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STACCATE LA SPINA

di Cristiana Flaminio -


La quasi totalità degli italiani ha iniziato a usare meno gli elettrodomestici. E un cittadino su due adesso taglia anche il riscaldamento (52%) e sceglie di fare la lavatrice soltanto a pieno carico (46%). Il trauma delle bollette alle stelle ha lasciato ferite sulla carne viva del Paese. E le famiglie, per evitare nuove (brutte) sorprese, tagliano i consumi. Secondo una rilevazione Ipsos per Finish, in occasione delle celebrazioni per la Giornata dell’Acqua, il 94 per cento degli italiani ha già modificato le abitudini di consumo in relazione agli elettrodomestici. In particolare, poco più della metà dei cittadini hanno scelto di tenere spenti termosifoni e climatizzatori, tentando di risparmiare sul riscaldamento e di evitare di utilizzare le lavatrici se non a pieno carico, cercando così di abbattere i consumi. Perché il tema, più che nella voglia di aiutare il pianeta e di assumere uno stile di vita all’insegna della sostenibilità ambientale sta tutto dentro le tasche delle famiglie. Infatti, il 62% degli italiani considera fin troppo alti i costi dell’energia. Pertanto, il 50% delle famiglie “taglia” sull’energia e sul gas mentre il 38% estende il risparmio anche alle forniture idriche.

 

Che le famiglie abbiano cambiato il loro approccio ai consumi è certificato (anche) da altre abitudini che, con l’inizio della crisi energetica e l’infiammarsi dei prezzi, sono adesso profondamente cambiate. Nei giorni scorsi, infatti, Confcommercio aveva svelato che gli italiani hanno iniziato a spendere meno per la spesa alimentare. I consumi di cibo e bevande sono calati, a gennaio, del 3,9%. Ma non basta. Già, perché Unimpresa svela che almeno sette famiglie su dieci hanno deciso di salutare i supermercati tradizionali e adesso scelgono i discount per far la spesa.
Secondo i dati elaborati dal Centro Studi in un rapporto specifico, i cittadini che comparano le offerte e vanno alla ricerca degli sconti migliori sono sempre di più. Il 71,4% degli italiani, da settembre scorso e fino a febbraio (ma il trend, ovviamente, si estende ancora a marzo) ha preferito approfittare dei ribassi proposti dalle catene di discount. Si tratta, secondo Unimpresa, di una reazione naturale e fai-da-te all’esplosione dei prezzi e all’acuirsi dell’inflazione. Che, come ha certificato l’Istat, continua a decrescere ma resta alta (e in aumento) per i beni alimentari. I consumatori preferiscono gli sconti sostanziosi e acquistano prodotti che costano anche il 30 per cento in meno rispetto al listino ufficiale. In termini di volume, spiega Unimpresa, gli acquisti low-cost sono cresciuti del 53%. Si tratta di dimensioni tanto elevate che tirano in ballo non solo il tema della crisi e del risparmio ma anche un’autentica rivoluzione dell’approccio alla spesa. Non più la scelta ma l’ “accaparramento”. Un’eredità dovuta al periodo del lockdown, del Covid e alla memoria, recentissima, degli scaffali vuoti. Ma a ogni azione corrisponde una reazione. E il rischio è quello di innescare una nuova parabola di chiusure ai danni della distribuzione “tradizionale” e che potrebbe incidere anche sull’inflazione stessa.
Unimpresa adesso chiama in causa il governo: “I risultati del sondaggio dicono che c’è ancora molto da fare per riportare il paese su un sentiero di crescita virtuoso e dicono soprattutto che c’è una crisi di fiducia da parte delle famiglie, elemento che poi innesca una spirale negativa per tutta l’economia. La riforma fiscale è una formidabile occasione per dare segnali concreti, in particolare alle famiglie più deboli e alle piccole imprese. Noi speriamo che il cronoprogramma possa essere rivisto e che una parte delle misure possa essere anticipata – conclude Unimpresa – e varata prima dell’estate”.


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