Politica

Solita ammucchiata Letta ci prova con tutti Il Pd: cacciate Di Maio

Prove di grande ammucchiata per il centrosinistra. Il segretario del Pd Enrico Letta tenta di allargare quanto più possibile la coalizione tenendo dentro sia Azione che Sinistra e Verdi ma la base del partito esplode. Tutti contro Di Maio, al quale è stato garantito il “diritto di tribuna” nella lista in Campania. Intanto Conte prova ad inserirsi tra i dubbi di Fratoianni e bacchetta l’ex ministro grillino: “L’ho sottovalutato, non avevo calcolato bene le sue esigenze personali”.

di Edoardo Sirignano -

©imagoeconomica


Caos totale dopo l’alleanza con Calenda, dialogo freddo con SI. Base dem contro il Nazareno per escludere il ministro ex grillino.

Solita ammucchiata a sinistra. Enrico Letta ci prova con tutti. Il segretario dei dem, nella giornata di ieri, in un incontro tenutosi alla Camera dei Deputati, ha avuto un confronto con il leader dei Verdi Angelo Bonelli e quello di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. L’obiettivo è chiudere subito il cerchio con quella parte politica, che dopo l’accordo con Calenda, per gli uninominali ha manifestato più di qualche semplice mal di pancia. La parola caos, infatti, è all’ordine del giorno a quelle latitudini. Non solo c’è la base dem, quella più progressista, che vuole Luigi Di Maio fuori dall’accordo, ma a spaventare il Nazareno sono soprattutto le dichiarazioni rilasciate in mattinata da Giuseppe Conte. Il leader grillino, infatti, immagina un polo progressista senza il Pd.

“Loro stanno discutendo sui seggi – ha dichiarato l’ex premier a Metropolis – da noi ci sono principi chiari”. Per l’avvocato di Volturara Appula “Fratoianni è un interlocutore serio”. Stesso discorso vale per il leader ecologista. Smentite, dunque, “le antiche ruggini” che qualcuno immaginava.

Il nodo alleanze, comunque, è legato principalmente a quello dei collegi.
A Torino le possibili reazioni all’intesa Renzi-Calenda, ad esempio, non fanno dormire sogni tranquilli al Pd locale. Lo stesso segretario regionale Paolo Furia, tra i possibili candidati, ha suggerito di evitare “operazioni che i territori non ritengono sostenibili”.

In Piemonte a creare malumori sarebbe la candidatura della viceministra Laura Castelli per Di Maio-Tabacci, ipotesi che ha scatenato le proteste del partito torinese.

Se Atene piange, Sparta non ride. In Calabria, in particolare nella federazione di Cosenza, il clima non è tra i più distesi. Il rischio è che le divisioni sulle candidature possano far restare quell’area, per la prima volta nella storia, priva di rappresentanza. “Spero che si lavori – ha dichiarato il segretario locale dei Vittorio Pecoraro a un quotidiano locale – per scongiurare la candidatura di non calabresi nelle nostre liste. Vogliamo candidati che siano il riflesso del lavoro che il partito fa in tutte le province”. In questo caso ad agitare le acque le voci relative a una possibile discesa in campo di Nico Stumpo, Articolo 1 o di nomi paracadutati da Roma, come nel caso di Cecilia D’Elia.

In Campania, preoccupa, invece, il collegio di Pomigliano, terra dell’ex ministero degli Esteri Luigi Di Maio. Diversi coloro che sui social dichiarano la propria indisponibilità a lasciare quell’uninominale al fondatore di Impegno Civico. Altra piazza in fermento, poi, è Salerno, dove è arrivato a circa seicento firme il documento degli amministratori locali per la ricandidatura di Piero De Luca, che salvo sorprese dovrebbe guidare il listino plurinominale.

Una scelta, però, non gradita a quei democratici che speravano che il figlio del governatore corresse all’uninominale.

I problemi, comunque, non sono solo in casa del Partito Democratico. Il patto tra Calenda e Renzi determina la prima rottura all’interno di Azione. Silvia Enrico, Alessandro De Nicola e Oscar Giannino abbandonano il partito de “er premier”, da pochi giorni chiamato “er compagno”.

Un clima sereno non si respira neanche tra i gialli. Nuovo botta e risposta tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. A lanciare la prima stoccata all’avversario è l’ex premier sulle colonne di Repubblica: “L’ho sottovalutato. Ho capito troppo tardi che aveva una sua agenda personale”. Non ci sta il ministro degli Esteri che replica: “Noi con Draghi a differenza di chi lo ha pugnalato”. La tensione, pertanto, è il denominatore comune all’interno del campo progressista. Non bastano i tavoli a tenere insieme visioni differenti di intendere la cosa pubblica. Potrebbe essere quella immaginata da Letta solo la quiete prima della tempesta. Non è da escludere uno scontro quando si andrà a parlare di programmi. Nell’ultimo tavolo non si è approfondita la proposta da presentare agli italiani, su cui ci potrebbe essere più di qualche semplice divergenza.


Torna alle notizie in home