Editoriale

STATI UCRAINI D’AMERICA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Mentre Biden festeggia il compleanno della guerra promettendo altri 500 milioni di dollari a quelli che ormai sono gli Stati Ucraini d’America, massacrati da un conflitto sanguinario, il Cremlino reagisce parlando di nazismo e di Hitler. Peccato che l’unica assente di questa fantasmagorica svolta nel conflitto più assurdo degli ultimi 100 anni sia proprio l’Europa. Il luogo della democrazia che totalitarismi e genocidi ha vissuto davvero sulla propria pelle in quel Novecento che non sembra ancora finito, è il terzo incomodo di una partita che dopo la visita del presidente degli Stati Uniti a Kiev e la stretta di mano con Zelensky a un anno esatto dall’invasione russa davvero prende dimensioni più grandi di quelle del territorio del Donbass. Il problema vero è capire se l’arrivo del capo della Casa Bianca, che come era ovvio promette il massimo appoggio al Paese invaso, porterà come effetto il tentativo dell’Occidente di aprire finalmente un tavolo di pace o, come pare ai più, servirà a giustificare un altro anno di guerra che potrebbe mettere in ginocchio l’Ucraina e l’Unione Europea. Che a parole è schierata senza distinguo ma nei fatti sta pagando un prezzo gigantesco che non si vuole ancora ammettere. Sono state immagini forti, che hanno ricevuto l’applauso unanime di tutto l’Occidente. Il problema ora è far corrispondere a quella forza visiva anche la forza politica e la coesione che nell’Unione Europea finora è totalmente mancata. Non si capisce bene quanto la visita di Biden servisse ad alzare un velo sopra le divisioni sempre più evidenti degli stati d’Europa sulle politiche Nato. E al tempo stesso ad affermare la presenza dell’America al centro di un conflitto che ormai non ha più la dimensione territoriale dell’Ucraina e tantomeno quella del Donbass. Sempre che l’abbia mai avuta. E così anche in Italia i commenti sono stati quelli della soddisfazione. Tirando in ballo le divisioni della politica nostrana, a partire dalle parole di Berlusconi, Come se al tempo stesso la visita di Biden non mostrasse anche la necessità degli Stati Uniti di mettere la faccia al posto di quell’Europa che ogni giorno che passa afferma con più forza la necessità dell’invio di armi come unica strategia ma fa fatica a trovare soluzioni economiche e sociali per dimostrare ai propri Stati membri e soprattutto alla parte più povera della popolazione che questa difesa della democrazia è compatibile con il nostro futuro, e che la battaglia ideale si sposa con la capacità della democrazia di progettare anche la vita quotidiana delle persone.
L’impressione che viene nel bilancio di questa visita, a cui seguirà oggi quella del premier italiano Giorgia Meloni, un segno che serve a cancellare le polemiche sul mancato vertice a tre a Bruxelles durante la recente sortita di Zelenski al Parlamento Europeo, è che al di là della posizione americana sempre di più sia l’Europa quella che manca di una propria visione e che possa costituire quell’elemento di mediazione fra la difesa della democrazia in Ucraina e la necessità di una riaffermazione della democrazia planetaria attraverso il tavolo di pace. Ed è questo che ci si aspetta da domani se vogliamo davvero dare un senso alla visita del presidente degli Stati Uniti a Kiev e alla partecipazione dell’Europa a questo conflitto. Perché l’atterraggio dell’Air Force One e la passeggiata in sicurezza al centro della capitale bombardata da parte dell’uomo più potente del mondo porta con sé che finora la strategia di guerra, durata un anno, ed è solo il primo, non è stata presa in Europa. E, per quanto oggi apprezziamo l’impegno diretto di Biden sul territorio ucraino, questo vulnus si è fatto ancora più grande di fronte a quelle immagini. E viene da chiedersi: Europa dove sei? Non è una domanda che promette niente di buono dopo 12 mesi di bombardamenti. Oppure, di fronte alla certezza che la Casa Bianca avesse avvisato il Cremlino della sortita del Comandante in Capo in terra Ucraina, viene il dubbio che gli americani abbiano cambiato strategia e siano gli unici in grado di fare quello che proprio l’Europa, prima di loro, dal suo profondo democratico, andava chiedendo: una difesa dell’Ucraina nel nome di una resistenza capace di portare alla pace. Sarebbe la festa di tutte le beffe se fosse ancora una volta l’America a dettare la linea al continente che questa guerra sta combattendo più da vicino e le cui conseguenze sta soffrendo più di tutti.

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