Mezzo secolo dopo la strage dei Graneris a Vercelli, l’ex fidanzato di Doretta è arrestato
Cinquant’anni non cancellano il sangue. Possono solo coprirlo con la polvere del tempo, ma quando il nome di Guido Badini è riemerso dalle cronache, a Vercelli, e in tutto il Piemonte, è bastato un istante per riaprire la memoria di un delitto che sconvolse l’Italia del 1975: la strage della famiglia Graneris. Oggi, quell’uomo che allora aveva ventitré anni e che fu condannato all’ergastolo come mandante e carnefice della mattanza, è di nuovo al centro di un’inchiesta. È stato arrestato per un agguato a un imprenditore bresciano, quasi a ripetere, come un sinistro riflesso, la ferocia di un tempo che si credeva sepolto. Era il 13 novembre 1975. Vercelli viveva i suoi anni di piombo, le fabbriche ribollivano di tensioni e il telegiornale della sera raccontava di sequestri e rivolte studentesche. In quella sera grigia di periferia, in via Caduti nei Lager, la famiglia Graneris cenava in casa: il padre Sergio, la madre Itala, il figlio Paolo, i nonni Romolo e Margherita. Furono spazzati via dalla furia assassina della figlia Doretta, la più grande, ventidue anni, studentessa universitaria e da quel ragazzo di cui si era innamorata, ma che la famiglia non sopportava.
Si chiamava Guido Badini
Con lui anche un ex di Doretta che fece da palo. I genitori di lei non lo volevano in casa, lo consideravano un tipo ambiguo, instabile, pronto alla violenza. Avevano ragione. Poco dopo le otto, qualcuno bussò alla porta. Era Badini, armato di pistola calibro 9. Entrò e sparò. Fu un’esecuzione. Morirono quasi tutti: i genitori, i nonni e il fratello di Doretta. Nel sangue e nel terrore cominciò la sua lunga agonia morale: visse anni di processi, testimonianze, articoli, finché si ritirò nel silenzio. Non parlò più di quell’uomo che l’aveva amata e poi distrutta. Badini fu arrestato pochi giorni dopo a Milano. Durante il processo tentò di attribuire la responsabilità alla donna, ma le prove, i bossoli, le impronte, e la ricostruzione del movente — la vendetta per il rifiuto dei Graneris di accettarlo — non lasciarono dubbi. L’ergastolo fu inevitabile. In carcere restò oltre vent’anni, poi uscì per buona condotta e una serie di benefici. Sparì dai radar della cronaca. Si disse che avesse trovato lavoro come tecnico in una ditta della provincia di Torino. Qualcuno lo descriveva come un uomo tranquillo, segnato ma ormai “riabilitato”.
E invece no
Cinquant’anni dopo, l’ombra di Badini si è allungata di nuovo sulla cronaca nera. I carabinieri lo hanno fermato a pochi chilometri da Brescia, dove avrebbe organizzato un agguato contro un imprenditore di Montichiari con cui era in lite per questioni economiche. Stesso schema: rancore, ossessione, arma da fuoco. E la stessa freddezza di allora. Quando lo hanno ammanettato non ha detto una parola, solo uno sguardo basso, come se l’arresto fosse una ricorrenza inevitabile. Gli investigatori non parlano ancora di premeditazione, ma il sospetto è forte. Badini avrebbe pedinato la vittima per giorni, pianificando un incontro “chiarificatore” che si è trasformato in un tentativo di aggressione armata. La notizia dell’arresto ha riportato in superficie tutto il passato. Sui social e nei forum di cronaca giudiziaria, il nome di Doretta Graneris è tornato a comparire accanto a quello dell’ex fidanzato. Le vecchie foto in bianco e nero, lei con il viso dolce e gli occhi pieni di paura nei corridoi del tribunale, sono riapparse come una ferita collettiva. Chi ha vissuto quegli anni ricorda il clamore del processo. Le prime pagine dei giornali, la folla davanti al Palazzo di Giustizia, la giovane sopravvissuta scortata dai carabinieri. Il caso Graneris segnò un’epoca. Non era solo un delitto di gelosia, ma il simbolo di una gioventù spaccata tra modernità e violenza, tra desiderio di libertà e senso del possesso. In quell’Italia sospesa tra terrorismo e cronaca nera, l’amore malato di Badini per Doretta divenne parabola di un’epoca disgregata.
IL PASSATO CHE RITORNA
Ora la giustizia torna a fare il suo corso. L’uomo che aveva già insanguinato una casa e cancellato una famiglia intera si ritrova di nuovo dietro le sbarre, accusato di un delitto minore ma dal sapore antico: la pretesa di risolvere tutto con la violenza. Il cerchio si chiude dove era cominciato. Torino e Brescia, due città diverse unite da una linea rossa di ossessioni e vendette. Chi lo ha visto negli ultimi anni racconta di un uomo taciturno, con pochi amici, amante delle armi e della solitudine. “Non parlava mai del passato – dice un vicino di casa – ma quando si arrabbiava gli occhi gli cambiavano colore”.
Dentro quella metamorfosi si nasconde forse il segreto di un carattere mai domato, di un male che non ha mai trovato redenzione
C’è chi si chiede come sia stato possibile che un uomo con quella storia potesse tornare a vivere libero. Ma la legge, con i suoi tempi e le sue speranze di rieducazione, aveva creduto nel ravvedimento. Eppure, oggi, davanti a un nuovo fascicolo giudiziario e a un’altra vittima che rischiava di morire, il dubbio ritorna: può davvero cambiare chi ha attraversato la notte del proprio inferno? Nelle aule di giustizia, il nome Graneris è inciso come una cicatrice. Doretta, la ragazza che non ha mai voluto più apparire, resta l’unica voce silenziosa di questa tragedia infinita. Ogni volta che Guido Badini torna in cronaca, lei, da qualche parte, rivive quella sera di novembre, quando il mondo le crollò addosso e la sua giovinezza finì sotto il fuoco di due pistole. E adesso, mezzo secolo dopo, la storia si ripete.
Cambiano i protagonisti, le città, le età anagrafiche
Ma resta identico il filo che lega la memoria del male alla sua ripetizione. Guido Badini, 73 anni, arrestato per tentato omicidio, non è solo un caso di recidiva: è il ritorno di un fantasma italiano, la dimostrazione che il tempo non basta a guarire il cuore oscuro di certi uomini. Ingolfati dalla violenza.
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