Economia

SPROFONDO ITALIA

di Giovanni Vasso -


Si stava meglio quando si stava peggio. O, almeno, si stava meglio negli anni ’90. In particolare, nel 1995. Quell’anno uscì m-IRC, la paleochat dell’internet degli albori, c’era Corona che cantava Baby-Baby, il tormentone era il pop ultra sincopato di John Scatman e sugli schermi tv degli italiani appariva quello spot della Levi’s che s’è impresso a fuoco nell’immaginario collettivo: mister Bombastic, ricordate? Ma la nostalgia non c’entra nulla, così come non c’entra nulla la parabola della musica, né l’onnipervasività dei social e lo sviluppo delle connessioni. È questione di cifre. Parlano i numeri e quello che dicono è a dir poco imbarazzante.
Secondo Confcommercio, che ieri ha presentato un rapporto redatto con il Censis sulla condizione economica delle famiglie, il reddito reale pro capite degli italiani, nel 2022, è di 150 euro inferiore rispetto al 1995. Invece di andare avanti, siamo andati indietro. Con buona pace del mito della crescita costante, del progresso. Oggi, dopo aver superato una pandemia ed esserci imbarcati in una guerra guerreggiata, si iniziano a intravedere i fallimenti di tre decenni di chiacchiere. “Trent’anni di bassa crescita si sentono nelle nostre tasche”, tuona il direttore del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella che denuncia come siano tornati, purtroppo, di moda “temi di disagio sociale” e si assista alla “crescita della povertà assoluta”.
Bella ha spiegato: “Non abbiamo recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo. Siamo addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, cioè quasi trent`anni fa”. Quindi ha aggiunto: “Nel lungo periodo la spesa reale è andata un po` meglio del reddito: abbiamo recuperato quasi i livelli del 2019 ma siamo sotto i massimi del 2007 ancora di 800 euro a testa”. Lo spartiacque, ora, sembra il Covid: “Bisogna ricordare gli ingenti aiuti pubblici. Faccio notare che nel 2020 i consumi sono calati molto più del reddito disponibile reale, e questo ha generato risparmio in eccesso, diciamo non desiderato; e poi a fronte di redditi solo moderatamente crescenti nel biennio 2021-2022 c’è stato il quasi recupero dei consumi: si capisce, quindi, che è stato sostento da quel risparmio a sua volta generato dai trasferimenti e dai sostegni pubblici che hanno funzionato”. Insomma, non c’è stato chissà che salto in avanti, più semplicemente gli italiani si sono ritrovati in tasca un tesoretto che, appena è tornata una parvenza di normalità, hanno consumato. Il presidente Confcommercio Carlo Sangalli perciò avvisa: “Il risparmio sta esaurendo il sostegno ai consumi e l’incertezza per l’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse comprimono le intenzioni di acquisto. Si rischia di rallentare la ripresa, nonostante la fiducia delle famiglie sia alta”. Già, perché uno dei grandi paradossi è proprio questo: i consumi sono sostanzialmente fermi, al punto che la produzione industriale italiana, per il terzo mese di fila, a marzo ha fatto segnare il segno meno. Ma, contestualmente, la fiducia delle famiglie resta altissima. Che sia il coraggio della disperazione di chi crede che non si possa andare peggio di così?
Comunque la si voglia leggere, i numeri dipingono una situazione è drammatica: “È fondamentale accelerare le riforme, in particolare quella fiscale, e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr”, ricorda Sangalli. Altrimenti si starà ancora peggio, nel ricordo di un passato che torna ma solo per gli aspetti negativi.

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