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SOS FRUTTA

di Angelo Vitale -


Una levata di scudi che parte dal Mezzogiorno, per difendere una produzione che è nel cuore della sovranità alimentare del nostro Paese. A Cosenza, i Giovani agricoltori di Coldiretti hanno denunciato la strage delle piante da frutto. Non a caso, durante la Giornata nazionale della frutta all’interno del Villaggio della Biodiversità. Una protesta che serve a non dire addio a oltre 100 milioni di piante di frutta fresca in Italia, già provate dagli ultimi quindici anni che hanno visto scomparire mele, pere, pesche, albicocche, uva da tavola, ciliegie, arance, clementine. Questa la fotografia che viene dalla protesta, insieme a quella di campi desertificati. La superficie italiana coltivata a frutta sta scomparendo, ridotta a 560mila ettari con la perdita di oltre centomila ettari rispetto a 15 anni. Ne paga il primato produttivo nazionale in Europa che si estende dalle mele alle pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle castagne, fino al cedro e al bergamotto la cui produzione mondiale si concentra per il 90% in Calabria. Il quadro peggiore è quello delle arance, con 16,4 milioni di alberi abbattuti, delle pesche, con quasi 20 milioni di piante spariti, dell’uva, dove mancano all’appello 30,4 milioni di viti. Pesante anche la situazione per nettarine e pere: sono spariti rispettivamente 14,9 milioni e 13,8 milioni di alberi.

 

Chi ci guadagna? La concorrenza sleale delle produzioni straniere, con la frutta Made in Italy insidiata dalle pere cinesi Nashi, per esempio. Mentre la nostra frutta non può entrare in Cina o in Giappone, per impedimenti normativi fitosanitari. Mentre in Italia, denuncia la Coldiretti, 1 prodotto alimentare su 5 importato non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. Gli esempi sono molti: le nocciole dalla Turchia, l’uva dell’Argentina e le banane del Brasile.
Il presidente Coldiretti Ettore Prandini alza la voce: “E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità”. E poi torna a parlare dell’export di frutta fresca: “Vale 3,8 miliardi, che potrebbero aumentare se si riuscisse a superare il gap logistico e infrastrutturale con le opportunità offerte dal Pnrr per garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da Nord a Sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

Ma la voce più alta è quella della delegata dei Giovani della sua associazione, Veronica Barbati. Le sue parole invitano ad una riflessione non distratta su quanto rischiamo di perdere per strada mentre discutiamo del futuro dell’Italia: “La crisi della frutta italiana mette a rischio non solo la salute dei cittadini ma anche il futuro delle oltre diecimila giovani imprese agricole che hanno scelto di investire nel settore ortofrutticolo, il più gettonato dagli agricoltori under 35. Siamo una nuova generazione di imprenditori che hanno assicurato in questi anni un apporto importante dal punto di vista dell’innovazione di prodotto e della sostenibilità delle coltivazioni. Ora, non possiamo permetterci di perdere”.

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