Attualità

Strage Brandizzo: omicidio colposo, indagati vertici Rfi

Accertate numerose lacune della società del Gruppo Fs nel quadro di una prassi consolidata caratterizzata dalla fretta

di Angelo Vitale -

Mazzi di fori e un casco di protezione giallo, con disegnato su un lato un cuore rosso che sanguina, su di uno scalino di una porta d'ingresso della stazione di Brandizzo, nel Torinese, dove cinque operai sono morti travolti da un treno, 3 settembre 2023. ANSA/CLAUDIA TOMATIS


La Procura di Ivrea ha chiuso l’inchiesta sulla strage di Brandizzo del 30 agosto 2023, in cui morirono cinque operai della Sigifer travolti da un treno a 160 km/h che transitava sulla linea Milano-Torino, mentre lavoravano sui binari nella stazione di Brandizzo. Ventiquattro indagati (21 persone e 3 società, tra cui Rfi -Gruppo Fs-, Sigifer e Clf) dovranno rispondere di omicidio colposo. L’accusa iniziale di omicidio volontario con dolo eventuale è caduta, mentre resta l’imputazione di disastro ferroviario colposo per alcuni.

La strage

La tragedia avvenne la notte del 30 agosto 2023: cinque operai (Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Saverio Giuseppe Lombardo) furono investiti e uccisi all’istante da un treno in alta velocità. Non era stata ottenuta l’interruzione della circolazione ferroviaria, requisito essenziale per la sicurezza dei lavori in corso.

Gli inquietanti dettagli emersi nei due anni di indagini rivelano una catena di omissioni, negligenze e gravi violazioni procedurali che hanno coinvolto tutti i soggetti incaricati della gestione, supervisione e controllo dei lavori.

La svolta

La Procura ha escluso per la strage il dolo eventuale, cioè la consapevolezza e l’accettazione del rischio di morte. L’archiviazione dell’ipotesi di omicidio volontario è giustificata dall’assenza di elementi che dimostrino una volontà diretta o accettazione del rischio di uccidere.

Ma il quadro dell’omicidio colposo, invece, che punisce colpa, cioè negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi e regolamenti, riconosce responsabilità diffuse per la strage tra personale tecnico (caposquadra Rfi, capocantiere, addetti alla vigilanza), ma anche tra dirigenti e, soprattutto, tra le società coinvolte nell’appalto.

Le lacune di Rfi per la strage

I principali errori riconducibili a Rfi – gestore della rete e committente del cantiere – sono emersi chiaramente in sede investigativa.

Ci fu autorizzazione al cantiere senza blocco della circolazione. Il capo tecnico di Rfi (Antonio Massa) avrebbe dato il “via libera” ai lavori prima ancora che fosse interrotta la circolazione dei treni, in palese violazione delle procedure di sicurezza.

Il modello operativo era segnato da una prassi contorta. L’indagine ha evidenziato che lavorare sui binari senza fermare i treni non era un episodio isolato, ma una “prassi” consolidata, figlia di un sistema organizzativo in cui prevalevano la fretta, la burocrazia farraginosa e i carichi di lavoro eccessivi.

La responsabilità amministrativa è indicata in Rfi, accusata sia come persona giuridica (società), sia come datore di lavoro, perché le omissioni non sono riconducibili solo a singoli operatori, ma a un modello di gestione degli appalti che ha messo a repentaglio la sicurezza.

Le comunicazioni furono mancate o ignorate. Secondo alcune ricostruzioni, telefonate di allerta della dirigente Rfi Vincenza Repaci (“Non avete il nullaosta!”) erano state ignorate prima dell’incidente, confermando una generale sottovalutazione del rischio.

Indagati i vertici Rfi

Oltre ai tecnici e ai quadri intermedi, sono indagati anche gli ex amministratori delegati di Rfi (Vera Fiorani e Gianpiero Strisciuglio) in quanto datori di lavoro. Le società indagate sono Rfi (committente), Sigifer (impresa esecutrice), Clf (impresa di supporto).


Torna alle notizie in home