sicuro.

Diversificata, la sintesi dei risultati.

Il gaming online è una tematica emergente. In particolare, il cosiddetto ‘binge-gaming’, l’uso compulsivo dei videogiochi. Oltre la metà dei giovanissimi (53%) gioca online da 1 a 3 ore al giorno. E il 35% dei giovani a effettuato acquisti mentre giocava, comprando prevalentemente skin, funzioni, strumenti di personalizzazione da collezionare e scambiare con gli amici, oppure vite e livelli per poter continuare a giocare. Giocando online, al 30% del campione globale è capitato di conoscere persone nuove (al 32% dei giovani dai 12 ai 14 anni e al 29% di quelli da 15 a 18). Importante sottolineare come il gaming online può essere anche causa di frustrazione: il 13% è stato escluso dal gioco perché non ne ha raggiunto gli obiettivi, mentre al 10% è successo di essere stato preso in giro e al 7% di prendere in giro qualcun altro. Altro dato preoccupante: ben il 38% dei giovani ha dichiarato di conoscere qualcuno che gioca online pur avendo un’età inferiore a quella raccomandata.

Ma il gaming può anche essere positivo. Tra le competenze acquisite, le risposte più gettonate sono velocità di riflessi (39%), ragionamento logico (28%), pianificazione dell’azione (18%). Sulle prime due competenze sono d’accordo anche i genitori con percentuali di risposte simili (41% e 31%), che però al terzo posto collocano l’entrare in relazione con gli altri (24%).

Al primo posto tra le paure dei genitori per i rischi online c’è il pericolo che possano essere adescati online da parte di adulti con scopi sessuali (63%), seguita dal rischio che i figli ricevano insulti o siano vittime di bullismo (38%), partecipino a challenge pericolose (29%), ricevano la richiesta di invio di foto provocanti da parte dei coetanei (25%), accedano a contenuti pornografici (24%), siano esposti a contenuti che esaltano l’anoressia, l’autolesionismo o il suicidio (22%), condividano informazioni personali (21%), vedano immagini violente o dramamtiche (14%), postino qualcosa di impulso per poi pentirsene (13%), accedano a materiali che inneggiano al razzismo o al sessismo (12%), condividano una loro foto senza permesso (12%). In misura minore, i genitori temono che i figli scommettano denaro, facciano troppi acquisti, postino foto quando sono ubriachi.

Un cambio di passo c’è riguardo all’uso del denaro. Il 43% dei giovani intervistati ha fatto o fa acquisti online in autonomia, il 25% usando la carta di credito dei genitori con la loro autorizzazione (cosa riconosciuta dal 28% dei genitori). Solo il 4% l’ha usata senza che i genitori lo sapessero. E il 41% dei genitori ha dichiarato di fare spesso acquisti online insieme ai figli, il 52% di farlo raramente. Solo il 6% dice di non farlo mai. Si vuole parlare dell’uso del denaro da subito. I ragazzi intervistati (25,3%) pensano che si debba iniziare a parlare di denaro e del suo utilizzo a partire dagli 11 anni, mentre il 23% ritiene che l’età giusta siano i 13 anni e il 19% che bisognerebbe affrontare il tema già dai 9 anni. Più i ragazzi sono piccoli, più ritengono che sia importante parlarne a partire da un’età inferiore. Il 43% dei genitori ritiene invece che l’età giusta per iniziare a parlare di denaro online con i figli sia tra i 6 e i 9 anni. Per il 38% tra gli 11 e i 13 anni. Il 53% dei genitori afferma di parlare spesso di utilizzo del denaro con i figli, il 43% solo qualche volta.

Il metaverso, questo sconosciuto. È una realtà virtuale in cui è possibile connettersi attraverso un ologramma/avatar di sé. Tramite esso si può interagire con gli altri, anche in luoghi diversi da quello in cui si vive e con persone che vivono molto lontano. Le esperienze fatte in questa realtà virtuale possono essere molto realistiche. La sua conoscenza è scarsa. Alla domanda “sai cos’è il metaverso?”, il 57% del campione giovani ha risposto di no, il 33% di averne una conoscenza generica e solo il 10% ha dichiarato di sapere di cosa si tratta. Il 55% ha dichiarato di essere interessato a saperne di più. E s​Solo il 17% dei genitori ha dichiarato di sapere cos’è il metaverso, il 37% di averne solo una conoscenza generica e ben il 46% di non sapere di cosa si tratti. Il 59% del totale dei genitori intervistati è interessato a saperne di più. Più della metà dei giovani (52%) ritiene che il metaverso non avrà un impatto significativo sulla vita delle persone; il 25% ritiene che peggiorerà la vita, il 19% che la migliorerà. Solo per il 15% dei genitori il metaverso migliorerà la vita delle persone, per il 42% non avrà alcun impatto, mentre per il 43% la peggiorerà. Poi, al totale del campione giovani è stato chiesto in quali aree ritengono che il metaverso potrà essere più utile per le persone. La prime risposte citate sono state, nell’ordine: gioco (23%), svago (13%), interazioni amicali (12%), apprendimento e studio (11%), lavoro (8%), salute (7%), relazioni sentimentali (3%). Per i genitori, al primo posto c’è lo svago (18%), seguito dal gioco (16%), da apprendimento e studio (13%), interazioni amicali (9%), lavoro (9%), salute (7%), relazioni sentimentali (3%). Interessante la percentuale di chi ritiene che il metaverso non serva a nulla: 23% delle risposte (giovani) e 26% (genitori).

C’è poi il capitolo opportunità offerte dal metaverso. Al primo posto – nelle risposte dei giovani – c’è che permetterebbe di vivere tante esperienze diverse (32%), seguito dal fatto che potrebbe garantire socialità e incontri anche se le persone sono in aree geografiche molto lontane, è accessibile a qualsiasi ora (23%), consentirebbe di dar forma facilmente a qualcosa che nella realtà ancora non esiste (22%), aiuterebbe a sentirsi meno isolati (20%), garantirebbe uguaglianza e pari opportunità (di partecipazione, apprendimento, ecc.) indipendentemente dal livello economico (17%), permette l’espressione senza limiti delle proprie inclinazioni (13%). Nello stesso ordine e con percentuali simili le risposte dei genitori. Un 25% dei giovani e un’uguale percentuale di genitori, però, ritiene che non vi siano opportunità legate al metaverso.

Fin qui le opportunità. Ma quali sono invece le percezioni dei rischi? I giovani hanno risposto così: trascurare il mondo reale (40%), rifugiarsi nel metaverso per scappare alla realtà (36%), trascorrere più tempo nel metaverso che nella realtà (33%), vivere una vita che non corrisponde a quella reale, più desiderabile, più ricca… (33%), perdere di vista determinati obiettivi di vita (scuola, sport, relazioni sociali (28%), venire in contatto con sconosciuti (25%), condividere molte informazioni personali (solo il 20% del campione però lo percepisce come rischio), non garantire pari opportunità a persone con disponibilità economiche diverse (10%). Le risposte dei genitori evidenziano lo stesso ranking di problematiche, con percentuali analoghe a quelle dei figli. C’è poi un 9% di giovani e il 3% di genitori che non ritiene vi sia alcun rischio nel metaverso.

E sul tempo trascorso online? Il 71% dei giovani intervistati ritiene di aver aumentato il tempo trascorso online negli ultimi due anni (opinione condivisa dal 70% dei genitori, che nel 63% dei casi spesso si chiedono se il tempo che i figli trascorrono online non sia eccessivo). Nonostante la scuola sia tornata in presenza e i ragazzi e le ragazze vogliano riappropriarsi degli aspetti face to face delle relazioni dopo questo uso massiccio «forzato», Internet rimane uno tra i contesti privilegiati per comunicare e condividere le cose fatte quotidianamente con gli amici (virtuali e non). Poi, quasi la metà dei giovani (47%) dichiara di essere connesso 2-3 ore al giorno e c’è un 12% di giovani che dichiara di essere connesso da 4 a 6 ore al giorno, un 4% che afferma di essere sempre connesso e un 3% che lo è per più di 6 ore. Dichiara di essere online per non più di un’ora al giorno solo il 24% del campione. La percezione dei genitori corrisponde alle dichiarazioni dei figli.

Il 54% dei ragazzi percepisce solo talvolta di stare troppo tempo davanti a uno schermo, mentre solo il 13% è consapevole (spesso o sempre) di trascorrere troppe ore online. Curiosamente, però, c’è poi una larga percentuale (79%) che ritiene che le funzioni per limitare il tempo trascorso online siano utili, mentre un 34% ritiene che non servano. Più alta la percentuale di genitori che le ritiene utili (91%).

Ma cosa fanno online questi giovani? Chattano, soprattutto (58%), ascoltano musica (53%), giocano (48%), seguono lezioni a distanza (39%), guardano film o serie tv (38%), mandano vocal su Whatsapp (29%), guardano video tutorial (27%), video di game players (26%) o video per informarsi e studiare (25%), pubblicano foto/video/storie su Tik Tok, Instagram e altri social (23%), guardano video comici (23%). In percentuale minore, nell’ordine, registrano foto/video/storie dai social, usano la posta elettronica, fanno acquisti online, leggono libri, cercano nuovi amici, leggono/scrivono in forum o blog, leggono i giornali online (solo il 4%!), cercano informazioni su salute e malattie, usano app di dating (solo i diociottenni).

Per quanto riguarda i principali social e app di messaging online, i giovani usano Whatsapp e Facebook soprattutto per stare con gli altri, YouTube, Instagram, Tik Tok, Twitch e Discord per divertirsi. Quali di queste attività vengono condivise tra figli e genitori? L’82% guarda serie TV insieme ai figli, il 54% condivide contenuti, il 44% gioca a videogame/giochi online con i figli, il 35% registra video con loro. L’approccio all’attendibilità delle notizie online vede un 47% del campione giovani che, prima di condividerle, si assicura che siano attendibili/cerca e verifica la fonte, ma un 20% non sa come orientarsi per giudicarne la veridicità e il 13% si fida solo delle notizie che hanno un elevato numero di like e condivisioni; il 20% dei giovani legge solo i titoli e il 14% si sente sommerso dalle troppe notizie in rete e una stessa percentuale non legge notizie online. Secondo il 63% dei genitori, Internet è una fonte di informazione affidabile.

E qual è l’influenza della vita online su quella reale? Per ben il 67% dei giovani, Internet ha un’influenza abbastanza, molto o moltissimo rilevante sulle relazioni amicali, sulla reputazione (58%), sul modo di essere (61%), sulle relazioni sentimentali (72%). Per il 70% dei genitori, il tempo trascorso online influisce da abbastanza a moltissimo sulle relazioni amicali dei figli, su ciò che vivono (73%), sulla loro reputazione (53%) e le relazioni sentimentali (48%).

Secondo i giovani, infine, i social favoriscono in primis le relazioni (40%), creano un senso di comunità (38%), permettono di apprendere cose nuove (33%) e di esprimere le proprie emozioni (27%) e inclinazioni (18%), consentono di chiedere aiuto quando si è in difficoltà (16%). Tutte cose positive. E quelle negative? Per il 15% dei giovani i social generano un senso di solitudine e una pressione rispetto alle aspettative sociali (14%), favorendo inoltre la diseguaglianza (7%). E i genitori cosa ne pensano? Se molti citano al primo posto gli aspetti negativi – i social favorirebbero un senso di solitudine (34%) e la pressione rispetto alle aspettative sociali (29%) nonché la disuguaglianza (13%) – per il 29%, però, favorirebbero il senso di comunità, l’apprendimento di cose nuove (27%), le relazioni (26%), l’espressione delle proprie emozioni (20%) e inclinazioni (17%), la possibilità di chiedere aiuto quando si è in difficoltà (10%), l’uguaglianza (5%)

Capitolo privacy. Ai giovani è stato chiesto se ritengono che le informazioni relative alla privacy e all’utilizzo dei dati nel mondo online e social siano chiare e scritte in un linguaggio comprensibile. Le risposte fanno riflettere, con un 61% di intervistati che ritiene che non lo siano mai o la maggior parte delle volte. I giovani, forse un po’ a sorpresa, sono consapevoli dei rischi di uso non consentito dei dati da parte delle piattaforme (l’85% lo è abbastanza, molto o moltissimo), Ciononostante, il 44% accetta i cookie per comodità.

Ma quanto sanno i genitori della vita online dei loro figli? Il 72% si dice sicuro di saperne da abbastanza a moltissimo. E quanto intervengono nelle attività online del figlio? Il 27% dichiara di conoscere le sue password, il 22% controlla con quali contatti stringe amicizia sui social, il 21% si fida e basta per non invadere la privacy dei figli, il 21% è follower dei figli e li segue sui social, il 21% ha attivato filtri di sicurezza che bloccano i contenuti per età. Ben il 44% dei genitori non controlla le app scaricate dal figlio perché si fida o perché il figlio non glielo permette.

Su Internet e salute fisica, secondo il 72% dei ragazzi, Internet è una fonte attendibile per informazioni sulla salute e il benessere e fornisce informazioni utili. Pensa lo stesso il 63% dei genitori.

Ma quanto influenza l’umore giornaliero ciò che i giovani vedono sui social? Poco o per nulla per il 57% dei ragazzi, da abbastanza a moltissimo per il 45%.

Circa la consapevolezza dei rischi online, il 94% dei giovani ritiene che la soluzione per rendere Internet un luogo sicuro debba passare dall’educazione da parte dei genitori e della scuola. Importanti sono ritenuti anche gli strumenti tecnologici per segnalare rischi e pericoli, ma anche una maggiore consapevolezza da parte dei ragazzi. Il 35% ritiene che le aziende hi-tech dovrebbero creare sezioni su Internet adatte ai giovani.

E il 96% dei ragazzi ritiene che la loro partecipazione e opinione dovrebbe essere tenuta in considerazione per la creazione di una rete sicura. Quelli che la pensano così, è convinto che, perché ciò si realizzi, dovrebbero essere organizzati incontri specifici tenuti da esperti a scuola (47%), si dovrebbe dedicare spazio durante l’orario scolastico per formulare proposte concrete da indirizzare poi ad aziende ed esperti (38%), le tematiche potrebbero interessare i progetti di alternanza scuola-lavoro (31%), si dovrebbero organizzare incontri con le aziende hi-tech (31%), i professionisti dovrebbero dialogare con i ragazzi nell’ambito di forum internazionali (26%), dovrebbero essere promossi incontri con le istituzioni (25%).


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