Cultura & Spettacolo

Sokolov, l’alieno che reinventò il pianoforte

di Redazione -


MUSICA CLASSICA – Sokolov, l’alieno che reinventò il pianoforte

di RICCARDO LENZI

Il passaparola fra i melomani si fa sempre più pressante, all’avvicinarsi del nuovo tour italiano del pianista Grigory Sokolov, il 30 ottobre al Teatro dei Marsi di Avezzano, il primo novembre al Teatro Petruzzelli di Bari, l’8 novembre all’Auditorium Agnelli di Torino. Perché non è un caso se “Le Figaro” lo ha definito un extraterrestre e “International Piano” «il più grande pianista vivente». Tutto questo nonostante l’atteggiamento di idiosincrasia che Sokolov ha verso lo show business: nessuna registrazione in studio per i dischi (i cd che escono sono drasticamente la ripresa di suoi concerti pubblici), una vita mondana inesistente, rarissime apparizioni in video (un paio, firmate da un autore della divulgazione musicale come Bruno Monsaingeon), mancanza quasi assoluta di interviste. Che il settantatreenne pianista pietroburghese sia cosi restio nei confronti di riproduzioni di eventi sonori non deve sorprendere. In questo la pensa come un altro grande musicista, il direttore d’orchestra Sergiu Celibidache, per il quale il disco è come una fotografia che fissa un istante della vita. Finché uno vive, non gli verrebbe in mente di sostituire il contatto diretto con le persone e con la musica affidandosi al surrogato della fotografia e del disco.

La fotografia è il ricordo, la vita è il momento irripetibile dell’esserci e comunicare, dell’emozione che in musica si sprigiona durante l’atto vitale del concerto. Una delle poche dichiarazioni che Sokolov ha rilasciato racconta di come «un tempo una registrazione poteva avere il valore di testimonianza artistica, ma al giorno d’oggi è solo un tassello di un’enorme attività industriale. Certamente i buoni artisti suonano meglio in concerto che in disco; gli artisti di medio livello invece sono bravi in disco ma deludenti in concerto. Con la tecnica dei tagli si può tutto: una sorta di sterile cosmesi. Niente a che vedere con le testimonianze del passato, quelle per esempio di un Artur Schnabel, dove ci sono note sbagliate, ma atmosfera pura». Non stupisce questo atteggiamento in chi, attraverso la struttura della composizione eseguita, vuole decifrare il messaggio dell’autore e, come Spinoza, vede nella creazione l’immagine di Dio sotto forma di proporzioni esatte. Cosî il testo, la partitura, è per Sokolov l’espressione vivente del compositore. Tutte tessere di una personalità unica, come sa chi ha assistito alle sue esibizioni. Ciò fin dall’apertura del sipario: la sala è adombrata, e lui sfreccia con passo spedito verso il pianoforte, senza un sorriso o un gesto superflui. E inizia a suonare, donando fin dal primo accordo emozioni di pura musica, con i caratteristici “staccati” dai suoni brevi, forgiati da un repentino alzamento del dito non appena raggiunto il tasto. Una cura meticolosa nella resa sonora che va dalle sonorità al limite della percettibilità ai possenti “fortissimo” che possono ricordare l’arte di Sviatoslav Richter. Egli pone la stessa attenzione estrema anche alle sfumature di tempo, raffinatosi nel creare effetti drammatici: dove la pausa al centro di un motivo di poche note ripetuto più volte aumenta, facendo crescere la tensione, anche in questo caso in modo quasi impercettibile.

Nel programma del pianista sono previste composizioni di Bach, in particolare la Seconda partita in do minore Bwv 826, affermazione del suo polistilismo che avvicina fra loro danze di tradizioni diverse e pagine che non hanno la matrice di danza, per offrire una nuova fisionomia alla tradizione della suite. E di Mozart, la Sonata in si bemolle maggiore K333 e l’Adagio in si minore K540, un brano dell’ultimo periodo di vita del Salisburghese, che Alfred Brendel riteneva alla stregua d’un raffinato monologo interiore, nel quale l’accesa passionalità, con tratti quasi drammatici, si placa in una progressiva decantazione che trova il suo punto di destinazione finale in una coda trasfigurante. Lo spettatore si prepari pure a una lunga sequenza di bis, che Sokolov concede con generosità alla fine del programma preannunciato.


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