Economia

Sostenibilità e imprese bio, è il Sud che trascina il Paese

di Giovanni Vasso -

Nespresso, insieme a CIAL e Seruso, celebra il sesto anno del primo progetto per il riciclo delle capsule in alluminio attraverso la raccolta differenziata multimateriale del sistema collettivo nazionale, in linea con i principi dell'economia circolare. Lecco 28 Marzo 2023. ANSA / MATTEO BAZZI


Per una volta è il Sud che trascina il Paese: nel Mezzogiorno, infatti, le imprese sono più “bio” rispetto a quelle del Centro e del Nord. E, per soprammercato, sono anche più innovative su questo versante e maggiormente disposte a investire in nuove tecnologie e strategie.

È questo il risultato della ricerca condotta dal Centro Studi Tagliacarne insieme a Svimez. I numeri raccontato che le imprese bio al Sud sono poco meno di un quarto del totale: la percentuale precisa si attesta al 23,6%. Cifre ben più solide di quelle che, invece, si registrano nel resto del Paese dove le aziende che fanno uso di risorse biologiche, scarti inclusi, sono “solo” il 19,7%. Ma non basta, perché il 59,8 per cento delle imprese meridionali investirà o ha già investito in nuove tecnologie per la sostenibilità e il biologico tra il 2017 e il 2024. Nel resto del Paese, invece, questa percentuale si ferma al 56,3%. Inoltre, al Sud, un’impresa su due (il 50%) ha intessuto collaborazioni con Università, clienti, partner e fornitori finalizzati al rafforzamento, in chiave bio, delle loro filiere produttive. La media del resto d’Italia, invece, non supera il 46,1%.

Per gli analisti Tagliacarne-Svimez, questa può essere una chiave decisiva e importante per lo sviluppo del Mezzogiorno. Difatti, stando ai risultati dell’indagine, il 63,4% delle imprese bio che operano al Sud ha investito nel risparmio energetico, idrico e nel minor impatto ambientale delle produzioni. Contestualmente, gli investimenti in sostenibilità hanno avuto come conseguenza una maggiore professionalizzazione dei dipendenti: il 61% delle imprese del Sud, infatti, ha avviato percorsi formativi ad hoc tra il 2017 e il ’19 e ha intenzione di continuare su questa strada anche per il biennio tra il 2022 e il 2024.

“In una fase in cui si ripropone in maniera rinnovata il tema della crescita della base produttivo-manifatturiera del Mezzogiorno, la filiera della bioeconomia si pone come un prezioso asset a livello locale. Perché esprime una forte capacità di creare collegamenti tra segmenti diversi a valle e a monte della catena produttiva, come quello dell’agricoltura, che costituisce tradizionalmente un’eccellenza del territorio, e del recupero delle relative produzioni”. È quanto ha sottolineato il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, che ha aggiunto “il profilo dinamico di queste imprese in investimenti nella duplice transizione e la maggiore sensibilità ai temi della sostenibilità, anche in termini sociali e di attenzione all’occupazione, deve porre questo segmento di imprese al centro di policy di rilancio della crescita per il Sud, anche attraverso politiche di incentivazione mirate”. Per il direttore generale dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno Luca Bianchi “si conferma quanto rilevato dalla Svimez in questi anni circa le potenzialità di sviluppo offerte dai nuovi settori dell’economia circolare e della bioeconomia in particolare per il Mezzogiorno, a condizione che le importanti esperienze oggi presenti siano accompagnate da politiche industriali e di filiera funzionali a renderle più solide e a favorirne la crescita anche dimensionale”.


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