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Soliti sindacati: tutti in piazza. Il governo: “Siamo delusi” Ma i dati del lavoro migliorano

di Cristiana Flaminio -

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I sindacati scendono in piazza sabato. Il decreto lavoro, nonostante le aperture, non ha sopito le tensioni con il governo. E, anzi, adesso ricomincia una stagione di manifestazioni e di proteste. Si parte il 6 maggio da Bologna, si proseguirà una settimana dopo, il 13 maggio, a Milano per finire poi, altri sette giorni dopo (il 20 maggio) a Napoli. A piazza Maggiore, a partire dalle 10.30, sono attesi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra, Pierpaolo Bombardieri.

LA MOBILITAZIONE DELLA TRIPLICE

Le tre confederazioni hanno deciso ad aprile di avviare una fase di mobilitazione unitaria, intitolata a una “nuova stagione dei diritti e del lavoro”. L’iniziativa, sostengono le parti sociali, “intende sostenere le richieste unitarie avanzate al governo e del sistema delle imprese con l’obiettivo di tutelare i redditi dall’inflazione e aumentare il valore reale delle pensioni e dei salari”. Quindi è stata avanzata la richiesta di rinnovo per i contratti pubblici e privati e quella finalizzata a ottenere una riforma del fisco, “con una forte riduzione del carico su lavoro e pensioni, maggiore tassazione degli extraprofitti e delle rendite finanziarie”. Tra gli obiettivi di Cgil, Cisl e Uil anche quella di “un mercato del lavoro inclusivo che metta fine alla precarietà, orientato e garantito da investimenti, un sistema di formazione permanente, politiche attive e ammortizzatori sociali funzionali alla transizione”. Si prospetta un maggio caldo, sul fronte dei sindacati. Le critiche all’operato del governo sono tante e non sembra che le aperture arrivate da Meloni abbiano avuto successo.

LA DELUSIONE DEL GOVERNO

Dalle parti di Palazzo Chigi, l’annuncio di mobilitazione non è stato preso proprio benissimo. Il ministro ai rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha espresso a Radio Rai tutta la sua delusione: “Mi aspettavo dichiarazioni di sostegno, invece addirittura si minaccia uno sciopero. A fronte di un governo che taglia le tasse, aumenta gli stipendi, introduce nuove forme di flessibilità per creare nuovo lavoro e sgravi fiscali, la protesta di una parte dei sindacati è francamente totalmente incomprensibile”. Un’altra porta in faccia, al governo. In mattinata, a Radio Rtl, Matteo Salvini aveva annunciato l’intenzione di invitare, formalmente, i sindacati al Mit: “La settimana prossima inviterò Cgil, Cisl Uil e Ugl al ministero dei Lavori pubblici, delle infrastrutture e dei trasporti per parlare di quello che stiamo facendo, perchè dire di no al Ponte senza averlo visto, dire di no all’Alta velocità, alla diga di Genova, alla Tirrenica, alla dorsale adriatica per ideologia, bloccare un cantiere per ideologia non fa bene al Paese”. Da Maurizio Landini è arrivata un’altra chiusura. Troppi dubbi sulla convocazione al Ministero dei trasporti e il segretario della Cgfil ha replicato ribadendo i suoi dubbi, dopo l’ultimo incontro per il decreto lavoro: “Se si sono improvvisamente svegliati e ci convocano spero che non sia domenica alle 19 per poi dirci che hanno già deciso cosa fare il mattino dopo. Se vogliono fare trattative con il sindacato devono farlo prima di prendere le decisioni altrimenti è una finta, e noi delle farse ci siamo stancati”.

I dati sull’occupazione

Intanto, arrivano i nuovi dati sull’occupazione. Migliora, di poco, l’occupazione ma resta altissima la tensione sui livelli di retribuzione che, in Italia, restano ancora bassi. L’Istat ha fotografato, a marzo scorso, un lievissimo aumento del numero degli occupati a cui ha corrisposto una diminuzione di quello dei disoccupati. Ma il problema è la stabilizzazione degli inoccupati, i Neet, coloro che non studiano, non lavorano e, scoraggiati, ormai nemmeno lo cercano più un impiego. I numeri: l’occupazione fa registrare un passettino in avanti dello 0,1 per cento, in pratica 22mila persone, a marzo, hanno trovato lavoro. Il tasso di occupazione, in Italia, è adesso pari al 60,9%. Il primo trimestre si chiude con un aumento dello 0,4% dell’occupazione.
Scende, contestualmente, il numero dei disoccupati (sono 22mila in meno, per una percentuale pari all’1,1%). Il tasso di disoccupazione è dunque pari al 7,8%. Tra chi non ha un lavoro ma lo cerca, resta pesantissima la situazione dei giovani: il 22,3% è disoccupato. Gli inattivi italiani sono il 33,8 per cento. In pratica, un cittadino su tre non ha lavoro, non si sta formando, non sta studiando. Dopo i ragazzi, sono gli ultracinquantenni, specialmente maschi, ad alzare bandiera bianca. Rimangono in piedi i divari di sempre. Oltre a quello generazionale, c’è lo scarto territoriale che pesa e non poco sulle chance di riscatto per l’intero Paese. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, a Raitre, ha ricordato che “c’è un Sud che produce poca occupazione”. E che, pertanto “bisognerebbe fare di più”. Magari, ha spiegato Tridico, utilizzando le risorse del Pnrr che “è una grande opportunità”.

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